Provo a dare i miei 2 centesimi di opinione…
Come sai, la nozione di “commercio” (derivata dal D.L.vo 114/98) è: l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende direttamente al consumatore finale, oppure ad utilizzatori professionali o ad altri utilizzatori in grande.
Per un artigiano, poi, la vendita nei locali di produzione o ad essi contigui dei beni di propria produzione è libera e non rientra nella disciplina del commercio.
In linea generale, non mi serve alcuna autorizzazione né iscrizione al Registro Imprese per vendere in modo NON PROFESSIONALE le cose usate di mia proprietà.
La questione della “temporalità” dell’attività svolta, per cui la “professionalità” sarebbe connotata dall’esercizio abituale (anche se non continuo) e non occasionale di una data attività, può non essere di per sé sufficiente a dirimere la questione, in quanto le norme del codice civile richiedono anche che l’attività economica sia organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi
Qui ci troviamo di fronte alla richiesta di un artigiano in pensione (che quindi avrà chiuso la sua impresa artigiana…) che “per pochi giorni al mese” intenderebbe vendere, sul suo fondo, “oggetti propri usati”.
Saranno veramente oggetti propri ed usati? O saranno invece oggetti prodotti ex novo da un’attività artigiana ormai abusiva (in quanto cessata) e venduti come “oggetti usati”? Oppure cose varie di cui terzi si sono disfatti e che sono state raccolte dal soggetto in questione? Difficile dare una risposta a priori.
Se sei un operatore SUAP, direi che la cosa migliore sarebbe quella di consigliare al soggetto di rivolgersi al proprio commercialista, affinché possa inquadrare nel modo corretto l’attività che intende svolgere.