Provvedimento di chiusura Money Transfer - Competenza

Il vigente “Regolamento Comunale per la tutela e il decoro del patrimonio culturale e delle attività del centro storico” vieta, tra l’altro, l’esercizio delle attività di “money transfer” nel perimetro del centro storico.
La Polizia Municipale ha accertato che un esercizio di vicinato esercita anche tale tipologia di attività, elevando sanzione pecuniaria per la violazione del regolamento.
Posto che l’esercizio dell’attività di money transfer non è assoggettato all’ottenimento di un titolo autorizzatorio di competenza del Comune, può comunque il Comune ordinare la cessazione immediata dell’attività, comunque non ammessa dal regolamento comunale? In caso di risposta affermativa, qual è provvedimento più idoneo?
Grazie, buon lavoro.

Questione molto, molto spinosa…

L’esercizio di un Money Transfer è subordinato solo all’iscrizione nell’Elenco degli agenti in attività finanziaria, di cui è competente l’Organismo degli Agenti e dei Mediatori (OAM), e i controlli specifici sulle modalità di gestione di queste attività sono demandati alla Guardia di Finanza e altre Autorità di vigilanza governative e finanziarie.

Alcuni Comuni hanno però inserito in un loro regolamento anche i Money Transfer tra le attività vietate in specifiche zone del territorio urbano per motivi di decoro.

Tralasciando tulle le questioni relative ad un possibile contrasto tra i suddetti divieti ed i principi di concorrenza e liberalizzazione delle attività economiche riconosciuti anche dalla legislazione nazionale, dal punto di vista operativo resta il problema di come agire di fatto nel caso di violazione ai regolamenti comunali citati (a parte la contestazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista).

Sul punto, la prima cosa da verificare è: se ha previsto dei divieti, il vostro regolamento comunale ha previsto anche le relative sanzioni - anche accessorie - da applicare?

Il regolamento, oltre a prevedere sanzioni pecuniarie, prevede la chiusura dell’esercizio o la cessazione dell’attività, equiparata ad attività esercitata senza titolo. Mentre per le attività vietate, ma che abbiano un titolo abilitativo di competenza comunale (ad esempio un esercizio di vicinato avviato per la vendita di merceologia vietata nel centro storico) non c’è dubbio sul tipo di provvedimento da adottare (un provvedimento di chiusura ai sensi della normativa regionale sul commercio), il dubbio riguarda il modus operandi da adottare su una attività che non è esercitata in ragione di una scia fatta al SUAP ma, appunto, in base a un titolo abilitativo non di competenza del Comune.

Purtroppo è il solito problema delle norme inserite dalla “parte politica” all’interno dei regolamenti comunali senza che ci sia una “parte tecnica” (responsabile della polizia locale? responsabile del SUAP?) che prima cerchi di chiarire il dubbio: “Sì, ma sotto l’aspetto giuridico come facciamo ad applicarle concretamente?”.
Per cui verrebbe da domandarsi: dov’era, questa “parte tecnica”, quando sono stati approvati questi divieti?

Nel caso specifico, gli articoli 50 e 54 del TUEL sul potere di ordinanza del sindaco non aiutano, né - verosimilmente - esiste una legge regionale che disciplini la localizzazione delle attività di money transfer (come invece accade in alcune realtà, ad esempio, per la nuova collocazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito).

La cosa più logica sarebbe l’emissione di un’ordinanza ai sensi dell’art. 7-bis del TUEL, che imponga la cessazione della sola attività di money transfer (e non la chiusura dell’attività principale di commercio di vicinato!), sulla base di quanto previsto dal vostro regolamento comunale.

Sul punto, però, mi pare doveroso sottolineare che secondo una parte della dottrina un regolamento comunale non potrebbe contenere sanzioni accessorie, proprio perché l’art. 7-bis del TUEL non le prevede, e alle violazioni previste dai regolamenti comunale dovrebbero applicarsi – salvo diversa disposizione di LEGGE – solo sanzioni amministrative pecuniaria da 25 euro a 500 euro.

Per questo motivo, oltre che per le ragioni che avevo già evidenziato (possibile contrasto tra i suddetti divieti ed i principi di concorrenza e liberalizzazione delle attività economiche), la questione sanzionatoria sarebbe passibile di ricorso. Ma tutto questo è un altro discorso.