«CAPACI E MERITEVOLI». MISURARE E VALUTARE IL MERITO NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
A partire dall’interessante contributo di Dario Bevilacqua pubblicato su Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico (1/2025), si solleva una riflessione fondamentale: come misurare il merito nella pubblica amministrazione?
Il saggio mette in discussione l’idea classica di “meritocrazia”, proponendo una lettura più funzionale e concreta: non premiare “i migliori” in senso astratto, ma selezionare e valorizzare “i più adatti” al servizio pubblico.
Punti chiave dell’analisi:
- Limiti dell’attuale sistema concorsuale, troppo centrato su prove mnemoniche e poco adatte a rilevare competenze operative e attitudinali.
- Scarsa efficacia della valutazione interna, basata su criteri poco selettivi, spesso agganciati a logiche relazionali o meramente quantitative (es. presenze).
- Mismatch diffusi tra qualifiche possedute e mansioni assegnate, che generano inefficienza e frustrazione.
- Assenza di una reale cultura della valutazione, anche nella gestione delle progressioni.
Proposte operative:
• Riforma dei concorsi pubblici: introduzione di prove orientate a capacità logiche, attitudinali, gestionali (sulla scia dell’art. 35-quater D.Lgs. 165/2001 e delle novità introdotte dal DPR 82/2023).
• Introduzione di un indicatore professionale certificato per ogni dipendente, aggiornabile e trasparente (es. curriculum nel Portale del reclutamento).
• Riforma del ruolo degli OIV, con rafforzamento della loro indipendenza e incisività.
• Sistemi premiali e sanzionatori più flessibili e personalizzati, anche non monetari (ferie, smart working, mobilità incentivata).
• Mappatura e riorganizzazione del personale attraverso l’anagrafe unica (art. 34-ter, D.Lgs. 165/2001).
Il confronto con il Regno Unito evidenzia un approccio più avanzato: strumenti come il Civil Service Judgement Test o il Success Profile Framework valutano realmente le competenze operative e attitudinali, non solo i titoli.
Conclusione:
Il principio di merito — come previsto dall’art. 97 Cost. — non può essere ridotto a “selezione dei migliori”, ma deve essere reinterpretato come strumento per garantire efficienza, equità e valorizzazione del potenziale umano.
Serve un paradigma che premi le capacità effettive, non l’élite teorica, e che sappia far emergere tutte le “radici” che sostengono la PA, non solo i “fiori” in superficie.
Altro saggio più risalente ma sempre illuminante riguardo presente e futuro dei concorsi pubblici e del reclutamento in genere è
il saggio di Benedetto Cimino, “IL COMPLETAMENTO DEL PERCORSO DI DEQUOTAZIONE DEL CONCORSO PUBBLICO”, pubblicato nel 2022 sul Giornale di diritto amministrativo n.1.
Contesto e tesi principale:
Il saggio analizza il progressivo superamento del concorso pubblico tradizionale come strumento esclusivo di accesso al pubblico impiego. A partire dagli anni 2000 e culminando con il D.L. n. 80/2021 (Decreto Reclutamento), si è affermato un modello alternativo di reclutamento, fondato su tre fasi: selezione semplificata → precariato → stabilizzazione. Questo modello, nato come soluzione temporanea e giustificata dall’urgenza (es. PNRR), tende invece a consolidarsi come nuovo regime ordinario.
Struttura del nuovo modello trifasico (“concorso dequotato”)
- Selezione semplificata
• Modalità abbreviate: solo valutazione titoli + prova scritta a risposta multipla (niente orale).
• Canali paralleli: portali di reclutamento (es. “inPA”), elenchi di idonei, interpelli.
• Giustificazione: urgenza PNRR e necessità di assumere rapidamente “alte professionalità”.
Nota critica: La prova di merito oggettivo è fortemente ridotta; si valorizzano titoli formativi e professionalità pregresse.
- Lungo precariato
• Contratti flessibili, spesso pluriennali, anche oltre i 36 mesi (fino a fine PNRR: 31/12/2026).
• Collegamento formale ai progetti PNRR, ma nella prassi anche ad attività ordinarie.
• Retribuzioni spesso più alte rispetto al personale di ruolo.
Nota critica: Il precariato da eccezione diventa fase fisiologica e strutturata del reclutamento. Si crea un nuovo precariato qualificato, potenzialmente instabile.
- Stabilizzazione finale
• Riserva obbligatoria del 40% nei concorsi pubblici per chi ha lavorato su progetti PNRR.
• Riguarda tutto il personale PNRR (non solo quello interno a ciascuna amministrazione).
• Non è più un’eccezione o misura “una tantum”, ma una stabilizzazione programmata, sistemica.
Nota critica: Si istituzionalizza un percorso alternativo all’assunzione tramite concorso aperto, aggirando il principio costituzionale della selezione per merito e imparzialità.
Le ragioni della trasformazione
Cimino individua cause contingenti e criticità strutturali:
• Carenza di personale pubblico per effetto di anni di blocco del turn-over.
• Incapacità del concorso tradizionale di selezionare profili altamente specializzati.
• Difficoltà organizzative e lentezza delle procedure concorsuali.
• Disallineamento tra percorsi formativi esterni e logiche selettive interne.
• Necessità di reclutare “eccellenze” che non partecipano a concorsi classici.
Nota critica: Tali argomenti rappresentano, secondo l’autore, un alibi per evitare una riforma organica del sistema concorsuale, anziché un vero superamento virtuoso.
Rilievi costituzionali e giuridici
• Le riserve di posti e le selezioni semplificate sono legittime solo se giustificate da esigenze oggettive (es. valorizzazione dell’esperienza acquisita).
• La giurisprudenza costituzionale è stata storicamente restrittiva: il concorso è la regola, le stabilizzazioni sono eccezioni.
• Il nuovo modello mette in crisi questa impostazione: non si tratta più di deroghe, ma di un modello strutturale alternativo al concorso puro.
Implicazioni sistemiche (a medio-lungo termine)
- Innalzamento dell’età media del personale pubblico
o Ritardato ingresso in ruolo → perdita di giovani leve e invecchiamento della PA. - Perdita della funzione formativa interna
o La PA non forma più il personale: ci si affida a formazione esterna (master, università, enti privati). - Conflitti interni e sfiducia nel personale storico
o I neoassunti “esterni” sono spesso più pagati e investiti di ruoli strategici, generando tensioni e demotivazione nei ruoli interni. - Dipendenza da consulenze e incarichi esterni
o Il precariato qualificato, più che essere superato, viene istituzionalizzato come modalità ordinaria.
Conclusioni dell’autore
Il nuovo modello di reclutamento:
• Non è illegittimo di per sé, ma è una soluzione subottimale.
• Rischia di indebolire ulteriormente l’amministrazione pubblica nel lungo periodo.
• Rinvia la vera riforma: quella sui concorsi, sulla formazione continua, sulle carriere.
• Può funzionare solo se accompagnato da una ristrutturazione generale del sistema.