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Il principio di sussidiarietà nella Costituzione e nello Statuto regionale del Piemonte.
La divisione dei poteri e delle prerogative tra Stato e Regioni, si traduce nei più ampi concetti di autonomia e decentramento previsti dalla nostra Costituzione. Con la riforma del Titolo V della carta costituzionale si è voluta rafforzare l’autonomia delle Regioni, nel rispetto del principio di sussidiarietà, il quale si divide in sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale, e permette di garantire la più ampia efficienza della pubblica amministrazione garantendo un riparto dei servizi sempre più vicino ai cittadini, e nel caso in cui non si riesca a soddisfare un interese pubblico a livello locale, grazie a questo principio, intervengono i livelli superiori rappresentati proprio dalle Regioni e dallo Stato, e a livelli ancora più ampi, l’Unione Europea. La divisione delle materie e delle competenze è garantita dalla Costituzione al suo art. 117, il quale disciplina le materie di competenza esclusiva statale, quelle di competenza concorrente tra Stato e Regioni e quelle di competenza residuale delle Regioni. Bisogna dire che la riforma del Titolo V della Costituzione si è resa necessaria per garantire un livello di autonomia decentrata, il tutto nel rispetto delle più ampie prerogative dello Stato, e in contemporanea, di quelle dell’Unione Europea, e nel rispetto del principio di sussidiarietà. Anche se la Corte Costituzionale è intervenuta in maniera abbastanza oscillante negli anni, talvolta a favore dello Stato, talvolta a favore delle Regioni; ad esempio nei primi anni post riforma, non rientrando il Turismo tra le materie previste espressamente nell’art. 117, si riteneva fosse di competenza residuale delle regioni, e la Corte ha confermato ciò; più avanti invece per altre materie non previste, le ha di fatto affidate alla competenza esclusiva statale. In un primo momento immediatamente successivo alla riforma, c’è stato un tentativo da parte delle autonomie regionali, di rafforzare in maniera indiretta la propria autonomia, e a tal proposito è intervenuta numerose volte la Corte Costituzionale, per frenare questi tentativi, ad esempio nel caso in cui talune Regioni volevano denominare il proprio organo legislativo, il Consiglio Regionale, con la denominazione di Parlamento della Regione, oppure denominare il Presidente della Giunta Regionale come Governatore; ebbene la Corte ha dovuto arginare questi tentativi con la Sent. 106/2002 con la quale ha vietato l’uso di queste denominazioni, nel rispetto del potere e delle prerogative dello Stato. Sintomo di questi tentativi di cui sopra, da parte delle regioni, è anche il fatto che molti Statuti regionali, iniziano con un preambolo, impostazione tipica della Costituzione, quasi come a volersi elevare a Costituzione di natura regionale, ma di fatto non può esser così in quanto lo Statuto della Regione, pur contenendo i principi generali e gli indirizzi da seguire, e richiamando i principi della Costituzione stessa, non è da considerare come una costituzione regionale, in quanto si colloca nella gerarchia delle fonti, come legge regionale. Lo Statuto della Regione Piemonte garantisce il rispetto del principio di sussidiarietà, ed è interessante porre l’attenzione a tal proposito, sugli istituti di iniziativa legislativa popolare, con progetti di legge che possono provenire direttamente dai cittadini, o dagli enti locali tramite azione propulsiva dei Consigli Comunali, e gli strumenti di partecipazione contenuti al suo interno, come le petizioni dei cittadini o le interrogazioni sullo stato di attuazione o per richiesta di chiarimenti per una questione, quest’ultime giudicate ammissibili o inammissibili dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale, e trasmesse alle commissioni competenti per la trattazione e risposta. Strumento di raccordo e di congiunzione tra la realtà comunale più vicina ai cittadini e quella Regionale, come grande espressione del principio di sussidiarietà, è il Consiglio delle Autonomie Locali, previsto all’art. 123 Cost. e istituito in Piemonte con la L. 30/2006, in seno al Consiglio Regionale, organo rappresentativo della Regione, e questo è di grande rilievo, perchè si è voluto istituire quest’organo di raccordo, all’interno dell’organo rappresentativo della Regione. Esso nella sua composizione rappresenta il territorio nelle sue diversità, composto dai Sindaci dei comuni capoluogo, dal Sindaco metropolitano, da 2 rappresentanti di comuni con popolazione fino a 5000 abitanti, e 3 rappresentanti dei comuni tra 15.000 e 30.000. E’ un organo importantissimo perchè è interpellato ogni qualvolta ci siano interessi e prerogative degli Enti Locali, il quale può anche intervenire nei casi in cui ravvisi una lesione degli interessi e delle competenze degli enti locali. Questi sono alcuni tra i vari strumenti di attuazione di questo principio cardine della nostra Carta Costituzionale, strettamente collegato alla riforma del Titolo V della Costituzione, e spesso lo Stato non ha rispettato il riparto di competenze, come nel caso della spending review, con la quale di fatto ha ridotto il potere di spesa e ha inciso sulla questione della composizione dei Consigli Regionali, diminuendo il numero di Consiglieri regionali incidendo sulla autonomia organizztiva; in ogni caso ci si augura venga sempre più rafforzato e disciplinato nei modi migliori, per l’obiettivo finale che è sempre l’interesse pubblico, e quindi dell’utente finale, il cittadino.
2 Dopo aver descritto sinteticamente la natura e le funzioni dell’autotutela amministrativa, il candidato illustri brevemente i principali istituti ad essa riconducibili.
La Pubblica Amministrazione, a differenza del privato, deve agire per procedimenti, i cosiddetti procedimenti amministrativi, i quali conducono ad un provvedimento finale. Questo a garanzia dell’interesse pubblico, e nel rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento, e di efficienza della Pubblica Amministrazione. L’autotutela amministrativa è disciplinata dalla L. 241/1990, la quale, dagli artt. 21-bis e seguenti, enuncia prima l’efficacia e l’esecutività di un provvedimento amministrativo, e poi si concentra sui casi rientranti nella cosiddetta patologia dell’atto amministrativo. Il procedimento amministrativo, che comincia dall’iniziativa di parte o d’ufficio, continua con l’istruttoria, finisce con la fase decisoria e si consolida con la fase integrativa dell’efficacia, altro non è che una sequenza di atti, con la supervisione del Responsabile del procedimento, introdotto sempre dalla legge 241/1990, quale dominus dell’istruttoria, e in taluni casi ci possono essere dei vizi di legittimità e di merito; ciò avviene producendo delle conseguenze sull’atto il quale sarà nullo quando manca dei suoi elementi essenziali (soggetto che adotta l’atto, motivazione in fatto e in diritto ecc.), quando è adottato in violazione o elusione del giudicato o viziato da incompetenza assoluta, oppure sarà annullabile quando è viziato da eccesso di potere, violazione di legge o incompetenza relativa. Tutto ciò premesso, la Pubblica Amministrazione operando nell’interesse pubblico, può agire in autotutela con la revoca amministrativa, ad esempio quando per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, o quando cambia la situazione di fatto alla base del provvedimento, revoca l’atto, e nei casi in cui il destinatario dell’atto abbia subito un danno da questa revoca, deve prevedere un indennizzo, a favore di quest’ultimo, salvi i casi di dolo o colpa, e indennizzo riferito solo al danno emergente, come da recenti sentenze del Consiglio di Stato. Altri sono i casi in cui, ricollegandoci al discorso precedente, la Pubblica Amministrazione ravvisando un vizio, può procedere all’annullamento d’ufficio dell’atto, il quale con efficacia retroattiva, ripristina la situazione di fatto al momento precedente la produzione degli effetti del provvedimento. Recenti modifiche legislative hanno ridotto il termine entro cui la Pubblica Amministrazione può agire in autotutela, portandolo da 18 mesi a 12 mesi, questo per ottenere un maggiore controllo sugli atti, in modo da ridurre i ricorsi amministrativi. C’è da dire che questo meccanismo previsto per la Pubblica Amministrazione è a tutela sia di essa in quanto permette di garantire maggiore efficienza, sia a tutela dei cittadini interessati, per evitare la produzione di provvedimenti viziati che possano da un lato ledere l’interesse pubblico, e dall’altro caricare e aggravare il già tanto lavoro delle Pubbliche Amministrazioni.