- L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica.
Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
Sezione III
Sentenza 27 maggio 2020, n. 1107
Presidente: Quiligotti - Estensore: Pignataro
CONSIDERATO che, così come risulta dagli atti causa, il Liceo Classico Statale “Empedocle” di Agrigento, con avviso pubblico prot. n. 0005487 del 21 giugno 2019, ha indetto una procedura negoziata ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b), del d.lgs. 50/2016, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento in concessione del servizio di distribuzione automatica di bevande calde e fredde e prodotti alimentari preconfezionati presso le sedi dei suoi locali (sede e succursale di Agrigento), per la durata di 36 mesi, a far data dal 1° settembre 2019 e fino al 31 agosto 2022, alla quale hanno partecipato la Trinacria Vending s.r.l., la Stima s.r.l. e altre cinque imprese.
L’appalto è stato inizialmente aggiudicato alla Trinacria Vending s.r.l. (verbale di aggiudicazione provvisoria prot. n. 0005870 del giorno 8 luglio 2019 e verbale di aggiudicazione definitiva prot. n. 0006176 del 31 luglio 2019, in atti).
Con nota prot. n. 0006180 del 1° agosto 2019, l’aggiudicazione definitiva è stata annullata in autotutela per un presunto errore nell’attribuzione dei punteggi relativi all’offerta economica.
Con nota prot. n. 0006193 del 1° agosto 2019, sono stati pubblicati il nuovo verbale di aggiudicazione provvisoria e la nuova graduatoria, nella quale la Stima s.r.l. è risulta posizionata al primo posto e la Trinacria Vending al secondo.
Con nota prot. n. 0006411 del 30 agosto 2019, è stata disposta l’aggiudicazione definitiva in favore dell’impresa Stima s.r.l.;
CONSIDERATO che l’impresa Trinacria Vending S.r.l., con ricorso notificato il 30 settembre 2019 e depositato il 7 ottobre seguente, ha impugnato, al fine dell’annullamento previa sospensione cautelare, l’aggiudicazione a favore dell’impresa Stima s.r.l. e gli atti presupposti in epigrafe, deducendone l’illegittimità per i motivi di: “Violazione ed errata applicazione dell’art. 23, comma 16, del d.lgs. 50/2016; dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. 50/2016; dell’art. 97, commi 3 e 5, lettera d) del d.lgs. 50/2016; violazione dell’art. 5 del disciplinare di gara; violazione e errata applicazione dell’art. 8 del capitolato speciale d’appalto; eccesso di potere per carenza di istruttoria; carenza di motivazione; violazione della direttiva 2014/24/UE”.
Sostiene la società ricorrente che la controinteressata, nella propria offerta economica, ha omesso di indicare sia i costi relativi alla sicurezza e alla salute, sia quelli relativi alla manodopera da sostenere per l’esecuzione dell’appalto e, perciò, andava esclusa;
CONSIDERATO che:
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con ordinanza collegiale n. 1126 del 17 ottobre 2019, la domanda di sospensione cautelare è stata respinta, innanzitutto, in ragione della dubbia l’applicabilità, alla procedura di evidenza pubblica per l’aggiudicazione del contratto attivo per cui è causa, dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, alla stregua di quanto disposto dall’art. 4 “Principi relativi all’affidamento di contratti pubblici esclusi”, del predetto d.lgs.;
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le Amministrazioni intimate, in data 16 dicembre 2020, si sono costituite in giudizio con atto di mera forma, allegando la documentazione di gara;
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parte ricorrente, in data 24 dicembre 2020, ha depositato documentazione dalla quale si evince che la stazione appaltante ha inteso fare applicazione della lett. b) dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. 50/2016; con memoria depositata in data 11 gennaio 2020, ha insistito nell’accoglimento del ricorso, argomentando sull’impossibilità di qualificare la procedura de qua come “contratto attivo”, sull’applicabilità alle concessioni dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016 e, nel caso di specie, dell’ipotesi di cui alla lett. b), comma 2, dell’art. 36, del d.lgs. n. 50 del 2016;
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le Amministrazioni resistenti, con memoria depositata il 16 gennaio 2020, hanno replicato brevemente, chiedendo il rigetto del ricorso;
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l’impresa controinteressata non si è costituita in giudizio;
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alla pubblica udienza di discussione del 29 gennaio 2020, su conforme richiesta delle parti presenti, il ricorso è stato posto in decisione;
RITENUTO che il presupposto sul quale incentrato il ricorso è costituito dall’asserito obbligo, per l’amministrazione che ha indetto la gara, di applicare l’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016 (“Criteri di aggiudicazione dell’appalto”) secondo il quale “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d), comma 10, del d.lgs. 50/2016; art. 97, commi 3 e 5, lettera d) del d.lgs. 50/2016”, nell’interpretazione datane dalla giurisprudenza secondo cui gli oneri di sicurezza e il costo della manodopera debbono essere espressamente indicati in sede di offerta, con la conseguenza che la mancata ottemperanza a tale obbligo legale comporta necessariamente l’esclusione dalla gara perché la loro omessa evidenziazione non è un’omissione formale, ma integra pienamente la violazione sostanziale della prescrizione di legge (cfr. C.d.S., Ad. plen., ordinanze nn. 1, 2, 3 del 24 gennaio 2019; C.G.A. 16 luglio 2019, n. 683; T.A.R. Sicilia, Palermo, II, 22 marzo 2019, n. 829; T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 5 luglio 2018, n. 1552);
RITENUTO che tale assunto non può essere condiviso in ragione del carattere attivo, e non passivo, del contratto prefigurato dal bando impugnato.
Sulla questione della natura giuridica del contratto avente a oggetto il servizio di somministrazione di alimenti e bevande a mezzo distributori automatici, da installare presso le sedi dell’amministrazione pubblica, invero, vanno condivise, anche riguardo al caso di specie, le argomentazioni spiegate nel precedente, su vicenda simile, di questa sezione, n. 113 del 16 gennaio 2018, di seguito riportate "sul punto risulta illuminante la modifica intervenuta all’art. 4 del d.lgs. n. 50/2016, in forza del così detto correttivo adottato con il d.lgs. n. 56 del 19 aprile 2017, che oltre ad essere, ratione temporis, applicabile al bando che viene in rilievo nella presente controversia, assume un ruolo sostanzialmente interpretativo anche della previgente normativa.
Tale norma prescrive che le procedure di affidamento dei contratti pubblici attivi avvengono nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica, da cui si ricava, a contrario, che ad essi non si applicano le specifiche disposizioni del codice degli appalti che non costituiscano diretta applicazione di tali principi.
Tale disposizione risulta certamente opportuna in quanto copre una lacuna delle precedenti leggi sugli appalti che, dettate solo con riferimento ai contratti passivi, lasciavano in una sorta di limbo i contratti attivi, sospesi tra l’applicazione analogica (o estensiva) delle disposizione dettate per quelli passivi e la riconduzione di tali contratti alle regole generali sui contratti della P.A. (Titolo I del R.D. n. 2440 del 18 novembre 1923).
Da tale ambiguità di fondo della normativa applicabile, sono dipese talune sentenze dei Giudici Amministrativi che, seppur certamente apprezzabili quale ricostruzione ermeneutica, risultano spesso avulse da specifici riferimenti normativi chiaramente dettati per i contratti attivi.
Nel caso che viene in rilievo, il contratto prefigurato nel bando impugnato attiene alla messa a disposizione di uno spazio per la collocazione di apparecchi distributori di bevande e cibo.
La collocazione di tali apparecchi non comporta un servizio direttamente reso in favore dell’amministrazione (nel perseguimento dei suoi compiti istituzionali), ma potenzialmente reso in favore dei suoi dipendenti e di coloro che frequentano i relativi locali, e di cui l’amministrazione solo indirettamente ne trae il vantaggio di avere locali più confortevoli.
Da tali caratteristiche sembra potersi desumere che il contratto presenta maggiori similitudini con la concessione di un bene demaniale che non con un appalto di servizi, ma, alla luce della già evidenziata modifica all’art. 4 del d.lgs. n. 50/2016, piuttosto che la sua astratta qualificazione, ciò che maggiormente rileva è che si tratta di un contratto attivo, per il quale trovano applicazione, per espressa indicazione di legge, solo i principi generali desumibili dalla normativa sugli appalti".
La norma appena richiamata, infatti, stabilisce che “L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica” (1° comma).
Dal chiaro tenore letterale della disposizione sopra richiamata si evince l’inapplicabilità dell’art. 95 del d.lgs. n. 50/2016 ai contratti attivi, cui è riconducibile quello oggetto di lite, in quanto "nel rapporto tra qualità e prezzo ivi indicato, l’aumento del prezzo determina una riduzione complessiva del valore dell’offerta; conseguenza corretta per i contratti passivi ma illogica per quelli attivi.
Inoltre più in generale la regola dettata in tale norma non rappresenta un principio generale valido per tutti i contratti in cui è parte una P.A., ma semmai una regola di massima utile per gli appalti passivi - nei quali la riduzione della spesa deve essere contemperata con la qualità del servizio a essa reso - ma non per i contratti attivi, nei quali, a parità di oneri a carico dell’amministrazione (nel caso in esame messa a disposizione di spazi), il maggior prezzo offerto determina indiscutibilmente una maggiore convenienza per la P.A.
Ciò evidentemente non vuol dire che per una pubblica amministrazione sia del tutto indifferente il modo in cui verrà utilizzato lo spazio concesso; trattandosi comunque di utilizzo di uno spazio pubblico, è interesse dell’amministrazione che venga destinato al migliore soddisfacimento di interessi apprezzabili.
A tal fine risultano legittime le prescrizioni contenute nei relativi capitolati ove vengono indicati - talvolta anche in maniera estremamente puntuale - i prodotti che non possono mancare da tali apparecchi di distribuzione di cibo o bevande o che ne devono essere esclusi; ma una volta assicurato il soddisfacimento di tali fini, latamente sociali, nell’utilizzo degli spazi pubblici, ben può essere il prezzo l’unico elemento che rileva ai fini della gradazione delle offerte inoltrate" (T.A.R. Palermo, sentenza n. 113/2018, cit.);
RITENUTO, perciò, sia da un punto di vista logico, sia sulla base dell’espresso dettato delle disposizioni che vengono in rilievo (artt. 4 e 95 del d.lgs. n. 50/2016) che la norma invocata dalla ricorrente risulta inapplicabile alla gara per cui è causa, indipendentemente dall’ulteriore profilo - evidenziato nella fase cautelare della presente controversia - consistente nella difficoltà di individuazione del valore della concessione del servizio nella lex specialis e negli atti di gara, al fine della riconducibilità della procedura alla fattispecie di cui alla lett. a) ovvero alla lett. b), dell’art. 36, del d.lgs. n. 50/2016;
RITENUTO, perciò, che il ricorso è infondato in quanto incentrato sull’errato presupposto che l’aggiudicazione della gara per cui è causa debba essere regolata dalle prescrizioni dettate dall’art. 95 del d.lgs. n. 50/2016 e va rigettato;
RITENUTO, infine, che alla luce delle oscillazioni giurisprudenziali, note al Collegio, circa la natura giuridica dei contratti analoghi a quello oggetto di controversia, le spese di lite vanno compensate tra le parti costituite, mentre nulla va disposto in merito nei confronti dell’impresa controinteressata non costituitasi in giudizio;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate tra le parti costituite; nulla per le spese nei confronti della controinteressata Stima S.r.l.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.