Volevo chiedere una conferma rispetto all’interpretazione dell’art. 6 primo comma del codice di comportamento.
“Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all’atto dell’assegnazione all’ufficio, informa per iscritto il dirigente dell’ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:
a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;
b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.”
In questo senso, vanno indicati i rapporti di lavoro subordinato e non solo quelli di collaborazione eventualmente intervenuti, intendendosi questo termine usato in senso atecnico?
Inoltre il termine nei 3 anni precedenti è da intendersi quale termine mobile corrispondente al periodo intercorso nei tre anni prima della presa di servizio e non come anni solari, corretto?
Confermo l’interpretazione generale e maggioritaria di entrambi i punti sollevati.
Le sue interpretazioni sono corrette e coerenti con la ratio della norma (prevenzione del conflitto di interessi) e con la prassi amministrativa consolidata.
1. Interpretazione dei “Rapporti di Collaborazione”
Sì, l’interpretazione è corretta: vanno inclusi anche i rapporti di lavoro subordinato.
Il termine “rapporti di collaborazione” (utilizzato all’art. 6, comma 1, del Codice di Comportamento – D.P.R. n. 62/2013) deve essere inteso in senso ampio e atecnico, non limitato ai soli contratti di collaborazione in senso stretto (es. co.co.co., contratti d’opera, consulenze).
L’obiettivo della norma è garantire la trasparenza e prevenire anche i soli conflitti di interesse apparenti. Per questo, l’obbligo di dichiarazione include qualsiasi rapporto di lavoro o attività, in qualunque modo retribuita, che il dipendente abbia avuto con soggetti privati e che potrebbe influenzare l’imparzialità delle sue decisioni nell’ufficio di assegnazione. Escludere il lavoro subordinato non permetterebbe di raggiungere questa finalità.
Pertanto, devono essere indicati:
I rapporti di lavoro subordinato.
Le consulenze e collaborazioni coordinate e continuative.
Qualsiasi altro incarico retribuito (es. professionale, d’opera) svolto per soggetti privati.
2. Interpretazione del Termine Temporale di “Tre Anni”
Sì, l’interpretazione è corretta: si intende come termine mobile.
Il riferimento temporale “negli ultimi tre anni” si interpreta come un termine mobile che corrisponde al periodo di tre anni (36 mesi) immediatamente antecedente la data di assegnazione all’ufficio (o, in generale, la data di presa di servizio/sottoscrizione della dichiarazione, in caso di prima assunzione).
Questa interpretazione è l’unica coerente con l’esigenza di verificare la sussistenza di un potenziale conflitto di interesse attuale e recente, considerando il triennio immediatamente precedente all’inizio della nuova funzione. Non è legato all’anno solare (es. 1° gennaio – 31 dicembre).
Esempio: Se l’assegnazione all’ufficio avviene il 15 novembre 2025, il periodo da considerare va dal 16 novembre 2022 al 15 novembre 2025.
Ecco un approfondimento tecnico-giuridico basato su orientamenti ANAC, giurisprudenza amministrativa e prassi applicativa.
1. Sull’inclusione del lavoro subordinato (Interpretazione estensiva)
Sebbene il testo dell’art. 6 parli di “collaborazione”, la lettura restrittiva (che escluderebbe il lavoro dipendente) è stata superata dalla prassi e dalla giurisprudenza in virtù del principio di onnicomprensività della prevenzione della corruzione.
Orientamento ANAC (PNA - Piano Nazionale Anticorruzione): L’ANAC, in diverse delibere e nel PNA (es. PNA 2019, parte generale), ribadisce che la nozione di “conflitto di interessi” di cui all’art. 6 bis della L. 241/90 e agli artt. 6 e 7 del Codice di Comportamento deve essere intesa in senso lato. L’Autorità sottolinea che l’obbligo di trasparenza mira a far emergere qualsiasi relazione che possa minare l’imparzialità. Se il legislatore impone di dichiarare una consulenza occasionale, a fortiori (a maggior ragione) impone di dichiarare un rapporto di lavoro subordinato, che crea un vincolo di fedeltà e dipendenza economica ben più forte di una semplice collaborazione esterna.
Giurisprudenza Amministrativa (Consiglio di Stato): La giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenze sul conflitto di interessi) ha chiarito che le norme sulla prevenzione del conflitto di interessi non vanno interpretate in modo formalistico, ma finalistico. Il termine “collaborazione” nell’art. 6 D.P.R. 62/2013 è usato in senso atecnico e onnicomprensivo di ogni prestazione d’opera (intellettuale o manuale, autonoma o subordinata) resa a favore di privati a titolo oneroso. L’obiettivo è permettere alla PA di valutare se quel “passato lavorativo” possa condizionare le decisioni presenti del dipendente (c.d. conflitto di interessi potenziale).
La clausola “in qualunque modo retribuiti”: La dicitura “in qualunque modo retribuiti” presente nell’art. 6 rafforza l’interpretazione estensiva: non conta il nomen iuris del contratto (subordinato, progetto, P.IVA), ma il fatto che vi sia stato un passaggio di denaro a fronte di una prestazione lavorativa.
2. Sul termine “mobile” dei 3 anni (Computo dei termini)
Anche su questo punto l’interpretazione da lei proposta è quella che rispecchia la corretta applicazione amministrativa.
Ratio della norma (Attualità del rischio): Il periodo di “raffreddamento” o di “attenzione” serve a monitorare legami recenti che potrebbero influenzare il dipendente oggi. Se si interpretasse come “ultimi 3 anni solari” (es. 2022, 2023, 2024 per una presa di servizio a novembre 2025), si creerebbe un vuoto di controllo per i mesi dell’anno in corso (da gennaio a novembre 2025), che sono invece i più critici perché i più vicini temporalmente.
Analogia con il D.Lgs. 39/2013 (Inconferibilità/Incompatibilità): Per analogia, si applicano i principi utilizzati per le dichiarazioni ex D.Lgs. 39/2013, dove i periodi di riferimento (es. il biennio precedente) si calcolano sempre a ritroso dalla data di conferimento dell’incarico o di assunzione (“a ritroso dal giorno della nomina”).
Sintesi operativa per la dichiarazione
Per mettersi al riparo da contestazioni o falsi ideologici in atto pubblico:
Dichiarare tutto: È preferibile un eccesso di trasparenza (“over-disclosure”). Indicare il rapporto di lavoro subordinato specificando “rapporto di lavoro dipendente a tempo [indet./det.] con mansioni di…”. Sarà poi l’amministrazione a valutare se tale rapporto è rilevante per le pratiche assegnate.
Date precise: Nel modulo, indicare le date esatte di inizio e fine dei rapporti che ricadono nella finestra temporale dei 36 mesi precedenti la data odierna di firma/assegnazione.