Attività di sartoria e confezione su misura esercitata nell'abitazione

Egregio dottor Simone Chiarelli,

con la presente sono a chiederle un consulto circa una scia pervenuta mediante la quale è stato segnalato l’avvio dell’attività di sartoria e di confezione su misura svolta presso l’abitazione della dichiarante.

L’ufficio tecnico del Comune sostiene che detta attività non possa essere svolta presso l’abitazione.

Io ho dei dubbi in quanto trattasi di attività libera.

Posso chiederle se mi chiarisce il tema?

Innanzitutto vorrei capire se la scia sia nel caso di specie obbligatoria.

Vorrei poi capire se ci sono condizioni alle quali l’attività può essere svolta liberamente anche in casa (no accesso al pubblico e variazioni strutturali?).

Nel caso in cui invece vi sia l’accesso al pubblico, è possibile svolgere la suddetta attività in casa magari cambiando la destinazione d’uso della stanza adibita alla stessa?

Le sarei davvero grata se potessi fornirmi dei chiarimenti a tal riguardo e se mi segnalasse la normativa di riferimento (non riesco a trovare nulla).

Ringraziandola anticipatamente per la sua disponibilità, le porgo i miei più distinti saluti.

Ufficio Suap Unione dei Comuni Lombarda Almè e Villa d’Almè

L’attività artigianale di sartoria non è sottoposta a procedure abilitative, questo a meno di norme particolari regionali. Si tratta di attività artigianale con vendita diretta (vende ciò che produce, presso gli stessi locali di produzione)

Ogni SCIA, più in generale, ogni procedura abilitativa, è presentata ai sensi di una disposizione di legge. Se la disposizione di legge non c’è allora l’attività è “libera”.

Tuttavia, in Lombardia vige l’art. 6 c. 1 della LR n. 11/2014 che dispone che “Fatto salvo quanto previsto dal presente articolo, all’avvio, svolgimento, trasformazione e cessazione delle attività economiche, nonché all’installazione, attivazione, esercizio e sicurezza di impianti e agibilità degli edifici funzionali alle attività economiche si applicano le disposizioni di cui articoli 19, 19-bis e 20 della legge 241/1990…”. Ho molti dubbi sulla legittimità di questa disposizione ma tant’è.

ERGO qualsiasi attività non già sottoposta ad abilitazione è sottoposta SCIA in via residuale.

Sull’uso della civile abitazione vedi qua: estrapola in senso generale:

Attendi comunque Alberto che per la Lombardia ha una marcia in più :blush:

Ringrazio infinitamente.
Attendo anche il parere di Alberto, allora.
Grazie ancora e buona giornata.
Karin

Confermo quanto già detto da Mario.

Sull’obbligo della SCIA non mi dilungo: art. 6 c.1.

Sul tema invece della compatibilità con la destinazione d’uso va fatto un distinguo.

Se l’attività è svolta in forma imprenditoriale (condizio sine qua non perché sia di competenza SUAP) la destinazione d’uso prevista generalmente dalle NTA dei PGT è la produttiva (con possibili sotto categorie) con possibile deroga sulla commerciale, se ammessa l’attività di servizio.
La risposta definitiva te la può dare solo l’Ufficio Tecnico.
In caso di non compatibilità va verificato se è ammissibile un cambio di destinazione d’uso (vedi art. 52 della L.R. 11/03/2005, n. 12 e previsioni comunali).

Se ammissibile (anche a seguito di modifica), in caso di accesso del pubblico vanno anche rispettati alcuni aspetti quali ad esempio l’accesso separato dall’abitazione, la disponibilità di parcheggi, …

Se invece l’attività non è svolta in forma imprenditoriale viene meno quanto sopra esposto (compresa la competenza SUAP). In tal caso l’attività è libera nel rispetto comunque delle norme edilizie, sulla sicurezza, fiscale,…

La ringrazio Alberto per la sua risposta.
Ne approfitto per chiederle quale sia il discrimen tra attività svolta in forma imprenditoriale e in forma non imprenditoriale.
L’unico riferimento normativo al riguardo mi pare essere l’art. 2082 c.c.che definisce la figura dell’imprenditore: “È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e di servizi”.
In base a questa definizione risulta chiaro che, affinché vi sia impresa, devono ricorrere le seguenti condizioni:
• l’esercizio di una attività economica diretta alla produzione o allo scambio di beni e di servizi;
• l’organizzazione dell’attività;
• la professionalità.
Ma nella pratica, cosa può detrminare la non imprenditorialità dell’esercizio dell’attività?
Nel caso di specie, secondo lei, cosa potrebbe stabilire che l’attività non sia svolta in forma non imprenditoriale?
Mi scusi del disturbo e grazie infinitamente della disponibilità dimostrata.
Buona giornata.
Karin

La decisione in prima battuta spetta al richiedente, tramite il suo commercialista.
Se a presentare la SCIA è un’impresa (che come tale è iscritta al RI) vuol dire è stato valutato che c’erano gli aspetti sopra elencati (professionalità, continuità, organizzazione, fatturato,…).

A mio avviso non compete al comune valutare la natura dell’attività, ma agli Uffici preposti: Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza.
Se un ufficio comunale ha un dubbio in tal senso deve segnalare la situazione a chi di competenza.