Apertura centro cinofilo

Buonasera,
scrivo per chiedere un aiuto in merito all’apertura di un centro cinofilo vicino ad Arezzo da parte di un’associazione sportiva dilettantistica.

E’ da prima della pandemia che siamo alla ricerca di un terreno, ora che l’abbiamo trovato pare che le ASD possano aprire solamente in zone come maneggi o simili, non basta un terreno agricolo. Per il terreno agricolo mi hanno detto che c’è una legge regionale che stabilisce che ci possa fare attività solamente un imprenditore agricolo.

Sinceramente siamo ogni giorno più confusi, e vorrei capire con voi se c’è modo di prendere le cose da una prospettiva diversa, da questa mi sembra di essere arrivato in un vicolo cieco.

Grazie,
Leonardo

In genere, questo tipo di attività sono compatibili con la destinazione d‘uso agricola. Qua vigono le regole comunali sul governo del territorio. Questo, però, non significa che il soggetto debba essere un agricoltore: si guarda alla qualità dell’attività, e quindi alla compatibilità territoriale / urbanistica, e non alla qualità giuridica del soggetto esercente.

Detto questo, devi vedere nel dettaglio che cosa significa centro cinofilo. Se fosse area addestramento cani puoi vedere la LR 59/09, art. 11

http://raccoltanormativa.consiglio.regione.toscana.it/articolo?urndoc=urn:nir:regione.toscana:legge:2009-10-20;59&pr=idx,0;artic,1;articparziale,0

Al di fuori della ipotesi ai fini addestramento, si può rilevare l’altra ipotesi della così detta agility dog e simili. Qua può rientravi quell’attività che mette a disposizione del possessore del cane un’area e dei servizi. Il cane sta lì qualche ora e il possessore paga il servizio. IN QUESTO CASO NON VEDO NORME CHE IMPONGANO PROCEDURE ABILITATIVE. Tendenzialmente (come già detto) è necessaria la destinazione d’uso agricola ma il comune potrebbe reputare compatibili altre funzioni (questi sono questioni ad alta discrezionalità comunale). Resta inteso che devono essere verificate altre procedure relativamente alla realizzazione dei recinti, di eventuali volumi di servizio con annessi scarichi ecc. VEDI DI SEGUITO

Le ipotesi descritte direi che restano fuori dalla fattispecie “allevamento”. Qua ritorna la questione agricola.

Anche se la questione degli allevamenti di cani è complessa, posso dare qualche info così da tracciare un limite rispetto alle ipotesi precedenti.

Una chiave di lettura può essere data dalla legge n. 349/1993 sulla cinotecnica.

…per attività cinotecnica si intende l’attività volta all’allevamento, alla selezione e all’addestramento delle razze canine…

1. L’attività cinotecnica è considerata a tutti gli effetti attività imprenditoriale agricola quando i redditi che ne derivano sono prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto

2. I soggetti, persone fisiche o giuridiche, singoli o associati, che esercitano l’attività cinotecnica di cui al comma 1 sono imprenditori agricoli, ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile.

3. Non sono comunque imprenditori agricoli gli allevatori che producono nell’arco di un anno un numero di cani inferiore a quello determinato, per tipi o per razze, con decreto del Ministro dell’agricoltura e delle foreste da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge

Sul punto vedi il DM 28/01/1994:

Non sono imprenditori agricoli gli allevatori che tengono in allevamento un numero inferiore a cinque fattrici e che annualmente producono un numero di cuccioli inferiore alle trenta unità.


Sulle procedure abilitative senti il SUAP. La questione non è univoca e bisogna vedere se ci sono dei regolamento comunali in materia

Buonasera Mario,
grazie mille per il riscontro.

La questione imprenditore agricolo credo sia da escludersi, difficilmente possiamo avere queste caratteristiche. Noi siamo un’associazione sportiva dilettantistica, che quindi si occupa di sport con i cani, e al massimo istruttori con P.IVA relativa ai “Servizi di cura degli animali da compagnia (esclusi i servizi veterinari)”.

Se, come mi dici, l’attività di “agility dog e simili” potrebbe essere compatibile con il terreno agricolo, come potrei secondo te far capire al comune che vorrei percorrere quella strada e non quella dell’imprenditore agricolo? Hai dei riferimenti normativi che potrei citare e che potrebbero aiutarmi, o un professionista in zona Arezzo che potrei interpellare?

Grazie ancora e buon week end.

Leonardo

[quote=“mario.maccantelli, post:2, topic:12103”]
Al di fuori della ipotesi ai fini addestramento, si può rilevare l’altra ipotesi della così detta agility dog e simili. Qua può rientravi quell’attività che mette a disposizione del possessore del cane un’area e dei servizi. Il cane sta lì qualche ora e il possessore paga il servizio. IN QUESTO CASO NON VEDO NORME CHE IMPONGANO PROCEDURE ABILITATIVE.
[/quoto]
Posso chiederle un ulteriore precisazione? Ho un terreno di mia proprietà recintato adeguatamente e attrezzato per l’agility dog ma , pur essendo fuori dal centro abitato, una legge regionale del FVG impone la distanza minima dei 200m dal centro abitato che non ho: come posso trovare una soluzione formale che mi consenta di svolgere ugualmente la mia attività?

L’art. 71 c.1 del D.lgs 117 del 2017 prevede che le sedi degli enti del terzo settore e i locali in cui si svolgono le attività istituzionali sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso.

@serufia : ipotizzo che la previsione della legge regionale sia per evitare ‘inquinamento acustico’. Con un tecnico di fiducia si può tentare di scrivere al Comune che verranno ridotte le emissioni sonore se, chiaramente, è una strada percorribile (ad es. con dei pannelli fonoassorbenti).