A fronte di ordinanza di sospensione immediata dell’attività, nei confronti di media struttura di vendita,  per mancanza rinnovo CPI antincendio fino prova dell’avvenuta conformazione dell’attività (e ripresentazione di SCIA antincendio), la media struttura di vendita non ha adempiuto e ha continuato a lavorare. Si è proceduto pertanto a successiva diffida ex art. 21-ter della L. 241/90 fissando tre giorni per l’adempimento pena l’apposizione dei sigilli.
Ora si chiede, in caso di forzatura degli stessi,  al netto del procedimento penale, si dovrà procedere alla revoca dell’autorizzazione dell’attività, ma, mentre il D.Lgs. 59/2010 preveda, per le attività di somministrazione di alimenti e bevande, specifica fattispecie qualora venga meno la rispondenza dei locali ai criteri previsti dal Ministero dell’Interno, non trovo invece il riferimento normativo per le medie strutture di vendita. L’art. 22 del D.lgs. 114/98 prevede la revoca per violazioni  in materia igienico-sanitaria ma non in tema di sicurezza. Come procedere?
Non trovi il riferimento normativo perché non esiste.
Sono consapevole che la mia opinione può non essere condivisa, ma mi chiedo in base a quale riferimento normativo avete adottato un’ordinanza per la sospensione dell’attività della media struttura di vendita (a meno che non sia prevista dalla vostra disciplina regionale).
Dovendo procedere urgentemente con un atto che imponesse la chiusura abbia optato per ordinanza di sospensione immediata dell’attività ex art.22 C. 2 del D.Lgs. 114/1998. Non abbiamo potuto però riportare la tempistica dei 20 giorni ma abbiamo subordinato la riapertura alla presentazione della documentazione antincendio in regola.
Non è facile districarsi tra le varie normative in vigore, ma nel caso specifico, non trattandosi di inosservanza in materia igienica e sanitaria (previste nello stesso articolo, comma 4 per le medie strutture di vendita), ci è sembrato l’unica via adottabile.
Quale sarebbe stato il procedimento corretto?
Ritengo che l’adozione di un’ordinanza di sospensione dell’attività ai sensi dell’art. 22/2° comma del D.L.vo 114/98 sia stata una scelta sbagliata (trattandosi di un provvedimento che prevedeva dei presupposti diversi da quelli del caso in questione) e per di più ora vi sta purtroppo portando in un ginepraio da cui vi sarà difficile districarvi…
Non conoscendo nei dettagli la vicenda, posso solo immaginare che sia nata a seguito di un accertamento dei VVF.
Sul punto (mancato rinnovo periodico di conformità antincendio, che configura l’ipotesi di reato di cui all’art. 20, comma 1, del D.L.vo 139/2006), si veda allora quanto disposto dal medesimo decreto:
- art. 16, comma 5: "Qualora l’esito del procedimento rilevi la mancanza dei requisiti previsti dalle norme tecniche di prevenzione incendi, il comando [inteso: il Comando Provinciale Vigili del Fuoco] adotta le misure urgenti anche ripristinatorie di messa in sicurezza…";
 - art. 19, comma 3: "Qualora nell’esercizio dell’attività di vigilanza ispettiva siano rilevate condizioni di rischio, l’inosservanza della normativa di prevenzione incendi ovvero l’inadempimento di prescrizioni e obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attività, il Corpo nazionale adotta, attraverso i propri organi, le misure urgenti, anche ripristinatorie, di messa in sicurezza…";
 - art. 20, comma 3: “Ferme restando le sanzioni penali previste dalle disposizioni vigenti, il prefetto può disporre la sospensione dell’attività nelle ipotesi in cui i soggetti responsabili omettano di: presentare la segnalazione certificata di inizio attività o la richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio (…). La sospensione è disposta fino all’adempimento dell’obbligo.”.
 
Il fatto che, come previsto dagli artt. 16 e 19, il Comando VVF “dà comunicazione dell’esito degli accertamenti effettuati ai soggetti interessati, al sindaco, al prefetto e alle altre autorità competenti, ai fini degli atti e delle determinazioni da assumere nei rispettivi ambiti di competenza”, non significa necessariamente che il sindaco (= il comune) abbia sempre e comunque degli atti e delle determinazioni da assumere nel SUO ambito di competenza…
Non bastasse questo, i VVF - che, ricordiamolo, sono agenti e ufficiali di p.g. nell’esercizio delle loro attività istituzionali - certamente non ignoravano che una media struttura di vendita è anche un luogo di lavoro e quindi quanto accertato li portava inevitabilmente nell’ambito del D.L.vo 81/2008:
- art. 14, comma 6: “Limitatamente ai provvedimenti adottati in occasione dell’accertamento delle violazioni in materia di prevenzione incendi, provvede il Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente. Ove gli organi di vigilanza o le altre amministrazioni pubbliche rilevino possibili violazioni in materia di prevenzione incendi, ne danno segnalazione al competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, il quale procede ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”.
 - art. 14, comma 7: “In materia di prevenzione incendi, in ragione della competenza esclusiva del Corpo nazionale dei vigili del fuoco prevista dall’articolo 46 del presente decreto, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.”
 
Anche nel caso in cui il vostro sindaco, sull’onda di quanto comunicato dai VVF…, avesse emesso un’ordinanza contingibile ed urgente per la sospensione dell’attività (ma NON E’ il vostro caso), occorre ricordare un particolare: per univoco e costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, un’ordinanza contingibile ed urgente può essere emessa solo qualora vi sia l’impossibilità o l’inutilità del ricorso agli strumenti ordinari previsti dalla legislazione vigente, a fronte della necessità di fronteggiare una situazione, non tipizzata dalla legge, di pericolo attuale e concreto; la sussistenza di tale pericolo deve emergere da un’istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, tali da giustificare la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi.