Commercio su aree pubbliche fuori mercato: Chiosco edicola sprovvisto di regolare accatastamento

Buonasera, stiamo esaminando una situazione particolare e vorremmo un confronto…
Regione Toscana, in seguito ad alcuni accertamenti condotti dall’Agenzia delle Entrate viene comunicato al nostro comune che un immobile adibito a chiosco-edicola risulta non accatastato e pertanto non regolare dal punto di vista edilizio-urbanistico.
Il titolare dell’attività è in possesso di una concessione di suolo pubblico rilasciata dalla provincia, essendo l’area di proprietà della stessa, e dell’autorizzazione per il commercio su aree pubbliche su posteggio fuori mercato rilasciata dal comune, entrambe rilasciate molti anni addietro.
Se fosse un’attività commerciale in sede fissa dovremmo procedere con un provvedimento di sospensione dell’attività a causa della difformità edilizio urbanistica del fabbricato, come previsto dall’articolo 14 comma 1 della L.R.T 62/2018 e sanzione amministrativa ai sensi dell’articolo 113 comma 3 della stessa legge.
Ma in questo caso si tratta di commercio su aree pubbliche con concessione rilasciata dalla provincia sul quale insiste un immobile realizzato da un privato…
Come ci dobbiamo comportare?
Dobbiamo comunque procedere con la sospensione dell’attività?
Ci sono sanzioni da comminare?
Siamo francamente indecisi su come trattare la questione perchè un’attività commerciale viene svolta in un immobile non accatastato che insiste su un’area appartenente al patrimonio delle provincia…
Grazie della disponibilità…

Non si deve confondere la conformità catastale con la conformità urbanistica.

Il fatto che un fabbricato non sia in regola sotto il profilo catastale non vuol dire necessariamente che il fabbricato non sia in regola anche sotto il profilo urbanistico-edilizio, in quanto la documentazione catastale è sostanzialmente funzionale al solo scopo di consentire il censimento degli immobili a fini fiscali.

Esistono esempi di immobili accatastati anche se abusivi sotto il profilo urbanistico-edilizio, e viceversa.

Nel caso in esame, la segnalazione di irregolarità catastale può essere semmai uno stimolo a verificare la regolarità urbanistica ed edilizia del chiosco (con quello che eventualmente ne conseguirà in caso di accertamento di irregolarità), ma di per sé non mi pare una ragione per l’adozione di provvedimenti da parte del SUAP.

Si MarcoC90, ho scritto del mandato accatastamento ma stiamo già verificando la regolarità edilizio-urbanistica presso l’archivio prima di qualunque decisione sulla procedura da adottare…

concordo al 100% cn Marco. Per adesso non ci sono i presupposti per intervenire

Dopo una serie infinita di verifiche documentali abbiamo appurato la non regolarità edilizia del chiosco…
Come procedere a questo punto?
La regolarità edilizio-urbanistica è requisito imprescindibile per l’esercizio del commercio in sede fissa…
Ma in questo caso si parla di un chiosco concessionato dalla provincia al cui interno è autorizzata la vendita della stampa quotidiana/periodica ed il commercio al dettaglio di altri prodotti (cartoleria) dal comune come posteggio fuori mercato e pertanto su area pubblica.
La L.R.T. 62/2018 non disciplina in maniera puntuale questo caso.
Nella documentaziona agli atti, tra cui una comunicazione di subingresso di parecchi anni fa, viene sempre fatto riferimento al commercio in sede fissa…
Possiamo equiparare il chiosco in questione, anche se su area pubblica, ad un’attività commerciale in sede fissa e pertanto seguire la strada dell’avvio procedimento - ordinanza sospensione attività commerciale in sede fissa?
Oppure, in altrenativa, procedere con ordinanza di sospensione relativa all’autorizzazione per il commercio su area pubblica data la non regolarità edilizio-urbanistica del manufatto?
Siamo veramente nel dubbio e non sappiamo proprio come poter gestire la problematica…

Visto che parli di un subingresso di parecchi anni fa, dobbiamo ritenere che l’attuale edicolante (titolare dell’attività) sia del tutto incolpevole per quanto riguarda la realizzazione abusiva del chiosco. Quindi avremmo da un lato un concessionario incolpevole e dall’altro un ente pubblico (la Provincia) che ha ceduto in concessione un immobile abusivo di cui è proprietario. Restano i dubbi su “chi”, “come” e “quando” aveva realizzato l’abuso edilizio…

In questi casi, in cui abbiamo innanzitutto una pubblica amministrazione dalla parte del torto, è sempre molto difficile fornire una risposta univoca e formalmente corretta. Provo a darti solo la mia semplice opinione, i miei “due centesimi”, come si dice.

Personalmente, eviterei di partire subito con un provvedimento repressivo di natura commerciale. Cercherei prima di valutare la possibilità di sistemare - ovviamente in modo legittimo - l’attuale irregolarità edilizia. A tal fine potrebbe essere inviata una comunicazione di avvio del procedimento alla Provincia (e all’autore materiale dell’abuso edilizio, se identificato), finalizzata alla successiva applicazione di quanto previsto dall’art. 31, comma 2, del DPR 380/01, “illustrando” alla stessa Provincia la possibilità di procedere con una richiesta di sanatoria (che seguirà la strada prevista dalla norma).

Solo in un secondo tempo, qualora fosse impossibile sanare l’abuso edilizio, mi preoccuperei della parte commerciale.
Questo anche per evitare di arrecare un danno ingiusto al concessionario che - confidando nella presunzione di legittimità degli atti della pubblica amministrazione - ha avviato la sua attività commerciale.