La panificazione agricola e fisco - TAR Lazio n. 4916/2021 e Consiglio di Stato n. 8670/2022

PREMESSA

Relativamente alla complicata questione su quali siano i confini dell’attività agricola rispetto a quella commerciale, occorre tenere distinto l’aspetto amministrativo da quello fiscale. Da un punto di vista amministrativo la questione può essere più larga di quanto non lo si a livello fiscale. La tendenza amministrativa, anche alla luce delle molte circolari del MiSE (Ministero delle Sviluppo Economico), è quella di reputare vendita diretta agricola (quindi non ricadente nell’ambito commerciale) anche la cessione di qualsivoglia prodotto agricolo trasformati da terzi, pur nel rispetto, naturalmente, del criterio della prevalenza.

Quindi, da questo punto di vista, l’imprenditore agricolo iscritto in CCIAA può spingersi fin dove indica il MiSE restando soggetto alla mera “comunicazione ai sensi dell’art. 4, comma 4 del d.lgs. n. 228/01” e, se trattasi di alimenti, alla “notifica ai sensi del Reg. CE 852/04” (restando fuori dal commercio al dettaglio).

Da un punto di vista fiscale , invece, la questione è diversa. In sintesi, da questo punto di vista occorre rifarsi all’art. 32, comma 2 TUIR che indica le attività produttive di reddito agrario ai fini della relativa tassazione.

2. Sono considerate attività agricole:

a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;

b) l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;

c) le attività di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché’ non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, CON DECRETO DEL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE SU PROPOSTA DEL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI.

Ecco, da qualche tempo, i DM che prendono origine dalla lett. c) di cui sopra, annoverano, fra le attività considerate comunque produttive di reddito agrario, la “produzione di pane”.


IL TAR LAZIO, CON LA SENTENZA 4916 DEL 28/04/2021, ANNULLA I DECRETI MINISTERIALI LIMITATAMENTE ALLA INCLUSIONE, TRA I BENI CHE POSSONO ESSERE OGGETTO DELLE ATTIVITÀ AGRICOLE CONNESSE EX ART. 32 TUIR, DI QUELLI RIVENIENTI DALLA “PRODUZIONE DI PRODOTTI DI PANETTERIA FRESCHI” (DM 5 AGOSTO 2010) NONCHÉ DALLA “PRODUZIONE DI PANE” (DM 17 GIUGNO 2011).

Fra le motivazioni:

  • il regime fiscale agevolato contemplato dai DDMM gravati per la attività di panificazione esercitata da imprenditori agricoli, e non anche e non già per quella esercitata dagli altri soggetti che quale qualitas non rivestano, costituisce un vantaggio per essi imprenditori agricoli;

  • trattasi di un regime di sgravio e di sostegno concesso ad una categoria di imprese, quelle agricole, e dunque a cagione di uno status soggettivo –riveniente dalla qualitas di imprenditore agricolo, comechè esplicante l’attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali, oltre che di attività connesse a’ sensi dell’art. 2135 c.c.- e non già in considerazione della natura oggettiva della attività esercitata (la panificazione) che, come sopra ampiamente illustrato, non rientra nel novero delle attività agricole, neanche di quelle connesse; (NDR qua il TAR spiega, prima, come si tratti di una seconda trasformazione non compatibile con le attività agricole connesse: prima trasformazione da grano in farina – seconda trasformazione da farina a pane)

  • la attività di panificazione, non riconducibile al genus di quella agricola, non è ontologicamente differente a seconda che la eserciti la impresa agricola o quella non agricola; la misura censurata, indi, “introduce differenziazioni tra le imprese che, rispetto all’obiettivo perseguito, versano in una situazione analoga”, in guisa da integrare un vantaggio selettivo, in quanto “idoneo a porre talune imprese in una situazione più favorevole rispetto ad altre” (CGUE, 4 giugno 2015, C-15/14);

  • tale vantaggio selettivo viene conseguito pel tramite dell’utilizzo delle risorse pubbliche, stante la riduzione degli oneri fiscali e, indi, il mancato introito erariale che ne consegue; e, invero, il venire meno di entrate fiscali e contributive dovuto a riduzioni o esenzioni concesse dallo Stato Membro risponde al criterio delle risorse statali di cui all’art. 87 TCE, ora art. 107 TFUE (CGUE 15 marzo 1994, Banco Exterior de Espana, C-387/92).


La sentenza potrebbe avere ripercusisoni anche a livello amministrativo puntualizzando meglio la nozione di attività agricole connesse:
- sul piano civilistico, sono qualificabili come attività agricole connesse quelle che si esplicano sui prodotti che provengono “prevalentemente e direttamente dall’attività agricola principale, mentre vanno escluse le attività che riguardano prodotti di secondo grado, conseguenti a successive attività”;

Allego la sentenza del CdS - n. 860/2022 - che in appello ha ribaltato il giudizio se pur a caua di elementi formali. Il CdS lascia intendere che una volta risolti i vizi formali le ragioni dei ricorrenti panificatori potrebbero essere riconosciute satnte la effettiva disparità di condizioni riferita a un unico mercato:
ConsiglioDiStato_8670_2022_panificazione_agricola.pdf (189,9 KB)