Questa è una questione interpretativa molto tecnica e sottile, che tocca il rapporto tra il vincolo di permanenza (art. 35, c. 5-bis, D.Lgs. 165/2001) e la disciplina della mobilità (art. 30, D.Lgs. 165/2001).
Sebbene il tuo ragionamento segua una logica condivisibile dal punto di vista del “buon senso” amministrativo, l’interpretazione prevalente in giurisprudenza e nella prassi della Funzione Pubblica tende a essere più rigida e restrittiva.
Ecco un’analisi dettagliata per punti del perché la tua interpretazione potrebbe incontrare ostacoli.
1. La natura del vincolo quinquennale (Art. 35, c. 5-bis)
La norma stabilisce che i vincitori di concorso devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. La ratio legis (lo scopo della legge) non è solo quella di coprire quella specifica sedia in quell’ufficio geografico, ma di garantire alla Pubblica Amministrazione che ha bandito il concorso un ritorno dell’investimento in termini di stabilità lavorativa e continuità dell’azione amministrativa.
2. Il “trasferimento interno” non cancella il vincolo
Il fatto che l’amministrazione abbia concesso un trasferimento interno (cambio di sede nello stesso Ministero) prima dei 5 anni viene solitamente visto come un atto di gestione interna che non ha il potere di abrogare una norma di legge imperativa (il vincolo dei 5 anni per la mobilità esterna).
Se passasse la tua interpretazione, si creerebbe un facile meccanismo elusivo (c.d. frode alla legge):
- Il dipendente ottiene un trasferimento interno “facile” (magari di pochi km o per esigenze di servizio) dopo 1 anno.
- Non essendo più nella “prima sede”, si riterrebbe libero dal vincolo.
- Chiederebbe subito mobilità esterna, vanificando lo scopo della legge che voleva bloccare i flussi in uscita dall’Amministrazione per 5 anni.
L’orientamento prevalente ritiene che il trasferimento interno sia una deroga “minore” (rimani comunque forza lavoro di quel Ministero), mentre la mobilità esterna è una perdita secca per l’ente, e quindi il blocco temporale dei 5 anni permane fino alla scadenza naturale, indipendentemente dalla sede fisica in cui ti trovi ora.
3. La differenza tra “Nulla Osta” (Art. 30) e “Vincolo di Legge” (Art. 35)
Qui sta il nodo cruciale del tuo quesito. Tu giustamente noti che, avendo superato i 3 anni, l’Art. 30 non richiede più il nulla osta (salvo i casi di infungibilità/carenza organico >20%).
Tuttavia, bisogna distinguere due piani:
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Piano della discrezionalità (Art. 30): Dopo 3 anni l’amministrazione perde gran parte del potere discrezionale di dire “no” (il nulla osta).
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Piano della legittimità (Art. 35): Il vincolo dei 5 anni è un requisito di legittimità a monte. Se non sono passati 5 anni dall’assunzione, non si può proprio attivare la procedura di mobilità volontaria, a prescindere dal fatto che serva o meno il nulla osta.
In sintesi: il vincolo dei 5 anni “paralizza” l’applicazione dell’Art. 30 fino allo scadere del quinquennio.
4. Esistono eccezioni?
Il vincolo dei 5 anni cade o diventa inopponibile solitamente solo in presenza di diritti soggettivi superiori costituzionalmente tutelati che sono sopravvenuti o che permettono deroghe specifiche, come ad esempio:
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Legge 104/1992 (art. 33, comma 5): Per assistenza a disabile in situazione di gravità.
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Ricongiungimento familiare (art. 42-bis, D.Lgs. 151/2001): Per figli minori di 3 anni.
Se il tuo trasferimento interno era avvenuto per una di queste cause “forti”, allora potresti avere argomenti validi per sostenere che il vincolo originale è già stato superato da un diritto superiore. Se invece il trasferimento interno è stato per “ordinaria” mobilità interna o esigenze di servizio, il contatore dei 5 anni continua a girare.
Conclusione e Sintesi
La tua lettura (“cambiata la sede, cade il vincolo della prima destinazione”) è rischiosa. L’interpretazione più sicura e diffusa è che:
Il vincolo quinquennale si applica alla permanenza nei ruoli dell’Amministrazione che ha assunto, e non decade per il solo fatto di aver ottenuto un cambio di sede interno.
L’amministrazione di appartenenza potrebbe legittimamente bloccare la mobilità esterna (o l’ente ricevente potrebbe rifiutarsi di procedere all’assunzione per non rischiare un atto nullo) eccependo che, nonostante i 3 anni di servizio e il cambio sede, non è ancora maturato il requisito temporale minimo di legge (5 anni) per lasciare il Ministero.