Distributori automatici

Buongiorno,

ci è stato rivolto il quesito che riporto di seguito:

"un mio cliente vorrebbe inserire all’interno di un’altra attività (laboratorio di pittura in fondo commerciale) una/due distributori automatici, inquadrando l’attività come vending machine , con comodato d’uso/contratto di affitto della porzione del locale adibita alla vendita del distributore automatico. L’intento è quello di utilizzare l’attività di vending machine come veicolo pubblicitario/di promozione del laboratorio e, il fornitore dei distributori automatici un ritorno economico, avendo tra l’altro già una simile attività (sempre nel Comune di Empoli), con inquadramento però come negozio di vicinato in quanto l’attuale distributore automatico di prodotti è collocato all’interno di un locale adibito alla sola vendita commerciale di questi (allego Visura camerale).

Il mio cliente, vista l’opportunità presentata dall’attività del laboratorio di pittura, vorrebbe inquadrare l’attività come vending, anziché negozio di vicinato, per questo sono a richiederle:

  1. nel caso di attività di vending è possibile collocare i distributori filo vetrina del negozio commerciale, in modo che siano visibili anche dai passanti, oppure tale possibilità è percorribile solo in ipotesi di negozio di vicinato?
  2. nel caso di attività di vending, vista la collocazione ipotetica filo vetrina, è possibile estendere la vendita dei prodotti all’interno dei distributori a 24 ore giornaliere, oltre l’orario di apertura del laboratorio?
  3. requisiti generici di apertura dell’attività di distributore automatico con inquadramento vending machine all’interno di altra attività?"

Come possiamo rispondere?

Grazie

Virna Seravalle

Premesso che non conosco la norma del commercio della regione Toscana, a quanto mi risulta la differenza tra “distributore automatico” e “vending machine” è solo fiscale.

L’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 125/2020 ha precisato “la definizione di distributore automatico (c.d. “vending machine”), inteso come qualsiasi apparecchio che eroga beni e servizi ed è costituito almeno dalle seguenti componenti hardware, tra loro collegate:
a) uno o più sistemi di pagamento;
b) un sistema elettronico (c.d. “sistema master”) costituito da una o più schede dotate di processore, capace di memorizzare ed elaborare dati al fine di erogare il bene o servizio selezionato;
c) un erogatore di beni e servizi, ossia l’insieme dei meccanismi che consentono l’erogazione del bene o servizio selezionato;
d) una “porta di comunicazione” capace di trasferire digitalmente i dati ad un dispositivo atto a trasmettere gli stessi al sistema dell’Agenzia delle entrate."

Gli apparecchi privi delle caratteristiche descritte (ed in particolare del punto d)) non possono essere definiti vending machine e agli stessi non si applica la relativa legislazione di riferimento (Dlgs n. 127/2015) e i provvedimenti dell’Agenza delle Entrate che a quella hanno dato attuazione.

Attendi risposta anche dagli esperti della Toscana

Non comprendo bene la domanda. Su come inquadrare giuridicamente l’attrezzatura la vedo come Alberto. Ciò che rileva ai fini amministrativi sono i “distributori automatici” così come previsti dai vari codici del commercio regionali. Benché non definiti in modo preciso, sono identificabili come attrezzature che erogano un prodotto in modo automatico previo pagamento, anch’esso automaico, senza la necessità, quindi, di intervento umano.

Chi esercita il commercio al dettaglio tramite distributori automatici è un commerciante a tutti gli effetti. Chi esercita il commercio è colui che gestisce il distributore e ha le chiavi per prendere i soldi (chi registra i relativi corrispettivi). Chi si limita ad ospitare il distributore non è un commerciante.

Detto questo (fin qui cosa ovvia), bisogna andare a vedere il caso specifico per appurare chi fa che cosa e dove. Nell’ipotesi che il gestore di macchinette le installi (come dice l’art. 74, comma 3 della LR 62/18) in apposito locale a ciò adibito in modo esclusivo, allora tale attività è soggetta alle disposizioni concernenti l’apertura di un esercizio di vendita (vicinato se sotto i 300 mq in Toscana).

Il fatto che le macchinette siano filo vetrina non è di per sé una condizione sufficiente per determinare l’esercizio di vicinato. Se Tizio ospitasse nel laboratorio, che resta tale, delle macchinette gestite da Caio affinché queste intercettino la gente che passa per strada senza che questa vada nel laboratorio, allora siamo di fronte ad una ipotesi limite. Mi verrebbe da dire che siamo di fronte a un esercizio commerciale di vicinato con macchinette (art. 74. comma 3 LR 62/18) in esercizio congiunto dove Caio coabita con Tizio.

Infatti, affinché NON si applichi l’art. 74, c. 3 citato, direi che le macchinette dovrebbero essere installate di modo che siano a servizio dell’utenza del locale ospitante che è destinato a qualsivoglia altra attività umana (androne comunale, stazione, parrucchiare, ecc.). Nel caso descritto, la gente che passa per strada (se ho capito bene) si servirebbe delle macchinette in modo del tutto scollegato dalla fruizione del laboratorio o, quantomeno, del tutto scollegato anche dal solo dover entrare nel laboratorio.