Commercio elettronico senza deposito - Agibilità sede operativa

Buongiorno, rispetto ad un’attività di commercio elettronico senza deposito (cd dropshipping), l’ufficio edilizia privata comunica all’ufficio commercio la non correttezza della pratica di abitabilità presentata dal titolare per l’ufficio/sede operativa/sede legale. Tale verifica non era stata richiesta in fase istruttoria, vista la tipologia di attività, ma è comunque prassi dell’ufficio edilizia comunicare problematiche di questo tipo su immobili sede di esercizio di attività produttive.
Secondo voi questo inficia in qualche modo la possibilità di esercitare l’attività, mettendo l’ufficio commercio in condizione di avviare qualche tipo di procedimento? Personalmente ho seri dubbi, considerando che il commercio elettronico senza deposito potrebbe essere esercitato anche da un luogo diverso da quello indicato nella SCIA come sede operativa, bastando un PC.
Grazie.

A parere mio il tuo ragionamento è corretto o, almeno, è corretto in assenza di altre informazioni. Se si tratta di una mera sede legale non vedrei problemi. Se, invece, si trattasse di una sede amministrativa organizzata con uffici e dove lavorano vari dipendenti, allora quella sede non sarebbe compatibile con la civile abitazione.
Per contro, è vero quello che dici. Si potrebbe trattare solo di una sede legale e il lavoro effettivo viene svolto da un paio di soci che con il loro PC e il loro smartphone se stanno sul divano di casa propria o al mare o in montagna o in qualsiasi altro posto dove c’è una connessione :blush:

Se fosse una sede amministrativa non compatibile, occorrerebbe l’inibizione dell’attività nel modo della SCIA anche se si tratta di una “comunicazione” (il commercio all’ingrosso è sottoposto alla semplice “comunicazione”)

Non vorrei che ci fossero equivoci tra l’ufficio tecnico e l’ufficio commercio…
Anche perché la descrizione di Luca parla di “abitabilità”, che è un concetto ormai desueto sotto il profilo normativo: ora si parla unicamente di “agibilità”, mentre un tempo si distingueva tra “abitabilità” se ci si riferiva specificamente agli edifici residenziali e “agibilità” se ci si riferiva ad altri tipi di immobili.

Se l’unità immobiliare in questione - come parrebbe intendere l’UT - non ha i requisiti di agibilità, la cosa ricade sotto gli artt. 24 e 26 del DPR 380/01 e dovrebbe valere per qualunque destinazione d’uso dell’immobile, a prescindere dal fatto che debba diventare ufficio/sede operativa/sede legale di quell’attività di commercio elettronico senza deposito.

Una cosa differente è se l’UT intendeva invece la non conformità urbanistica della “nuova” destinazione d’uso dell’unità immobiliare, cioè se avevano ipotizzato che l’avvio di quell’attività comportasse una destinazione d’uso commerciale incompatibile con l’attuale destinazione d’uso o comunque soggetta a una pratica edilizia di mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante.

Sì, ho dato per scontato che si trattasse di compatibilità

Buongiorno, scusate ma non ho potuto riprendere la discussione subito. Grazie per il vostro contributo, innanzitutto.
L’ufficio edilizia contesta la correttezza formale della pratica di “AGIBILITÀ UFFICIO ATTIVITÀ DI SERVIZIO”. Ribadendo che si tratta di un “dropshipping” al dettaglio, l’immobile è indicato, nella SCIA commerciale, come sede legale e nel quadro “localizzazione” (per citare la modulistica: “INDIRIZZO DEL MAGAZZINO (in caso di attività senza deposito indicare la sede in cui è possibile effettuare il controllo di documenti ed eventuali attrezzature)”. In sostanza, l’ufficio da dove l’impresa riceve ed evade ordini.
Tutto ciò premesso, non ho riferimenti normativi che mi indichino che il requisto edilizio dell’ufficio è tale anche per questa precisa attività. Non sono quindi convinto di dover avviare un procedimento per in qualche modo inibire l’attività, soprattutto oltre i 60 giorni ex art. 19 l. 241/1990.
Grazie mille.

Per tradurlo in lingua italiana, il “dropshipping” è una forma di commercio elettronico (artt. 18 e 21 del D.L.vo 114/98) in cui il venditore vende prodotti senza possederli fisicamente, cioè senza avere un negozio/magazzino/deposito. Quando un cliente acquista un prodotto dopo averlo scelto solitamente su un catalogo online, il venditore trasmette l’ordine ad un soggetto terzo, che è quello che si occupa dello stoccaggio della merce, dell’imballaggio e della spedizione al cliente.

In pratica, l’attività si riduce ad avere un ufficio minimale (può bastare un pc e una rete internet), senza accesso di pubblico e quindi con un impatto irrilevante sul carico urbanistico.

Come quasi tutte le nuove forme di attività economiche tuttora prive di una disciplina autonoma, anche questa è difficilmente inquadrabile negli schemi consueti e consolidati delle norme previgenti: sulla base di quello che prevedono gli strumenti urbanistici comunali, le distinzioni tra le solite “funzioni commerciali” e “funzioni terziarie” (e/o simili) possono essere insufficienti.

Per venire al caso in esame: si può dire che il “dropshipping” sia un’attività di servizio, visto che un’attività di servizio dovrebbe offrire prestazioni professionali ai propri clienti, anziché vendere prodotti fisici?
Credo che per proseguire la discussione sia fondamentale conoscere esattamente il motivo per cui il vostro UT contesta la correttezza della pratica in questione e su quali presupposti giuridici si basa la loro valutazione negativa.