Sentenza Corte Costituzionale n. 143/2025 – depositata il 07/10/2025
Superamento del vincolo di destinazione d’uso alberghiero per esigenze economico-produttive
Con ordinanza n. 24/2025, il TAR Liguria ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge della Regione Liguria 7 febbraio 2008, n. 1, come sostituito dall’art. 2, comma 4, della legge della Regione Liguria 18 marzo 2013, n. 4.
Con questo intervento normativo la Regione Liguria indica le condizioni necessarie affinché si possa modificare il vincolo di destinazione d’uso ad albergo. In sintesi:
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oggettiva impossibilità a realizzare interventi di adeguamento complessivo dell’immobile a causa dell’esistenza di vincoli monumentali, paesaggistici, architettonici od urbanistico-edilizi
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collocazione della struttura in ambiti territoriali inidonei allo svolgimento dell’attività alberghiera, con esclusione comunque di quelli storici, di quelli in ambito urbano a prevalente destinazione residenziale e di quelli collocati nella fascia entro 300 metri dalla costa
 
Il TAR rimettente, fra le altre considerazioni, centra la motivazione sul contrasto con l’art. 41 Cost. mettendo in luce come la norma regionale limiti in modo irragionevole e sproporzionato la libera iniziativa economica, imponendo una destinazione potenzialmente indeterminata anche quando la prosecuzione dell’attività non sia più conveniente. Da ciò, viene rilevato il potenziale contrasto costituzionale nella parte in cui tale norma non prevede come condizione sufficiente ai fini della rimozione del vincolo quella della insostenibilità economica dell’attività.
La Corte costituzionale riconosce la fondatezza della questione in ordine agli articoli 3 e 41 Cost. Fra le considerazioni leggiamo (in sintesi):
Sicuramente il vincolo di destinazione alberghiera mira a tutelare il settore turistico, strategico per l’economia nazionale e per l’occupazione salvaguardando la funzione di immobili essenziali per un equilibrato sviluppo del mercato ed è vero che il legislatore regionale può apporre restrizioni di carattere generale alla libertà di iniziativa economica privata. Tuttavia, può farlo a condizione che tali limiti corrispondano all’utilità sociale e alla protezione di valori primari attinenti alla persona umana e non si traducano in misure arbitrarie ed incongrue.
In questa prospettiva, il vincolo di destinazione, proprio per le finalità che persegue, non si può risolvere nella prosecuzione coattiva di un’attività economica, anche quando tale attività cessi di essere vantaggiosa.
Un vincolo di destinazione, concepito come tendenzialmente immutabile, non incide su profili circoscritti e secondari della libertà d’iniziativa economica privata, ma ne sacrifica il nucleo essenziale, in quanto preclude all’imprenditore la facoltà di adottare scelte organizzative qualificanti.
Nel disconoscere un appropriato rilievo alla sopravvenuta insostenibilità dell’attività, la disciplina regionale si rivela sproporzionata rispetto all’obiettivo di assicurare l’efficienza del mercato turistico e di salvaguardare tutti gli interessi, occupazionali e culturali, che gravitano attorno ad esso.
In quest’ottica, l’irrilevanza della sopravvenuta insostenibilità economico-produttiva, nell’ampio novero di ipotesi che esulano dalle fattispecie tipizzate dal legislatore regionale, stride con il principio di proporzionalità e svilisce quell’apprezzamento concreto e puntuale che la Carta fondamentale considera indefettibile per un vincolo di destinazione particolarmente incisivo.
In conclusione, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale della norma regionale impugnata nella parte in cui non consente ai proprietari degli immobili soggetti a specifico vincolo di destinazione d’uso ad albergo di presentare motivata e documentata istanza di svincolo, accompagnata dalla specificazione della destinazione d’uso che si intende insediare, nell’ipotesi di comprovata non convenienza economico-produttiva della struttura ricettiva.