Allevamento cani di razza

Salve,
per avviare l’attività di allevamento cani, mi confermate che la norma di riferimento è la LRT 59/2009 e relativo regol di attuazione d.p.g.r. 38/R/2011? in merito, esiste una scia ad hoc oppure va bene comunque quella generica che si presenta per “allevamento, detenzione, riproduzione, ricovero temporaneo di animali”?
grazie

Le norme che citi (lo dico per tutti, sono della regione Toscana) e sono citate a proposito. Tuttavia, la questione degli allevamenti di cani rimane complessa.

Una chiave di lettura può essere data dalla legge n. 349/1993 sulla cinotecnica.

…per attività cinotecnica si intende l’attività volta all’allevamento, alla selezione e all’addestramento delle razze canine…
1. L’attività cinotecnica è considerata a tutti gli effetti attività imprenditoriale agricola quando i redditi che ne derivano sono prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto
2. I soggetti, persone fisiche o giuridiche, singoli o associati, che esercitano l’attività cinotecnica di cui al comma 1 sono imprenditori agricoli, ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile.
3. Non sono comunque imprenditori agricoli gli allevatori che producono nell’arco di un anno un numero di cani inferiore a quello determinato, per tipi o per razze, con decreto del Ministro dell’agricoltura e delle foreste da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge

Sul punto vedi il DM 28/01/1994:
Non sono imprenditori agricoli gli allevatori che tengono in allevamento un numero inferiore a cinque fattrici e che annualmente producono un numero di cuccioli inferiore alle trenta unità.

Per gli altri aspetti terrei presente:

  • il d.lgs. n. 222/2016, tabella A - sezione 1, voce 102
  • il vecchio ma ancora vigente regolamento sanitario DPR n. 320/1954, articoli 17 e 24;
  • il regolamento di igiene / polizia urbana comunale (se presente).
  • il RD n. 1265/1934 (art. 216) e il DM 05/09/1994 che individuano tale attività come “industria insalubre”;
  • il regolamento comunale sul benessere degli animali o normativa regionale analoga (se presente).

Come sottolineato dalla sentenza del TAR Lombardia n. 1309/2016, l’autorizzazione (preceduta dal parere della ASL) ha un duplice contenuto, da un lato di natura veterinaria (e, più in generale, igienico-sanitaria) e dall’altro di natura urbanistica. Le prescrizioni veterinarie riguardano tutti gli aspetti dell’attività relativi al benessere animale, mentre quelle urbanistiche assicurano il coordinamento con gli strumenti di pianificazione. L’autorizzazione deve inoltre verificare il rispetto del regolamento locale di igiene (qualora contenga norme specifiche su queste strutture), e può formulare prescrizioni dirette a prevenire molestie in danno dei fondi vicini.

Se non c’è un regolamento comunale che prevede espressamente l’autorizzazione si potrebbe anche andare in SCIA unica ai sensi del d.lgs. n. 222/2016 citato.

Gli aspetti ambientali e urbanistici potrebbero riguardare, ad esempio, la gestione rifiuti (raccolta rifiuti biologici e smaltimento) o la necessità di autorizzare un eventuale scarico idrico nel caso, ad esempio, venissero convogliati i residui delle operazioni di lavaggio box. Il procedimento di autorizzazione allo scarico prende i connotati dell’AUA - autorizzazione unica ambientale ai sensi del DPR n. 59/2013 e d.lgs. n. 152/2006. Da non trascurare, infine, la procedura di impatto acustico che potrebbe trovare luogo nella stessa AUA o restare a sé stante in assenza di AUA

La legittimità urbanisco-edilizia è una pre-condizione da verificare prima di affrontare le altre questioni. La tendenza è quella di reputare compatibile la destinazione agricola. La realizzazione dei box, recinti, scavi, sono fattispecie da abilitare da un punto di visa edilizio