Sostituzione pena detentiva con pena pecuniaria

Buongiorno,
l’art. 71 comma 1 D.L. 59/2010 prevede che “Non possono esercitare l’attività commerciale di vendita e di somministrazione coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna a pena detentiva per uno dei delitti di cui al libro II, Titolo VIII, capo II del codice penale, ovvero per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, delitti contro la persona commessi con violenza, estorsione”;

Il successivo comma 3 dispone “Il divieto di esercizio dell’attività, ai sensi del comma 1, lettere b), c), d), e) ed f), e ai sensi del comma 2, permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata. Qualora la pena si sia estinta in altro modo, il termine di cinque anni decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza, salvo riabilitazione”;

In seguito a SCIA abbiamo provveduto alla verifica dei requisiti morali richiedendo il casellario giudiziale.
Dal casellario è emersa una condanna a reato citato nell’elenco previsto nel comma 3 di cui sopra.
Tale condanna era originariamente detentiva ed era stata comminata con sentenza irrevocabile nel dicembre 2012.
Successivamente, è stata disposta sostituzione della pena e l’intera reclusione è stata sostituita con la multa.
Infine, il 08/01/2024 il magistrato di sorveglianza con ordinanza ha rateizzato le pene pecuniarie.
Considerato quanto sopra, Vi chiediamo se la decorrenza del divieto di esercizio dell’attività ai sensi del comma 1, lettera c trovi applicazione anche al caso in cui la pena detentiva originariamente comminata sia stata sostituita con pena pecuniaria, in questo caso multa.
E, nel caso ci sia applicazione, da quando decorrono e quando si estinguono i cinque anni previsti dalla normativa suddetta?

Grazie mille, saluti

La Sostituzione della Pena Detentiva con Pena Pecuniaria: Novità e Implicazioni

CONTENUTO

La sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria rappresenta un’importante innovazione nel panorama giuridico italiano, introdotta per affrontare il problema del sovraffollamento carcerario e promuovere misure alternative all’incarcerazione. Questa possibilità è prevista per le pene detentive non superiori a quattro anni, come stabilito dall’art. 20 bis del Codice Penale (c.p.), che è stato recentemente modificato dal decreto correttivo n. 31/2024.

Un aspetto significativo di questa riforma è la riduzione del tasso minimo di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria, che è stato abbassato da 250 a 75 euro al giorno dalla Corte Costituzionale. Questa modifica ha l’obiettivo di rendere più accessibile la sostituzione della pena, facilitando l’applicazione di misure alternative per i condannati.

Tuttavia, è importante sottolineare che non tutti i reati possono beneficiare di questa sostituzione. I reati gravi, come quelli previsti dall’art. 4 bis della legge 26/1986, sono esclusi dalla possibilità di conversione. Inoltre, la mancata opposizione al decreto penale può influire sull’applicazione della pena pecuniaria o su altre misure alternative, come i lavori di pubblica utilità, che possono essere applicati in sostituzione della pena detentiva.

Le norme di riferimento principali per la sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria includono l’art. 20 bis c.p., l’art. 656 del Codice di Procedura Penale (c.p.p.), la legge 67/2014 sulla messa alla prova e il decreto legislativo 150/2022, che ha ulteriormente riformato il sistema sanzionatorio.

CONCLUSIONI

La riforma della sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria rappresenta un passo significativo verso un sistema penale più flessibile e umano. Essa mira a ridurre il sovraffollamento carcerario e a promuovere l’integrazione sociale dei condannati attraverso misure alternative. Tuttavia, è fondamentale che i dipendenti della pubblica amministrazione e i concorsisti pubblici comprendano le limitazioni e le condizioni di applicazione di queste norme.

IMPLICAZIONI PER IL DIPENDENTE PUBBLICO / CONCORSISTA

Per i dipendenti pubblici e i concorsisti, è essenziale conoscere le recenti modifiche legislative e le loro applicazioni pratiche. La comprensione delle norme relative alla sostituzione della pena detentiva può influenzare le decisioni quotidiane nell’ambito della giustizia e della gestione delle risorse umane. Inoltre, la capacità di applicare correttamente queste disposizioni può contribuire a una gestione più efficace delle misure alternative e a una riduzione del carico sulle strutture penitenziarie.

PAROLE CHIAVE

Sostituzione pena detentiva, pena pecuniaria, sovraffollamento carcerario, misure alternative, riforma sanzionatoria, diritto penale.

ELENCO RIFERIMENTI NORMATIVI

  1. Codice Penale, art. 20 bis.
  2. Codice di Procedura Penale, art. 656.
  3. Legge 67/2014 (Messa alla prova).
  4. Decreto Legislativo 150/2022.
  5. Legge 26/1986, art. 4 bis.

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1. La conversione della pena (Detentiva vs Pecuniaria)

La prima questione è se la sostituzione della pena detentiva in pena pecuniaria (multa) faccia venire meno il presupposto dell’art. 71 comma 1 (“condanna a pena detentiva”).

La risposta prevalente in giurisprudenza e nella prassi amministrativa è che il divieto trova applicazione. Sebbene la pena sia stata sostituita in sede esecutiva (o direttamente in sentenza), la “natura” della condanna originaria per quel tipo di reato (che rientra tra quelli ostativi elencati nel titolo VIII, capo II c.p. etc.) rimane il presupposto per la valutazione dei requisiti morali. La sostituzione è una modalità di esecuzione della pena, ma non cancella la gravità del fatto reato che il legislatore ha inteso sanzionare con l’impedimento all’attività commerciale.

Pertanto, la condanna, pur se sostituita da multa, costituisce causa ostativa.

2. Decorrenza e termine dei cinque anni (Il punto critico)

Qui risiede il nodo fondamentale per il vostro provvedimento. L’art. 71 comma 3 stabilisce che il divieto permane per cinque anni a decorrere:

  • Dal giorno in cui la pena è stata scontata.
  • Oppure, qualora la pena si sia estinta in altro modo (es. indulto, prescrizione della pena), dal passaggio in giudicato.

Analisi del caso specifico: Nel caso descritto, la pena detentiva è stata sostituita con una pena pecuniaria (multa). Giuridicamente, il pagamento della pena pecuniaria equivale all’aver “scontato” la pena.

Il fatto che il Magistrato di Sorveglianza abbia concesso la rateizzazione in data 08/01/2024 implica necessariamente che:

  1. La pena non è ancora stata interamente scontata (o lo è stata solo parzialmente).
  2. La pena è attualmente in fase di esecuzione.

Conclusione sui termini: Poiché il soggetto sta ancora pagando (o ha appena iniziato a pagare) la multa rateizzata, il termine quinquennale di “ripulitura” (i 5 anni di attesa) non è nemmeno iniziato a decorrere.

I 5 anni inizieranno a decorrere solo dal giorno in cui verrà pagata l’ultima rata della multa. Solo in quel momento la pena si potrà dire “scontata”.

Esempio pratico: Se l’ultima rata scade nel Gennaio 2025, il requisito morale si riacquisirà nel Gennaio 2030 (salvo intervenuta riabilitazione anticipata).

Sintesi per l’istruttoria

Alla luce di quanto sopra, ecco le risposte ai vostri quesiti:

  1. Applicabilità: Sì, il divieto di esercizio trova applicazione anche se la pena detentiva è stata sostituita con quella pecuniaria, in quanto il titolo di reato rimane ostativo ai sensi del comma 1.
  2. Decorrenza: I cinque anni decorrono dal giorno dell’avvenuto pagamento dell’intera pena pecuniaria (data in cui la pena si intende “scontata”).
  3. Stato attuale: Essendo in corso una rateizzazione disposta nel 2024, la pena non è ancora scontata. Di conseguenza, il soggetto è attualmente privo dei requisiti morali.

Come procedere (Proposta Operativa)

Il requisito morale non è posseduto. Non è possibile applicare il termine di decorrenza dal 2012 (sentenza) perché la pena è ancora in esecuzione (pagamento rateale).

Vi suggerisco di procedere come segue:

  1. Comunicazione di avvio del procedimento di diniego/divieto di prosecuzione attività: Motivate il provvedimento indicando che dal casellario emerge una condanna ostativa ex art. 71 c. 1 D.Lgs. 59/2010 e che, ai sensi del successivo comma 3, il periodo di inibizione non è ancora terminato in quanto la pena è attualmente in fase di esecuzione (rateizzazione del 2024) e non risulta “scontata”.
  2. Verifica della Riabilitazione: L’unica “salvezza” per il richiedente sarebbe l’aver ottenuto la Riabilitazione (art. 178 c.p.) dal Tribunale di Sorveglianza. L’art. 71 comma 3 chiude dicendo “salvo riabilitazione”. Tuttavia, la riabilitazione richiede che la pena sia stata scontata da almeno 3 anni. Essendo la pena in pagamento ora, è giuridicamente impossibile che abbia già ottenuto la riabilitazione penale.
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