Assunzioni negli enti locali senza approvazione del consolidato: scatta il danno erariale

Corte dei Conti: configura danno erariale il comportamento del dirigente comunale che assume personale nel perdurare del mancato rispetto dei termini di approvazione dei documenti contabili

Con sentenza 105/2022, la Corte dei Conti Sez.II giurisdizionale centrale d’appello ha affermato che scatta il danno erariale per il dirigente del comune che procede all’assunzione di personale senza che sia stato approvato il bilancio consolidato dell’ente entro il termine stabilito dalla legge.

I magistrati contabili confermano quindi la sentenza della Sez. Marche che aveva condannato un dirigente comunale al risarcimento al comune per violazione del divieto ex art. 9 comma 1quinquies del DL 113/2016 e s.m.i.

La responsabilità, nello specifico, consisteva nel fatto di aver ‘avvallato’ l’assunzione di 35 operatori di mensa a tempo determinato, in violazione della citata disposizione, che vieta la
stipula di contratti di lavoro a qualsiasi titolo, per gli enti locali che non abbiano provveduto, entro il 30 settembre di ciascun anno, ad approvare il bilancio consolidato relativo all’esercizio precedente.

Poiché il bilancio risultava approvato soltanto in data 25/11/2017, il danno erariale, imputato pro quota ai soggetti interessati, nella prospettazione del requirente, doveva essere pari alle retribuzioni corrisposte al personale nel periodo 02/10/2017 — 25/11/2017. I primi giudici hanno, tuttavia, ritenuto, dopo approfondimento istruttorio, di scomputare dagli importi addebitati i rimborsi conseguiti per effetto dell’erogazione del servizio, in applicazione del principio della compensatio lucri cum damno, e, sulla somma residuale, hanno esercitato il potere riduttivo.

Tale decisione è stata confermata anche dalla Corte dei Conti Sez.II giurisdizionale centrale d’appello, la quale ha affermato che:

  • l’art. 9 comma 1-quinquies del DL 113/2016 prevede l’impossibilità per gli enti territoriali di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, in caso di mancato rispetto dei termini previsti per l’approvazione di una serie di atti contabili, fra cui anche l’approvazione del bilancio consolidato, il cui termine è fissato al 30 settembre di ogni anno, ai sensi dell’articolo 151, comma 8, TUEL, per gli enti tenuti a tale adempimento;
  • trattandosi di divieto assoluto e inderogabile, le condotte poste in essere in violazione dello stesso rendono nulli gli atti che ne conseguono. Sia al momento in cui sono stati realizzati gli atti prodromici sia al momento in cui le obbligazioni sono state eseguite, la norma ha continuato a spiegare la propria efficacia preclusiva, fino al 25 novembre 2017, quando, finalmente, il conto consolidato è stato approvato, con ciò soltanto rimuovendosi la condizione ostativa. La data ultima per l’approvazione del bilancio consolidato (30 settembre di ciascun anno), prevista dall’art. 9, comma 1-quinquies cit., rappresenta, infatti, il termine finale per l’adempimento contabile, ma non consuma il potere dell’amministrazione locale di procedere, comunque, a un’approvazione “tardiva” dell’atto, con l’unico effetto di continuare a bloccare, per tutto il tempo successivo, ogni ulteriore atto di spesa, in palese funzione di “stimolo” e di “accelerazione”. Fino al 25 novembre 2017, quindi, le attività indicate dal legislatore - comportanti oneri economici da parte di organi o uffici di pertinenza del Comune danneggiato - dovevano considerarsi inibite;
  • il servizio di mensa scolastica è definibile, in base alle disposizioni vigenti, “facoltativo a domanda individuale”, per cui ‘non tiene’ la presunta necessarietà ‘accampata’ dai ricorrenti. Ne discende che la concreta erogazione del servizio ben poteva e doveva essere subordinata, nel caso di specie, alla ricognizione di tutte le condizioni giuridico-economiche poste dalle fonti nazionali, in assenza delle quali alcun diritto soggettivo o interesse legittimo avrebbe potuto essere vantato dal privato cittadino;
  • la dirigente non ha operato per interesse personale, garantendo l’attuazione di un servizio, nonostante la palese trascuratezza da parte degli organi politici e tecnici a provvedere: tale finalità, tuttavia, non scrimina l’illiceità della sua condotta né degrada la sua colpevolezza da grave a lieve, in quanto acquisita la notizia della mancata approvazione, le era preclusa ogni iniziativa - pur lodevole sul piano pratico - di salvaguardare le aspettative degli alunni e tutelare la “immagine” dell’ente di appartenenza. L’inosservanza del divieto ha reso l’odierna appellante, al contrario, imputabile di grave negligenza, e alla stessa devono essere addebitate le conseguenze dannose delle determinazioni assunte contra legem: il “buon” fine non può giustificare il mezzo adoperato.