quando dicevo che la cosa è dibattuta mi riferivo a quanto sottolineato. Rammento i vari post nel vecchio forum. Anche in ambito di commercio la cosa è dubbia. Uno fra i vari ragionamenti che si potrebbero fare, può portare a ritenere che sia possibile (sempre da vedere caso per caso):
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sequestrare le cose con le quali si esercita l’attività abusiva. In questo caso non si apporrebbero i sigilli ad un locale ma si inibisce l’uso di una certa attrezzatura che poi potrebbe essere confiscata (legge 689/81);
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apporre i sigilli al locale dove si esercita l’attività abusiva. In questo senso, se si ritiene che una legge vieti l’esercizio in assenza di autorizzazione e che sia possibile ordinare la cessazione dell’attività (oltre alla sanzione pecuniaria), allora, quello stesso presupposto di legge è il presupposto di legge anche l’esecuzione coattiva. In altre parole, o si ritiene che la legge non preveda la possibilità di ordinare la cessazione oppure se lo si ritiene, allora tale presupposto vale anche l’esecuzione coatta che è cosa consequenziale. Se non fosse così, l’ordine di cessazione sarebbe una mera raccomandazione. Quindi o ci si limita a sanzionare in via pecuniaria oppure, se si ordina, allora, previa diffida, occorre che l’ordine sia davvero un ordine.
In materia di attività estetica abusiva, è possibile aggravare la motivazione in relazione alla tutela della salute pubblica.
Vedi, ad esempio, il TAR Abruzzo – Pescara, n. 227/2006
L’art. 1 della L. n. 1/1990, invero, ha una nozione molto ampia, riferita alla cura esterna e/o di superficie del corpo umano, con esclusione delle prestazioni di carattere terapeutico, svolta anche con apparecchi elettromeccanici (elencati), e la giurisprudenza ha chiarito che il momento professionale si manifesta anche con la messa a disposizione delle attrezzature, anche se azionate direttamente dal cliente e/o a spegnimento automatico (Cass. Civ. III, n. 4012/3-4-2000 e I, n. 5811/17.3.2005); di qui è consequenziale la necessità dell’autorizzazione comunale (Tar Milano, n. 3/12.1.2004).
Venuto meno il presupposto giuridico, su cui parte ricorrente basava la legittimità della sua azione, per mezzo di una mera denuncia di inizio di attività, il ricorso n. 855/97 deve essere respinto; il successivo n. 891/97, che contiene censure per derivazione e prive di pregio, rappresentando la chiusura del locale e l’apposizione dei sigilli, consequenzialità giuridiche, all’interno di uno stesso unico procedimento amministrativo e non momenti avulsi dal suo contesto, va del pari respinto.
Vedi, ambito commerciale, il TAR Napoli n. 3321/2018 e n. 3042/2020
Nel forum cerco di di fornire punti di vista e chiavi di lettura.