Il part-time per i dirigenti pubblici è formalizzato solo in alcuni comparti (‘impegno ridotto’). Sulla fattispecie vi è la Sent. Cass. Civile sez. lavoro 01/09/2008 n. 22003. Tale orientamento però trovava riferimento nell’art. 5 del d.lg. n. 726/1984 poi abrogato con d.lgs. n. 61/2000. La materia è esclusiva competenza statale in quanto rientrante nell’ ‘ordinamento civile’ in cui è compresa la disciplina dell’orario di lavoro che, per quanto concerne la dirigenza, si fonda sull’auto responsabilizzazione (DFP 43784 del 02/07/2020). Resta da capire se il d.lgs. n. 165/2001 costituisce una mera legislazione di principio per le autonomie locali. Nel ccnl ‘Funzioni Locali dirigenti e segretari’ si afferma che il dirigente è tenuto alla presenza giornaliera e contestualmente che “il contratto di lavoro a tempo indeterminato e a tempo pieno costituisce la forma ordinaria di rapporto” (art. 67 co. 1) mentre “resta ferma la generale disapplicazione […] delle previgenti disposizioni in materia di regime di impegno ridotto” (art. 96 co. 3).
Nelle autonomie locali, è quindi possibile che un dirigente lavori a part-time?
Il Comune di Firenze lo ha vietato espressamente
peraltro estendendolo anche alle P.O. ed introducendo ulteriori limitazioni.
Favorevole alla applicazione vedi Cassazione (anche se datata ed in altro contesto)
https://www.altalex.com/documents/news/2008/12/14/dirigenti-e-contratto-di-lavoro-part-time
vedi anche
https://consulentidellavoro.mi.it/articoli-in-evidenza/il-dirigente-tra-normativa-e-giurisprudenza-levoluzione-della-figura-dirigenziale-nel-settore-privato/
La prassi ci mostra numerosi casi di dirigenti art. 110 part-time. Se così è allora si porrebbe un problema di disparità di trattamento verso eventuali divieti nei confronti di dirigenti di ruolo.
Personalmente non riesco a rinvenire ragioni LOGICO-SISTEMATICHE per vietare il part-time nei confronti del personale con qualifica dirigenziale