Orari pubblici esercizi

Un ordinanza sindacale che interviene in materia di orari degli esercizi pubblici di somministrazione di alimenti e bevande deve avere forzatamente il carattere della contingibilta e l’urgenza ovvero una limitazione temporale che non vada a inificiare quella che è la normativa sulla liberalizzazione degli orari stessi, oppure puo avere regime ordinario?
Il nostro sindaco per ragioni di quiete pubblica e sicurezza urbana intende limitare apertura e chiusura sino a nuovo ordine.
Grazie per l’attenzione

In assenza della contingibilità ed urgenza, questo è possibile solo per zone tutelate (vincoli storici, architettonici, ecc.) ovvero soggette a fenomeni di maggior rischio criminale derivante dalla prolungata apertura delle suddette attività.
E’ pieno di ricorsi al TAR per annullamento di simili ordinanze generalizzate, prive di adeguata motivazione, sempre a discapito degli Enti Locali che le abbiano emanate.

La libertà d’impresa è un diritto tutelato dalla costituzione, paritario con altre tutele dei diritti della cittadinanza, dell’ambiente e del territorio. Pertanto, unicamente nei casi di tutela del bene pubblico e della salute dei cittadini si potranno ampliare i termini di efficacia delle ordinanze.

Non vedo bene la contingibile e urgente. E’ uno strumento che male si addice a disciplinare una questione ordinaria come gli orari dei pubblici esercizi. Il comune ha potestà regolamentare e può usarla previa adeguata motivazione riportante dati oggettivi e necessità di fato.

Prima del 2011/2012 il sindaco poteva emettere un’ordinanza degli orari basata su ragionevolezza. Dopo, occorre trovare una motivazione puntuale e circoscritta affinché intervenire in modo adeguato e non strabordante per risolvere il problema.

TAR Brescia n. 85/2019 – atto non motivato:

Ne discende che il provvedimento impugnato deve ritenersi privo di adeguata motivazione e del supporto necessario perché ai sensi delle vigente normativa e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea la rilevante limitazione all’esercizio dell’attività imprenditoriale possa trovare legittimo riconoscimento. Per tali ragioni esso deve essere caducato, in quanto in contrasto con le norme calendate e, in particolare:

- con la disposizione (art. 3 del d.l. 138/2011) che ha abrogato ogni indebita restrizione dell’esercizio dell’attività economiche, se non giustificata dalla protezione della salute umana, di cui non è, nella fattispecie, in alcun modo dimostrata la messa in pericolo;

- con il principio generale secondo cui anche la limitazione dell’orario di apertura deve fondarsi su specifiche esigenze di tutela della salute e/o dell’ordine pubblico;

- con il principio di proporzionalità della limitazione di derivazione comunitaria;

- nonché con la prescrizione del regolamento comunale che impone l’obbligo di perseguire la mitigazione del rumore e del disturbo, in modo da evitare che lo svolgimento dell’attività imprenditoriale “generi disturbo alla quiete pubblica”, adottando a tal fine le misure necessarie a prevenire la diffusione all’esterno della musica che, però, può ritenersi rilevante solo laddove sia in concreto accertato che essa può recare molestia agli abitanti più vicini.

Se del caso, il Comune avrebbe potuto, al più, imporre l’adozione di misure idonee a evitare che la musica sia percepita all’esterno, ma non anche incidere sull’orario di apertura.

Così accolta la domanda caducatoria, non sussistono i presupposti per il riconoscimento del risarcimento del danno originariamente richiesto, atteso che la stessa parte ricorrente, nelle proprie memorie, ha riconosciuto che la tempestiva sospensione degli effetti del provvedimento impugnato ha impedito il prodursi dei temuti effetti dannosi.


Per contro, TAR Toscana 243/2018 – il regolamento di Firenze per la tutela del centro è legittimo

… Va premesso che l’attività dell’amministrazione pubblica diretta a formulare norme generali ed astratte, atte a regolamentare una determinata attività, costituisce esercizio di ampia discrezionalità sfociante nel merito e può essere sindacata solo per manifesta irragionevolezza o travisamento.

I ricorrenti lamentano l’irragionevolezza di alcune previsioni che, a dire loro, sarebbero dirette non a fini di interesse generale bensì a colpire la loro stessa attività, con sviamento quindi del pubblico potere dallo scopo precostituito. Il Regolamento è finalizzato a contrastare l’abuso di sostanze alcoliche nel centro storico fiorentino ma prevede il divieto di vendita e vendita e trasporto di bevande alcoliche dalle ore 21 alle ore 6, e tuttavia negli stessi orari la vendita di alcolici è consentita se effettuata mediante servizio al tavolo. Inoltre la somministrazione di alcolici è ammessa fino alle ore 24 su spazi e aree pubbliche e fino alle ore 2 all’interno di locali.

Tale disparità di trattamento, che secondo i ricorrenti costituirebbe discriminazione vietata dall’articolo 11 del d.lgs. 59/2010, appare invece giustificata dallo scopo di prevenire sia l’abuso delle sostanze alcoliche sia fenomeni di schiamazzo notturno che disturbano il riposo. Gli esercizi di cui si tratta si caratterizzano per il fatto che vendono bevande alcoliche a chiunque intenda acquistarle (fatti salvi naturalmente i divieti di legge specifici, come per le persone minorenni) e gli acquirenti, effettuato l’acquisto, sono soliti consumarle per strada. Tale modalità da un lato, indubbiamente favorisce il consumo di alcolici al contrario di quanto avviene nei locali, ove l’esercente può, e anzi deve, esercitare un controllo affinché il consumo avvenga con modalità ragionevoli e non dannose sia per il consumatore che per i terzi. Appare quindi giustificata una disparità di trattamento nella previsione degli orari in cui è proibito vendere bevande alcoliche tra gli esercizi dei ricorrenti e quelli ove la somministrazione avviene all’interno di locali dedicati. Altrettanto dicasi per la differenza di orario laddove la somministrazione avvenga su spazi e aree pubbliche, ove non si pone un problema di disturbo della quiete pubblica.

Quanto all’asserito difetto di istruttoria, è nozione di comune esperienza il fatto che la restrizione degli orari in cui è consentita la vendita di alcolici può porre un freno al consumo degli stessi ed ai fenomeni di degrado, come schiamazzi e danneggiamenti, che ne derivano.

Sinceramente non riesco a capire. Si dice: motivare dettagliatamente ed in modo esaustivo etc. etc… Ma dimostrare che un determinato p.e. diffonde musica all’aperto tutte le sere sin a oltre le due del mattino non è sufficiente a far capire, desumere che così facendo si crea un danno alla salute dei soggetti percettori maggiormente esposti alla sorgente sonora?
Direi anche un danno economico perchè purtroppo molta gente è costretta a vendere casa per altrui azioni illecite mal gestite dallo stato e dai comuni. Ma non tutti si possono permettere il lusso di cambiare casa.
E’ un problema sottovalutato nonostante che alcuni episodi, purtroppo, hanno avuto come epilogo la lite e poi l’omicidio: ricordate il caso di Roma al Gianicolo? Ve ne potrai ricordare altri.
Suonare sino alla due del mattino tutte le sere in zona residenziale è cosa normale, lecita? A quell’ora ed all’aperto, c’è bisogno di misurare l’intensità sonora? lI disturbo alla quiete pubblica è o non è un reato di pericolo.
E’ stato persino riconosciuto il danno esistenziale da inquinamento acustico ossia ** una lesione della serenità personale dell’ individuo, un’alterazione del benessere psico - fisico dei normali ritmi di vita che si riflettono sulla tranquillità personale del soggetto danneggiato, incidendo sulle normali attività quotidiane e provocando uno stato di malessere psichico diffuso che, pur non sfociando in una vera e propria malattia, provoca, tuttavia,ansia , irritazione , difficoltà a far fronte alle normali occupazioni e , infine,depressione .
Si parla sempre di libertà economica come qualcosa di intoccabile, sacrosanto, inviolabile .
Il domicilio invece è violabile?
Molti dovrebbero imparare questo:
Svagarsi non in danno dei diritti di quiete, sicurezza, protezione dei giovani dalla degenerazione del divertimento ed a tutela degli interessi generali alla legalità, questo vuol dire turismo e sano divertimento.
Tali interessi non possono essere messi in discussione perché non minano la libertà economica, ma l’esaltano, l’arricchiscono e ne allungano la vita.
Sono questi valori non negoziabili, la cui tutela rafforza l’immagine di una vera e sana offerta turistica.

Concordo appieno, c’è una zonizzazione acustica comunale, se l’ordinanza dice solo di rispettare ciò che è una norma non ha senso ricorrere benché in taluni casi si possa poi, se I motivi sono anche altri bisogna valutare.

Alle due di notte è stato accertato da tecnici ARPA che il solo vocio, gli schiamazzi e le urla, diventano intollerabili poiché sono sufficienti a far superare il limite differenziale di tre decibel, tra rumore residuo e rumore intrusivo in ambiente abitativo.
Addirittura la Cassazione con sentenza n. 2757/2020 ebbe a pronunciare ciò:
Anche se il gestore del bar “rumoroso” ha fatto degli interventi per ridurre le emissioni sonore e riportarle nell’ambito dei limiti dettati dalla legge 447/1995 e relativi decreti attuativi, resta il divieto a usare gli spazi esterni a partire dalla mezzanotte. E soprattutto il principio della «normale tollerabilità» può prescindere dal rispetto dei limiti previsti dalla «normativa rilevante in materia».
Per la Cassazione, infatti, (sentenza n. 2757/2020) anche se le emissioni acustiche rientrano nei limiti normativi, possono comunque risultare intollerabili per le proprietà vicine.