Salve, ho letto diverse discussioni sul vostro forum e ringrazio per il lavoro svolto, molto utile e puntuale. Purtroppo non mi sono chiari alcuni punti, di qui questo post anche per un aggiornamento dello stato dei fatti al 2023.
In Puglia, con una APS vorremmo aprire nei locali attigui un museo, la rivendita di prodotti tipici locali (inerente con il tema del museo). Vorremmo gestire il tutto come esercizio di vicinato quindi permettere l’acquisto di prodotti in occasione di particolari eventi.
Oltre al vostro forum, ho cercato di documentarmi online e ho visto tanti locali che, come strumentazione, hanno affettatrice, taglieri, fornetto e piastre vicino al bancone dei salumi per permettere l’assaggio o la degustazione dei prodotti esposti. Questi strumenti quindi, non sono presenti in una cucina separata e predisposta bensì vicino al bancone salumi proprio come un negozio di alimentari. È possibile farlo? C’è una legge a cui poter fare riferimento per capire come strutturare a regola d’arte questa parte?
È possibile quindi avere un’affettatrice e permettere alle persone di degustare salumi e formaggi con un bicchiere di vino, senza avere una cucina professionale e separata che rispetti tutte le norme igienico sanitarie tipiche di un ristorante? Non verrebbero preparati primi piatti ma al massimo riscaldato del pane in un fornetto. Dovrei munire il locale di una apposita stanza adibita a cucina come in un ristorante? È possibile avere un’affettatrice nel locale dove c’è la rivendita di alimenti e magari la lavastoviglie in una stanza separata?
E se effettivamente è possibile gestirlo come negozio di vicinato per la vendita di alimenti, accanto all’affettatrice, per esempio, è obbligatorio avere un lavandino o magari coltelli ecc è possibile lavarli in una stanza attigua?
So che sono diverse domande e vi ringrazio in anticipo se avrete la cortesia di rispondere.
Saluti
Nessun suggerimento?
Non è vietato. L’associazione può esercitare attività commerciale presentando le normali abilitazioni (SCIA per esercizio di vicinato e notifica sanitaria in caso di vendi alimenti). In materia fa sempre fede la vecchia ministeriale circolare 3407/1997 ai sensi della quale è necessaria l’iscrizione al registro imprese o al REA.
Quando l’ente no-profit esercita in via esclusiva o principale un’attività economica in forma di impresa ha l’obbligo di iscriversi al Registro delle Imprese. Quando lo stesso Ente, benché eserciti un’attività economica commerciale, non lo fa in modo esclusivo o principale, deve iscriversi al REA.
Vige il Reg. CE 852/04 ed eventuali regolamenti di igiene comunali anche se questi devono essere visti come mere linee guida. Quello che conta è il Reg. CE 852/04 (eventualmente anche il Reg. CE 853/04) e il piano di autocontrollo. Spetta all’operatore dimostrare con metodo scientifico, il rispetto dei principi previsti dalle norme citate. Se contatti un tecnico che fa anche i piani di autocontrollo saprà verificare sul luogo le condizioni di esercizio. In teoria è possibile quello che hai detto al netto delle prassi operative ASL di zona che potrebbe mettere dei paletti. Ad esempio, il punto acqua occorre necessariamente presso la zona di preparazione o lavorazione alimenti.