SILENZIO RIGETTO ed OBBLIGO DI MOTIVAZONE

Buongiorno, non mi è chiaro il nesso tra l’obbligo di motivare il provvedimento amministrativo e l’istituto del silenzio-diniego. Facciamo un esempio: in caso di richiesta di accesso agli atti, passati i 30 giorni se l’amministrazione non risponde quel suo silenzio equivale a diniego dell’istanza. Ma come faccio a conoscere la motivazione obbligatoria per quella decisione, se questa è tacita? Da questo fatto ne consegue che, impugnando al TAR quel silenzio, inevitabilmente il giudice amministrativo dovrebbe condannare l’amministrazione a pronunciarsi circa la motivazione del diniego?
Grazie del chiarimento

Buongiorno Manuel,

la questione da te posta offre diversi spunti di riflessione, sul tema; infatti, diverse sono le opinioni dottrinali e giurisprudenziali, tra cui un’interessantissima pronuncia del Consiglio di Stato del 2019, la nr. 589.

In relazione all’assenza di motivazione nel caso di provvedimenti impliciti quali quelli che derivano dal silenzio significativo della PA, non può farsi discendere un vizio del medesimo.
Questo perché opera il meccanismo della motivazione per relationem, tale per cui il provvedimento implicito e/o il comportamento concludente della Pubblica Amministrazione si desume da atti amministrativi pregressi.

Si legge, infatti, che " (…) c) *é l’art. 3, che – legittimando espressamente la motivazione per relationem – autorizza a prefigurare l’eventualità che il supporto giustificativo di contegni circostanziatamente concludenti risulti da atti ****** amministrativi sottostanti, idonei a prefigurare una (necessaria) relazione di presupposizione".

Consiglio vivamente la lettura della sentenza, atteso che riesce in maniera egregia a declinare l’individuazione dei presupposti del provvedimento amministrativo implicito.

In particolare:

" la problematica del provvedimento amministrativo implicito si riduce, allora, alla prefigurazione delle sue condizioni di ammissibilità (ovvero dei presupposti di fatto idonei alla ricostruzione, in via inferenziale, della volontà tacita dell’amministrazione).
La giurisprudenza elaborata in materia pretende, sul punto (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, n. 2456/2018 cit.):
a) che debba pregiudizialmente esistere, a monte, una manifestazione espressa di volontà (affidata ad un atto amministrativo formale o anche ad un comportamento a sua volta concludente), da cui possa desumersi l’atto implicito: e ciò in quanto la rilevanza relazionale dei comportamenti
amministrativi deve essere apprezzata, in termini necessariamente contestualizzati, nel complessivo quadro dell’azione amministrativa;
b) che, per un verso, la manifestazione di volontà a monte provenga da un organo amministrativo competente e nell’esercizio delle sue attribuzioni e, per altro verso, nella stessa sfera di competenza rientri l’atto implicito a valle (non palesandosi, in difetto, lecita la valorizzazione del nesso di presupposizione);
c) che non sia normativamente imposto il rispetto di una forma solenne, dovendo operare il generale principio di libertà delle forme (arg. ex art. 21 septies cit.);
d) che dal comportamento deve desumersi in modo non equivoco la volontà provvedimentale, dovendo esistere un collegamento esclusivo e bilaterale tra atto implicito e atto presupponente, nel senso che l’atto implicito deve essere l’unica conseguenza possibile di quello espresso (non potendo attivarsi, in difetto, il meccanismo inferenziale di necessaria implicazione);
e) che, in ogni caso, emergano e factis (avuto riguardo al concreto andamento dell’iter procedimentale e alle effettiva acquisizioni istruttorie: cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1034/2018 cit.) gli elementi necessari alla ricostruzione del potere esercitato".

Sul tema, inoltre, L´atto amministrativo implicito

Buona lettura

Simona

Grazie Simona per la celere risposta! Capisco che la questione sia di non facile risposta per cui non appena potrò mi leggerò bene questa sentenza. Tuttavia, quando si dice che, per quanto concerne la motivazione del silenzio rigetto opera il meccanismo della motivazione per relationem la prima cosa che mi verrebbe da pensare è che la L.241/1990, per quanto riguarda la motivazione per relationem, l’atto richiamato deve essere indicato e reso disponibile per conoscenza dell’interessato… quindi il problema mi pare non risolversi in caso di un silenzio…