SUAP e verifica della agibilità edilizia

SUAP e verifica della agibilità edilizia

APPROFONDIAMO IL TEMA

2 Mi Piace

Parto con la citazione di una sentenza che rappresenta l’orientamento prevalente - TAR Napoli n. 4448 del 04/07/2018. Il SUAP si rimette ala servizio comunale competente al fine della verifica.

La ricorrente impugna l’ordinanza […] con cui il Comune […], facendo richiamo a quanto già contestatole con l’atto di diffida alla prosecuzione dell’attività del […], le ha ingiunto l’immediata chiusura dell’esercizio commerciale esercitato in […] in relazione alla mancanza del certificato di agibilità dei locali presso i quali l’attività è svolta, da ultimo acclarata con verbale di accertamento del Comando di Polizia Municipale […]

Con un primo motivo di doglianza sostiene l’insufficienza a reggere il provvedimento del solo motivo formale della mancanza del certificato di agibilità, in mancanza di ragioni sostanziali di insalubrità, antigienicità o non agibilità dei locali, deducendo in tal senso l’illegittimità del diniego di autorizzazione commerciale motivato esclusivamente da ragioni urbanistico - edilizie, per le quali, nel caso di specie, sarebbe comunque in corso un procedimento di sanatoria. Con un secondo motivo di censura lamenta, altresì, la mancata comunicazione di avvio del procedimento.

[…]

Nel merito, il ricorso è infondato.

In via generale, deve osservarsi che, come recentemente ribadito dal giudice di appello in altra controversia concernente il Comune […], «secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale nel rilascio dell’autorizzazione commerciale occorre tenere presente i presupposti aspetti di conformità urbanistico-edilizia dei locali in cui l’attività commerciale si va a svolgere, con l’ovvia conseguenza che il diniego di esercizio di attività di commercio deve ritenersi senz’altro legittimo ove fondato […] su rappresentate e accertate ragioni di abusività dei locali nei quali l’attività commerciale viene svolta (cfr., tra le altre, Cons. Stato, IV, 14 ottobre 2011 n. 5537 e id., V, 8 maggio 2012, n. 5590). Il legittimo esercizio dell’attività commerciale è pertanto ancorato, non solo in sede di rilascio dei titoli abilitativi, ma anche per la intera sua durata di svolgimento, alla iniziale e perdurante regolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio dei locali in cui essa viene posta in essere, con conseguente potere-dovere dell’autorità amministrativa di inibire l’attività commerciale esercitata in locali rispetto ai quali siano stati adottati provvedimenti repressivi che accertano l’abusività delle opere realizzate ed applicano sanzioni che precludono in modo assoluto la prosecuzione di un’attività commerciale (cfr. Cons. Stato, VI, 23 ottobre 2015, n. 4880) [….] Tale conclusione trova del resto riscontro nel d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio) e succ. mod., il cui art. 7, relativo agli esercizi di vicinato, nella parte rimasta in vigore dopo le modifiche e le abrogazioni apportate con il d.lgs. n. 59 del 26 marzo 2010, impone al soggetto interessato il rispetto dei regolamenti edilizi e delle norme urbanistiche, oltre che di quelle relative alle destinazioni d’uso […]

Ancora sul piano generale, va ricordato che al presupposto del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche (oggetto della specifica funzione del titolo edilizio) si aggiunge quello del rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti che il certificato di agibilità aveva la funzione di attestare (art. 24 s. d.lgs. 380/01); ed al riguardo la giurisprudenza testé citata (C.d.S., sez. V, n. 3212/18) ha ribadito come «i diversi piani possano convivere sia nella forma fisiologica della conformità dell’edificio ad entrambe le tipologie normative sia in quella patologica di una loro divergenza” (così Cons. Stato, IV, 13 marzo 2014, n. 1220)».

Nel caso in esame, la mancanza del certificato di agibilità dei locali di svolgimento dell’attività risulta già alla base dell’atto di diffida del […], con il quale l’Ente territoriale ha contestato alla ricorrente il comportamento inerte dalla stessa tenuto ben oltre i termini concessi ai proprietari, a far data dall’approvazione del Piano urbanistico comunale, per regolarizzare la propria posizione amministrativa ed eliminare i vizi ostativi per il proseguimento delle loro attività.

Non consta che, nonostante ciò, da allora la ricorrente abbia provveduto a tanto, dotandosi del certificato di agibilità o di titolo equipollente. Si aggiunga che la stessa non ha fornito alcun inizio di prova di aver in corso altro procedimento finalizzato a regolarizzare l’aspetto in questione, concentrandosi piuttosto sulla tesi, che si è dimostrata infondata, della sostanziale irrilevanza della semplice mancanza del certificato di agibilità.

Constatata la carenza del presupposto, il Comune non avrebbe potuto fare altro che impedire lo svolgimento dell’attività commerciale mediante l’adozione di un provvedimento di natura doverosa e vincolata (cfr., ancora, C.d.S., sez. V, n. 3212/18 cit.), che, perciò, resiste anche alla censura di omessa comunicazione di avvio del procedimento.

[…]

Per queste ragioni, in conclusione, il ricorso dev’essere respinto.

Specificazione del Consiglio di Stato ricavabile dalla sentenza n. 3650 del 11/04/2023 – concetto di agibilità in generale

4.2. Quanto sopra premesso, è priva di fondamento l’affermazione dell’appellante secondo la quale il rilascio del certificato di abitabilità per il nuovo fienile avrebbe comportato il riconoscimento della conformità edilizia delle opere eseguite con il progetto concessionato.

4.3. Infatti, costituisce principio consolidato, costantemente ribadito da questo Consiglio di Stato, quello secondo cui il certificato di agibilità è finalizzato esclusivamente alla tutela dell’igienicità, salubrità e sicurezza dell’edificio e non è diretto anche a garantire la conformità urbanistico-edilizia del manufatto, con la conseguenza che la verifica di conformità edilizia effettuata a tal fine è svolta nei limiti necessari a inferirne l’assentibilità della agibilità; restando diverso e distinto il profilo della piena conformità edilizia in quanto tale, sul piano dei titoli edilizi, che non può ricavarsi da un incidentale accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza di agibilità (v. ex plurimis . Cons. Stato sez. III, 28 giugno 2019, n. 4457; Cons. St., sez. IV, 4 aprile 2019, n. 2216).

4.4. Il Collegio rileva inoltre che di fronte ad un’ordinanza di demolizione emessa dopo un lungo periodo di inattività del Comune, il privato non può invocare un legittimo affidamento, in quanto la giurisprudenza costante - con un principio ribadito anche dall’Adunanza Plenaria (17 ottobre 2017 n. 9) - ha escluso la rilevanza del passaggio del tempo per quanto riguarda l’adozione dei provvedimenti repressivi edilizi, negando che in tale materia si possa formare un affidamento tutelabile rispetto al perpetrarsi dell’abuso edilizio.

4.5. Il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, come correttamente rilevato dal Giudice di prime cure, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato, Sez. II, n. 23.08.2022, n 7371; Cons Stato Sez VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907), e non potendo l’interessato dolersi del fatto che l’Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (Cons. Stato, VI, 31 maggio 2013, n. 3010; Cons. Stato, VI, 11 maggio 2011, n. 2781).

3 Mi Piace