L’art. 2 della L. n. 241/1990 e ss. mm. ii. , che disciplina l’ipotesi di silenzio inadempimento, è stato novellato dalla legge anticorruzione (L. 190/12) , che ha introdotto al primo comma la seguente previsione:
“Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”.
Tale disposizione ha lo scopo di rendere l’azione amministrativa più spedita e più rispondente ai principi di trasparenza e di pubblicità ed ha previsto una fase definibile come pre-procedimentale o “preliminare”, con funzione di filtro nei confronti delle istanze che, apparendo manifestamente irricevibili, inammissibili, sono ritenute non meritevoli di accertamenti più approfonditi, da eseguire con le indagini proprie della fase istruttoria – di cui all’art.6 della citata legge n. 241 del 1990 – allo scopo di concludere il procedimento con un provvedimento finale di accoglimento o di diniego.
In merito al cuore del quesito, tento, di seguito, di schematizzare la risposta, premettendo che nel procedimento amministrativo l’inammissibilità e l’irricevibilità sono spesso usati come sinonimi, a differenza che nel procedimento civile.
1. L’istanza è inammissibile o improcedibile se, inizialmente o in corso di procedimento, manca l’interesse del soggetto al rilascio del provvedimento.
L’interesse in questione è l’interesse legittimo, cioè la situazione giuridica soggettiva di vantaggio, direttamente connessa ad un bene della vita, che il soggetto conseguirebbe dall’adozione dell’atto richiesto .
Da sottolineare che una richiesta ampliativa o di rimozione di un atto ablatorio difficilmente non sarà sorretta da una situazione di vantaggio, dunque, l’ unica ipotesi in cui potrebbe ravvisarsi l’assenza di interesse è la richiesta di provvedimenti negativi nella sfera giuridica dei terzi.
In queste fattispecie la giurisprudenza ritiene necessario che dalla sua adozione il privato possa trarre indirettamente vantaggi, essendo titolare di un interesse legittimo all’esercizio di detti poteri.
2. La manifesta infondatezza, invece, si ha nei casi in cui l’istanza risulti non meritevole di accoglimento in maniera palese, senza necessità di attività istruttorie o valutazioni complesse.
Si tratta delle ipotesi di pretese manifestamente assurde, esorbitanti o illegali.
La ratio della previsione normativa, dunque, è quella di estendere la casistica relativa all’obbligo di provvedere, consentendo, altresì, al responsabile di concludere il procedimento con provvedimento redatto in forma semplificata qualora si ravvisi la manifesta inammissibilità, irricevibilità, improcedibilità o infondatezza dell’istanza.
Concludo evidenziando che la disposizione si pone, come già sopra evidenziato, a corollario della trasparenza dell’azione amministrativa, fornendo maggiore tutela al privato dagli abusi del pubblico potere.
Allego due link di approfondimento:
https://www.giustamm.it/print/dottrina/5438
Sperando di essere stata sufficientemente esaustiva, auguro buona lettura e buono studio
Simona