SCIA per esercizio di vicinato e invito a conformare

Buongiorno, ho un dubbio operativo riguardo all’applicazione dell’art. 19 della legge 241/90.
Un soggetto presenta al Suap una scia per nuova apertura esercizio di vicinato per il settore non alimentare. Effettuate le verifiche presso l’ufficio tecnico, è emerso che i locali del negozio non hanno la destinazione d’uso commerciale

Ho consultato sul forum diversi quesiti sull’argomento rilevando una sentenza del Tar del Veneto che afferma fra l’altro che "prima di notificare al destinatario questo provvedimento, la legge consente alla P.A. di adottare una diffida a regolarizzare l’attività, per renderla conforme alle norme, entro un termine che non deve essere inferiore a 30 giorni.

*Infatti prima dell’adozione del provvedimento repressivo o ripristinatorio l’amministrazione deve vagliare se esistono delle possibilità di conformazione dell’attività già intrapresa alle norme vigenti, e ciò, a differenza di quanto afferma l’amministrazione secondo cui spetta all’interessato proporre le modalità di conformazione, ben può discendere anche da attività suggerita dall’amministrazione stessa, la quale peraltro può anche escludere ogni possibilità di conformazione nel caso in cui sia appunto impossibile il raggiungimento di tale risultato.

Sempre in fase di istruttoria, l’ufficio tecnico mi fa sapere che occorre una valutazione approfondita per determinare se per i suddetti locali sia possibile il cambio di destinazione d’uso, in quanto devono verificare alcune norme e prescrizioni contenute nel P.R.G., nel piano di edilizia convenzionata, ecc. ecc . In pratica al momento non sappiamo se l’attività sia conformabile o meno.
Alla luce di quanto sopra si chiede se l’ufficio commercio debba emettere un provvedimento motivato di divieto di prosecuzione dell’attività per mancanza dei requisiti edilizi ed urbanistici ed in caso affermativo, se sia disponibile un fac simile di tale atto.
Grazie.

Se in fase di presentazione della SCIA il privato (in teoria) non è soggetto a un’espressione discrezione della PA, dato che è la legge a indicare quali requisiti occorrono così che lo stesso privato possa dichiarane il possesso, in fase di controllo di attività carente dei presupposti legali la PA riacquista una certa discrezionalità nel giudicare se un’attività sia conformabile o meno e, quindi, su quale provvedimento adottare.

A parere mio, come detto varie volte sul forum, occorre una valutazione di ragionevolezza tenendo conto le legittime aspirazioni del privato ma anche il necessario rispetto della legalità.

Un punto di vista potrebbe essere quello di considerare conformabile la carenza di un requisito facilmente ritrovabile e, per la mancanza del quale, al più è prevista una sanzione amministrativa (l’esercizio senza requisito è comunque sanzionabile). Quando viene meno una condizione necessaria di esercizio per la quale, in via ordinaria, è prevista l’inibizione dell’esercizio sempre e comunque (come in questo caso), a parere mio è bene andare verso il divieto o, usando la leva dell’attestazione non veritiera, verso la sospensione (nella SCIA è insita la dichiaraizone sul rispetto dei requisiti edilizi/urbanistici). Nel tuo caso, poi, la eventuale conformazione è agganciata agli esisti incerti di altre procedure.