Associazione che opera nei locali di un pubblico esercizio

buon giorno,

un’associazione che pratica il gioco del poker sportivo , chiede se può aprire una sede all’interno di un pubblico esercizio, che concederebbe loro una stanza per l’esercizio del gioco;

mie considerazioni:
il poker è nella tabella dei giochi proibiti ma il poker sportivo purtroppo non so cosa sia… sembrerebbe ammesso

qualora alla stanza si acceda dall’interno del PE, e sulla porta ci sia scritto “locale non aperto al pubblico, sede del circolo xy”, non ci vedrei incompatibilità con la somministrazione, anzi ho antichi ricordi di bar che avevano stanze non accessibili in cui si giocava appunto…

quindi si può fare…
che ne dite?
grazie

Il DM 564/1992, in merito alla sorvegliabilità non esclude la possibilità ma detta delle condizioni, vedi l’art. 3 sulla sorvegliabilità interna.
Fatto sta che la cosa un po’ lasci perplessi. IL circolo è un luogo privato dove si ritrovano, per scopi sociali, i soli soci. Il fatto che sia dentro a un bar, anche se la cosa fosse ben contrattualizzata, può portare a una gestione difficile, e poi per qualcosa che è sul filo della legalità (gioco quasi d’azzado)…. In ogni caso, non si può escludere a priori

Sono d’accordo sulla perplessità e sulla collocazione sul filo della legalità…

Il problema principale, a mio giudizio, è costituito dalla definizione che vogliamo dare alla locuzione di “locali non destinati al pubblico”, contenuta nelle norme sulla sorvegliabilità interna dei pubblici esercizi.
Tale locuzione solitamente individua i locali destinati a magazzino, deposito, aree di lavorazione, spogliatoi del personale e altri locali simili comunque direttamente collegati all’attività del pubblico esercizio, nel quali non è consentito l’accesso al pubblico, ma che devono essere indicati al momento della presentazione della Scia (quindi la loro natura non accessibile al pubblico è permanente) e devono comunque rimanere aperti ai fini dei controlli di polizia.

Ma un locale interno “non destinato al pubblico” può essere concesso in uso (esclusivo e permanente?) a terzi che non hanno nulla a che vedere con l’attività dell’esercizio (in questo caso l’associazione privata, che tra l’altro vi eserciterebbe un gioco di carte che sarebbe vietato all’interno del pubblico esercizio)?

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Il circolo dovrà necessariamente munirsi di titolo abilitativo ai sensi dell’art. 86 del TULPS, altrimenti sarà il Pubblico Esercizio a perdere il requisito di sorvegliabilità dei locali, laddove la porta di comunicazione tra le due attività rimanesse aperta ed apribile durante l’orario di esercizio del PE.

A prescindere da ciò, si andrà a creare una commistione rischiosa tra i due locali, da tenere sotto controllo. Le modalità di esercizio del circolo privato e le eventuali proposte non gratuite ai “soci” possono variare arbitrariamente nel tempo. I gestori di entrambe le attività siano pertanto consci delle problematiche associate, in quanto rischiano entrambi la revoca del titolo abilitativo in essere ai sensi del TULPS.

grazie a tutti delle interessanti considerazioni
ornella

segnalo anche sul punto una risoluzione Min sviluppo economico del 2014 nella quale si tratta però di “somministrazione” fatta sia dal circolo sia dal pe, quindi la medesima attività svolta in entrambi i “locali”:

Perché l’associazione dovrebbe munirsi di titolo abilitativo ex art. 86?

A mio modo di vedere, il problema è proprio di natura concettuale: all’interno di un pubblico esercizio, la presenza di un locale non destinato al pubblico deve essere comunicata all’autorità competente e la cosa, in un p.e. già esistente, comporterebbe una modifica delle superfici e quindi la presentazione di una scia per variazioni strutturali.

Solo che – ai fini della sorvegliabilità - un locale “non destinato al pubblico” deve esserlo in maniera permanente o almeno fino alla presentazione di una nuova scia per variazioni strutturali. Non può essere “non destinato al pubblico” quando all’interno dello stesso vi sono i membri dell’associazione e tornare ad essere normale superficie di somministrazione quando i membri dell’associazione se ne vanno…

Altro punto ostativo: all’interno di un pubblico esercizio, un locale “non destinato al pubblico” deve essere comunque pertinenziale all’attività del p.e., nel senso che – sempre ai fini della sorvegliabilità - non può esistere un locale aperto, ma “non destinato al pubblico”, dove di fatto però si svolge un’attività privata che non ha nulla a che vedere con l’attività del pubblico esercizio che lo contiene. E questo a prescindere da eventuali accordi contrattuali tra le parti.

concordo con l’ultima affermazione di Marco;
anche ammesso
che la stanza (perché di questo si parla) fosse data in affitto regolare dal titolare del PE all’associazione, che lo stesso titolare faccia una scia per comunicare la diminuzione della superficie del locale,
la stanza diverrebbe in quel caso luogo PRIVATO , e se non svolge somministrazione di alcun tipo , ciò non consentirebbe l’accesso della forza pubblica, se non sbaglio…
ciò comporterebbe che, essendo comunque comunicante con il pubblico esercizio, lì vi si potrebbe “nascondere” qualche avventore …