Quali tutele per il Whistleblowing?

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Ritengo che la risposta corretta sia la B, atteso che, anche se nella risposta A si legge correttamente che va reintegrato il segnalante, poi si richiama erroneamente l’art. 13 del D.Lgs. n. 33/2013, che riguarda gli “Obblighi di pubblicazione concernenti l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni”.

L’art. 2 del D. Lgs. n. 23/2015 è una norma che ripropone quanto già previsto dalla precedente disciplina sui licenziamenti (art. 18 legge 300/1970), così come modificata dalla legge 92/2012 (c.d. Legge Fornero). In pratica, nel caso di licenziamento discriminatorio a norma dell’art. 15 dello Statuto dei Lavoratori (per motivi di religione, di sesso, di credo politico ecc.), nullo (licenziamento per motivo illecito), oppure intimato oralmente, quindi senza atto scritto, la sanzione resta invariata rispetto al precedente regime: reintegrazione nel posto di lavoro (salvo che il lavoratore chieda l’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità), più risarcimento del danno consistente in una indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, maturata dal licenziamento sino all’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito per lo svolgimento di altre attività; in ogni caso la misura non può essere inferiore a 5 mensilità. Inoltre il datore di lavoro è tenuto al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il periodo indicato.

Infine, mi piace ricordare che Whistleblower in inglese significa “soffiatore di fischietto”: il termine è una metafora del ruolo di arbitro o di poliziotto assunto da chi richiama e richiede l’attenzione su attività non consentite, ovvero illegali, affinché vengano fermate.

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