Puo' una societa' partecipata che svolge ristorazione collettiva ampliare propria attivita' con catering e ristorante aperto a tutti in locale mensa a destinazione non commerciale?

Buongiorno a tutti,
sottopongo una serie di quesiti di non facile interpretazione inerenti l’ampliamento dell’attività di ristorazione realizzata da una Società a partecipazione pubblica.
La società partecipata da diverse amministrazioni comunali attualmente è affidataria del servizio di ristorazione collettiva con utenti finali i dipendenti comunali e le scuole del territorio.
L’edificio dove si svolge il servizio mensa ( 230 mq di somministrazione) per i dipendenti comunali è pubblico e ha una destinazione urbanistica ad area attrezzata di interesse comune; nell’edificio è allocato il centro cottura dove sono preparati i pasti da somministrare ai dipendenti mediante servizio self service ed i pasti da somministrare agli alunni delle scuole, con servizio di sporzionamento presso i diversi plessi scolastici.
La Società vorrebbe espandere la propria attività mediante
avvio attività di catering per fornire il servizio in occasione di eventi privati e pubblici sia all’esterno ( presso il domicilio del consumatore) che all’interno della struttura medesima, utilizzando il centro cottura in orario diverso da quello della ristorazione collettiva, mettendo a disposizione uno spazio da poter sfruttare per occasioni pubbliche, eventi, cene a tema, attività culturali e culinarie.
avvio di attività di ristorazione che si apra ad utenti esterni solo in via marginale :si tratterebbe di un’attività marginale in quanto realizzata in un’ area delimitata e residuale rispetto all’area dove i dipendenti pubblici si siedono a pranzare. In questo caso l’attività commerciale “stabile” aperta a tutti sarebbe limitata solo al pranzo, delimitando un’area o alcuni tavoli a questa attività. Non sarebbe prevista la cena che invece chiaramente, non avrebbe questa caratteristica di marginalità sull’attività principale . L’attività “serale” potrebbe invece essere però inquadrabile, per eventi, iniziative o quant’altro, nella tipologia del “catering” ;
avvio di una attività di ristorazione a e propria che non abbia i limiti di cui al punto precedente, da svolgere in orario diverso da quello della ristorazione collettiva, con la difficoltà ivi connesse legate alla destinazione edilizia urbanistica e ai requisiti dei parcheggi come previsti dal regolamento comunale.
Sia per l’attività di catering che per l’attività di ristorazione marginale applicheremmo in via analogica la previsione dell’art. 99 comma 4 e 4 bis della legge 65/2014 che permette la coesistenza di due attività diverse nello stesso locale con destinazione edilizia urbanistica dell’attività prevalente, in questo caso a servizi di pubblica utilità.
Rimangono forti perplessità sulla ristorazione serale aperta a tutti in merito alla destinazione edilizia urbanistica del locale.
A vostro avviso è applicabile la previsione dell’art 99 comma 4 bis per avvio dell’attivita’ mediante scia catering e scia somministrazione alimenti e bevande aperta al pubblico in un’area limitata?
Vi ringrazio per il supporto.
Elisa

All’interno che cosa significa? Se somministra in locali propri non è catering ma ristorazione aperta la pubblico. In ogni caso, il catering, alias somministrazione al domicilio del consumatore, è un’attività commerciale. Quindi, da un punto di vista amministrativo nulla quaestio, basta fare la SCIA di catering, aggiornare la notifica ex Reg. CE 852/04 e aggiornare il piano di autocontrollo. Il problema e vedere se lo può fare da un punto di vista civilistico.

Come detto, il catering è la somministrazione al domicilio. Prassi vuole che Tizio prepari i cibi nel proprio laboratorio per poi andare presso il domicilio del cliente per approntare feste, rinfreschi e simili facendo in loco operazioni di rifinitura, porzionamento, cottura. Se il cliente si reca in locali aperti al pubblico, si tratta di normale ristorazione che necessita di una destinazione d’uso conforme. Qua entra in gioco il servizio comunale urbanistica che potrà verificare la compatibilità. Il fatto che sia limitata ai pranzi o che vi sia, in modo congiunto, attività di mensa, non aggiunge o toglie nulla al ragionamento. Anche in questo caso, da un punto di vista procedurale, si può reiterare quanto detto sul catering al netto dell’eventuale necessità autorizzativa (al posto della SCIA) in base alla ubicazione del locale e alla eventuale disciplina comunale ai sensi dell’art. 64 del d.lgs. n. 59/2010. Ah… vedi anche la questione della c.d. sorvegliabilità.

Le previsioni dell’art. 99 della LR toscana si applica là dove lo strumento urbanistico lo consente nel senso che se è vera la possibilità di utilizzare meno della metà della superficie utile, è vero anche che il relativo uso di quella parte deve essere consentito in quell’area. Ad esempio in area esclusivamente agricola, non è possibile dedicare neppure un metro quadro ad attività commerciale