DECRETO-LEGGE 2 marzo 2024, n. 19 - misure urgenti su PNRR - disposizioni su artigiani

Un classico esempio di come una norma con il fine di semplificare corre il rischio di complicare le cose. Il DL 19/2023 modifica il d.lgs. n. 222/2016 indicando che le attività artigianali indicate in apposito elenco (anch’esso si aggiunge al d.lgs. n. 222/2016) sono esenti da procedure abilitative.

In verità, tali attività erano già esenti da procedure abilitative perché nessuna norma le prevedeva. In sintesi, dal più ampio “principio di legalità” che permea l’attività amministrativa, si può far derivare il “principio di tipicità” secondo il quale è la legge che deve prevedere i singoli provvedimenti amministrativi e il “principio di nominatività”, per il quale è la legge a indicare esplicitamente quale provvedimento adottare per realizzare un dato fine pubblico. Rammentiamo che, come regola di base per le attività professionali / produttive, vige l’art. 41 Cost: libertà di iniziativa economica con riserva di legge per disciplinare in modo limitativo questa libertà.

Per fare degli esempi, un sarto, un falegname o un artigiano alimentare (gelataio) non sono mai stati sottoposti a procedure abilitative amministrative. Chiaramente, sono fate salve le eventuali procedure, diciamo tecniche, necessarie per l’avvio effettivo (acustica, emissioni, scarichi, prevenzione incendi, notifica sanitaria, ecc.). Tali procedure sono fatte esplicitamente salve anche dalla norma in questione e non poveva che essere così.

In conclusione, il fatto che il DL 19/24 lo indichi espressamente come misura di liberalizzazione può portare a pensare che tali attività, prima del DL, non fossero di libero esercizio. Rammento che molte attività artigiane sono disciplinate da normativa specifica che prevede un titolo abilitativo: attività di carrozzeria ha la sua norma e il suo titolo abilitativo, così come la panificazione, impresa di pulizie, impiantista, estetica, acconciature, ecc.).

Il lato positivo della norma c’è dato che la Lombardia, per fare un esempio, se pur con qualche dubbio interpretativo, ha sottoposto a generica SCIA ogni attività produttiva. Si tratta, in pratica, di una SCIA residuale per quelle attività che non hanno un regime giuridico che impone un titolo abilitativo. Lo stesso dicasi di qualche Amministrazione comunale ancorata a principi giuridici superati.

Qua le disposizioni citate e l’allegato:
DL_19-2024_PNRR_artigiani_allegato.pdf (2,1 MB)

Da notare l’attività di stireria. La prassi voleva l’attività fosse compresa fra quelle sottoposte SCIA ai sensi della legge n. 84/2006 (vedere la definizione dell’attività di tintolavanderia). In questo caso è stato chiarito che la sola stireria (non annessa alla lavanderia) è attività libera.

Vedi il video di Simone sulla norma nel suo complesso:

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Il lato positivo della norma c’è dato che la Lombardia, per fare un esempio, se pur con qualche dubbio interpretativo, ha sottoposto a generica SCIA ogni attività produttiva. Si tratta, in pratica, di una SCIA residuale per quelle attività che non hanno un regime giuridico che impone un titolo abilitativo. Lo stesso dicasi di qualche Amministrazione comunale ancorata a principi giuridici superati.

In realtà la SCIA veniva applicata a ogni attività che avesse una sede operativa… per cui molte della attività oggetto della “semplificazione” anche in Lombardia di fatto erano già libere (tutte quelle che operano presso terzi/cantieri).

Tra le restanti diverse potrebbero essere soggette comunque a specifico adempimento: notifica sanitaria, comunicazione emissioni poco significative, comunicazione industria insalubre, prevenzione incendi, comunicazione/denuncia assimilazione scarichi…
Ergo mi sembra di capire che in alcuni casi si passerà (quando le regioni e gli enti locali si saranno adeguati e comunque entro fine anno) da “1 SCIA UNICA” a “N ADEMPIMENTI SINGOLI”…

Mi sembra di intuire (ma mi potrei sbagliare) che si vada verso il modello anglosassone: l’impresa avvia l’attività (con l’iscrizione al Registro Imprese). Il R.I. notizia il Comune (attenzione, non il SUAP). Il Comune (in collaborazione con gli Enti Terzi) avvierà un’attività di verifica e controllo puntuale (sopralluogo) anche al fine di verificare il possesso degli eventuali titoli “accessori”.

Non so se si andrà verso il modello anglosassone ma sarebbe auspicabile. Il discorso sarebbe lungo e rischio di essere frainteso ma, per come la vedo io, i capisaldi dovrebbero restare due. Da una parte il puntuale e decifrabile governo del territorio in capo al comune con il quale si collocano le varie funzioni: cosa/dove in via generale. Il privato si adegua al governo del territorio avviando ciò che vuole. Dall’altra un’anagrafica pubblica: anche il privato è obbligato a dichiarare cosa/dove ma per questo basta il registro imprese, magari strutturato meglio e accessibile da ogni PA. La PA, così, può controllare se il privato rispetta le norme di riferimento andando fisicamente lì. Ciò che manterrei, sarebbero i necessari procedimenti autorizzatori sottendenti interessi rilevanti: ambiente, salute, pubblica sicurezza, paesaggio, ecc) che poi sono quelli che già ci sono. In altre parole: o autorizzazione o niente. Il privato deve essere consapevole di rispettare la legge, il fatto che lo dichiari preventivamente in una SCIA non è una garanzia di consapevolezza, alla fine è superfluo.

Tornando al caso di specie, la cosa è molto limitata come portata giuridica e nasce dal convincimento, errato, che le attività artigiane di cui trattasi fossero soggette a procedura abilitativa. Lasciamo perdere la Lombardia che si era data un certo assetto procedimentale. Ad esempio, in Toscana, un artigiano da sempre avvia l’attività senza dover presentare alcunché (intendo come procedure amm.ne abilitative per l’esercizio dell’attività in quanto tale). Chiaramente, e anche questo da sempre, deve presentare le eventuali procedure tecniche qualora ricadente nel campo applicativo delle varie norme in base a come svolge l’attività: impatto acustico, prev. incendi, aua, notifica 852, insegna, ecc.

Ecco, in Toscana, il DL 19/2024 non ha nessun effetto innovativo sul diritto. Le procedure tecniche restano tal quali.

Idem per la Regione Emilia Romagna.

Personalmente trovo questa sintesi perfettamente rispondente al bisogno di semplificazione delle imprese senza ledere l’obbligo di controllo che grava sulle PPAA.
Più che eliminare adempimenti - che poi neppure esistono - il legislatore di ogni livello dovrebbe specificare meglio i requisiti necessari per lo svolgimento delle diverse attività e indicare chiaramente quali “titoli” (personali, organizzativi, delle strutture) devono essere posseduti (a beneficio sia delle imprese che delle PPAA).

Concludo ricordando che - anche in Lombardia - le imprese artigiane devono iscriversi al Registro delle Imprese e che questo - ad oggi - non è possibile senza l’invio di una pratica ComUnica.
Quindi fino a quando non sarà modificato l’articolo 9 delle Legge 40/2007 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2007/04/02/07A02932/sg non cambierà nulla, non avendo le imprese altra alternativa (il comma 7 dell’articolo citato prevede l’approvazione di una specifica modulistica Ministeriale che non può essere modificata dalle Regioni)

Con Legge 56/2024 è stato convertito il D.L. 19/2024.
Di fatto è stato confermato il testo originario (2 piccole modifiche più di forma che di contenuto).

In particolare è stata confermata:

  • l’applicazione della norma di semplificazione alle sole imprese artigiane (iscritte come tali al Registro Imprese);
  • l’introduzione all’art. 6 del d.lgs. 222/2016 del comma 2-bis: Le regioni e gli enti locali si adeguano alle disposizioni di cui all’articolo 4-bis del presente decreto entro il 31 dicembre 2024, nel rispetto delle proprie competenze in materia.

Per le realtà che hanno legiferato in materia (vedi la regione Lombardia) si pone pertanto il tema dell’adeguamento (per le sole imprese artigiane) e del relativo regime “transitorio” fino alla pubblicazione dei provvedimenti sui propri siti internet istituzionali (non sul BURL…) ovvero al 01/01/2025…