Sospensione dal servizio di una infermiera non vaccinata
Covid-19 – Vaccino – Infermiera non vaccinata – Sospensione dal servizio.
E’ inammissibile per carenza di interesse il ricorso proposto avverso provvedimento con il quale l’Ordine delle professioni infermieristiche ha disposto la sospensione dall’esercizio della professione di una infermiera che non ha effettuato il vaccino Covid-19, ai sensi dell’art. 4, comma 6, d.l. n. 44 del 2021, fino alla data del 31 dicembre 2021 oppure fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale, stante la natura non provvedimentale dell’atto (1).
(1) Ha chiarito il Tar che l’atto in questione è adottato in conformità all’art. 7, comma 4, d.l. n. 44 del 2021, secondo il quale: “La sospensione di cui al comma 6 è comunicata immediatamente all’interessato dall’Ordine professionale di appartenenza”. La legge impone all’ordine professionale cui l’interessato eventualmente appartenga un mero onere comunicativo, avente ad oggetto un atto adottato da altra amministrazione e, peraltro, già comunicato dalla stessa all’interessato (cfr. comma 6: “l’azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e … ne dà immediata comunicazione scritta all’interessato”).
L’ulteriore comunicazione da parte dell’Ordine professionale, se può rispondere ad esigenze di certezza, ulteriormente garantendo l’effettiva conoscenza della sospensione in capo al destinatario, non incide sulla produzione dell’effetto giuridico predeterminato ex lege, che consegue, solo ed esclusivamente, all’adozione dell’atto di accertamento (cfr. comma 6: “L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”).
Si tratta, del resto, di un’ipotesi “atipica” di sospensione, quanto a presupposti ed effetti ed estranea alle competenze dell’Ordine professionale in senso proprio. Essa, infatti: non ha finalità sanzionatoria ma precauzionale, quale misura di tutela della salute collettiva; non riguarda, proprio per questo, l’esercizio della professione in toto, ma solo “il diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2” (così, ad esempio, un medico, pur inibito a svolgere attività cliniche o chirurgiche, ben potrebbe essere impiegato in attività di laboratorio); non consegue, pertanto, all’esercizio di un potere disciplinare e quindi di un procedimento di valutazione in concreto della gravità di una condotta, ma è l’effetto rigidamente predeterminato ed automatico di un presupposto di fatto (l’inadempimento all’obbligo vaccinale, accertato dall’azienda sanitaria).
Proprio l’automatico prodursi dell’effetto sospensivo, del resto, spiega la natura altrettanto automatica del suo venir meno, che non richiede l’adozione di alcun atto (nemmeno con funzione accertativa), ma solo “l’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021” (art. 4, comma 9).