Accesso "ordinario" e "generalizzato" nelle società in house

Il TAR Sicilia Palermo, sez. I, con la sentenza n. 2132/2021, ha stabilito che non è consentito l’accesso agli atti che attengono alla vita interna dell’ente, come nel caso dei documenti sulle procedure di gestione del personale, principio valido sia per l’accesso “ordinario” che per quello “generalizzato”.

  1. Il ricorso, che ha ad oggetto un’istanza avanzata da un sindacato al fine di accedere (ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 33 del 2013 o dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990) a vari atti in materia di gestione del personale, è, come fondatamente eccepito dalla parte resistente, inammissibile.
    Prima di procedere all’illustrazione delle ragioni della decisione, va rilevato che la S.E.U.S. s.c.p.a. è una società consortile per azioni, a capitale interamente pubblico, costituita tra la Regione siciliana, socio pubblico di maggioranza, e le Aziende del servizio sanitario regionale, soci di minoranza, per la gestione del servizio di trasporto per l’emergenza-urgenza 118; viene, pertanto, in considerazione una società in house soggetta a controllo analogo.

  2. Ciò premesso, va richiamato l’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013, il quale dispone che, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del medesimo decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dal successivo art. 5-bis.
    Tale disposizione è costantemente interpretata dalla giurisprudenza (ex plurimis Consiglio di Stato, V, 12 febbraio 2020, n. 1121 e 6 aprile 2020, n. 2309) nel senso che l’accesso civico può essere utilizzato solo per evidenti ed esclusive ragioni di tutela di interessi propri della collettività generale dei cittadini, non anche a favore di interessi riferibili, nel caso concreto, a singoli individui od enti associativi particolari: al riguardo, il giudice amministrativo è tenuto a verificare in concreto l’effettività di ciò, a nulla rilevando – tantomeno in termini presuntivi – la circostanza che tali soggetti eventualmente auto-dichiarino di agire quali enti esponenziali di (più o meno precisati) interessi generali. Ne deriva che, sebbene il legislatore non chieda all’interessato di formalmente motivare la richiesta di accesso generalizzato, la stessa vada disattesa, ove non risulti in modo chiaro ed inequivoco l’esclusiva rispondenza al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica, essendo del tutto estraneo al perimetro normativo della fattispecie la strumentalità (anche solo concorrente) ad un bisogno conoscitivo privato. Nella specie, il sindacato ricorrente ha espressamente precisato che l’accesso era finalizzato ad approntare iniziative di tutela in favore dei propri iscritti, cosicchè, come detto, il ricorso, per tale parte, è inammissibile.

  3. A identica conclusione si perviene qualificando l’istanza come accesso ordinario ex art. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990 alla luce dei principi di diritto di cui alla sentenza dell’Adunanza plenaria n. 16 del 28 giugno 2016. In tale decisione si è, in particolare, affermato che, qualora vengano in considerazione rapporti lavorativi intercorrenti con una società privata a parziale partecipazione pubblica concessionaria di un pubblico servizio (si trattava di Poste Italiane), gli obblighi di trasparenza vanno circoscritti ai settori di autonoma rilevanza pubblicistica e non di quotidiana gestione del rapporto di lavoro, ovvero alle prove selettive per l’assunzione del personale, alle progressioni in carriera e ai provvedimenti attinenti l’auto-organizzazione degli uffici, quando gli stessi incidano negativamente sugli interessi dei lavoratori, con la conseguenza che non possono essere oggetto di accesso gli atti attinenti a fasi di gestione ordinaria del personale.

  4. Deve, peraltro, rilevarsi che le conclusioni di cui alle succitate sentenze sono perfettamente in linea con il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa in ordine alla natura delle società in house che sono definite quali società, dotate di autonoma personalità giuridica, che presentano connotazioni tali da giustificare la loro equiparazione a un “ufficio interno” dell’ente pubblico (o degli enti pubblici) che le hanno costituite, di cui sono una sorta di longa manus, in quanto non sussiste tra l’ente e la società un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale (in termini Consiglio di Stato, I, 7 maggio 2019, n. 1389). Va, peraltro, aggiunto che la Cassazione, sulla scia dei principi affermati nella decisione delle sezioni unite n. 4989 del 1995 (vedi di recente la sentenza n. 5346 del 22 febbraio 2019), ha, da canto suo, affermato che la società di capitali con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché gli enti pubblici (Comune, Provincia e simili) ne posseggono le partecipazioni, in tutto o in parte, in quanto non assume alcun rilievo, per le vicende societarie, la persona dell’azionista, dato che la società, quale persona giuridica privata, opera, comunque, nell’esercizio della propria autonomia negoziale.

Tar Siclia_Palermo 2132-2021.pdf (135,5 KB)

Vincenzo

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