Malversazione a danno dello stato

Art. 316-bis del codice penale “malversazione a danno dello Stato” rientra nei delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A., ma la norma precisa “chiunque, estraneo alla P.A.,” il mio dubbio nasce sulla configurazione del delitto, è da intendersi proprio o comune?

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Nonostante la collocazione sistematica della fattispecie criminosa nel capo I del titolo II del libro II del codice penale, dedicato ai «delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione», la malversazione si configura come reato comune, potendo essere commessa da “chiunque” soddisfi le condizioni prescritte dalla norma ovvero sia estraneo alla PA e sia beneficiario di un finanziamento pubblico, vincolato a soddisfare le finalità di interesse generale individuate dal precetto che ha autorizzato l’erogazione; altri (FIANDACA-MUSCO, PELISSERO) lo definisce “proprio” in ragione della necessaria ricorrenza delle due condizioni predette. Poichè la norma usa la locuzione “estraneo alla P.A.” per connotare il soggetto attivo del reato, si è posto il problema di come interpretare tale concetto, se in senso rigido, e quindi escludendo tout court tutti i soggetti inseriti in un qualunque apparato pubblico, ovvero in senso ampio, avendo riguardo per la definizione della soggettività attiva anche all’altra condizione prevista dalla norma: orbene, la Corte di Cassazione ha, sul punto, optato per la seconda interpretazione e ha precisato che la nozione di “estraneità” alla pubblica amministrazione deve intendersi in senso ampio, tale da escludere non solo coloro che non siano inseriti nell’apparato organizzativo dell’amministrazione, ma anche coloro che, pur legati da un vincolo di subordinazione, non partecipino alla procedura di controllo delle erogazioni (Cass. Pen., Sez. VI, Sentenza 22 maggio 2015, n. 21494; Cass. Pen. Sez. VI, Sez. VI, 29 settembre 2005, n. 41178).

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Quindi se volessi confermare se è chiaro il concetto, potrei memorizzare nella mia mente che, il reato ai sensi dell’articolo. 316-bis del c.p., viene inteso come comune se considero solamente la natura del soggetto attivo che lo compie, privato o pubblico. Viene inteso come proprio, e quindi inserito nel capo I del titolo II del libro II del codice penale, non in considerazione del soggetto che compie il reato, quanto in considerazione del fatto oggetto del reato, e cioè la distrazione dei finanziamenti pubblici destinati a interesse pubblico, a prescindere dal soggetto, privato o pubblico (quest’ultimo non rientrante nel personale pubblico che eroga o controlla l’erogazione del finanziamento), dai cui il reato venga compiuto.
E potrei estendere questa interpretazione anche al reato ai sensi dell’art. 316-ter c.p.?

Buongiorno.
Anche il testo dell’art. 316-ter c.p. sancisce che “chiunque” commetta il descritto illecito viene punito: il reato di indebita percezione di erogazioni a danno della Stato è, dunque, un reato comune. Tuttavia, una parte (pur minoritaria) della dottrina ha sostenuto trattarsi di reato proprio, configurabile solo da chi consegua indebitamente l’erogazione.
Va comunque segnalato che il legislatore con la Legge Spazzacorrotti (L. 3/2019) ha aggiunto all’art. 316-bis c.p. il seguente periodo “La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri”.
Dunque, per quanto attiene al reato in esame la nuova normativa ha introdotto una forma aggravata e “propria”, che restituisce coerenza rispetto alla collocazione del reato in esame tra i reati propri dei pubblici ufficiali.

Lascio sotto un link utile per l’approfondimento della fattispecie.

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