Subentro abusivo in attività di Hotel

Un tizio è titolare di una struttura ricettiva (Hotel) con annessa somministrazione di alimenti e bevande, anche nei confronti dei non alloggiati, che gestisce da diversi anni, sotto forma di società, della quale fa parte , per una piccola quota, anche questo comune.
Qualche mese fa “tizio” viene ricoverato per gravi problemi di salute, e allora suo figlio, all’insaputa dello stesso (tizio), ne approfitta per presentare allo SUAP la documentazione (SCIA) prevista per l’esercizio delle medesime attività a suo nome e nei medesimi locali, producendo firme e attestazioni false.azioni.
Intanto occorre dire che agli atti non risultano contratti di affitto o di comodato, né contratto di vendita a firma del padre (tizio) ai fini di un subingresso da parte del figlio.
Lo SUAP non si accorge di niente, (o quantomeno fa finta di non sapere niente della situazione creatasi) e quindi non emette alcun atto nei confronti di detto figlio.
Ora, al Comune è arrivato un esposto, a firma del genitore, (già titolare dell’attività di cui trattasi), e di altri soci facenti parte della società (compreso questo Comune), con il quale vengono denunciati i fatti accaduti e chiesta la revoca delle SCIA-autorizzazioni, ecc., rilasciate sulla base di domande e documentazioni false, predisposte dal predetto figlio con l’inganno, al fine di indurre in errore gli addetti all’istruttoria procedimentale di rito.

Per questa fattispecie di situazione creatasi, chiedo :
Quali provvedimenti occorre prendere nei confronti del figlio (tra l’altro legale rappresentante legale di una società diversa da quella rappresentata dal padre) e se ricorre il caso di comunicare il tutto alla procura della Repubblica?
Un caro saluto.

Il comune non può assurgersi a giudice ma deve attendere un giudizio o altro atto giudiziale cautelare ai fini di agire. Quando e se la SCIA del dichiarate sarà giudicata falsa si potrà dichiararla inefficace.
Se hai raccolto prove di falsità puoi fare la CNR

In queste cose bisognerebbe sempre avere una visione diretta e completa di tutti i dettagli, perché – come sovente accade – sono quelli che fanno la differenza.

A grandi linee, per quello che ci è dato capire, direi che nel caso in questione “convivono” due situazioni:

  • una falsa rappresentazione dei fatti, perché quello descritto dal figlio non poteva essere un subingresso in un’attività imprenditoriale, mancandone di fatto le condizioni giuridiche;
  • una presunta condotta di falsificazione materiale (le firme false) penalmente rilevante, per la quale sarà evidentemente necessario l’accertamento definitivo in sede penale, e quindi una sentenza passata in giudicato.

Sul punto, il Consiglio di Stato avrebbe stabilito che nel comma 2-bis dell’art. 21-nonies della L. 241/90 [“I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1…”] l’inciso “per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato” deve essere inteso come riferito al solo caso di falsa dichiarazione penalmente rilevante.
Nel caso invece di mera falsa rappresentazione dei fatti, per l’annullamento del provvedimento non sarebbe necessaria l’esistenza di una condanna penale passata in giudicato.
(Cons. Stato, sez. VI, 27 giugno 2018, n. 3940).

Mi rendo conto che la sentenza è un po’ complessa, ma forse il Comune, che tra l’altro sarebbe anche socio dell’impresa che gestisce l’hotel :roll_eyes: :sleepy: , potrebbe fare qualcosa di più che aspettare una possibile sentenza passata in giudicato che - in situazioni come queste – potrebbe anche non arrivare mai.

Sulla SCIA della sentenza citata da Marco, puoi vedere il TAR Bologna 363/2024 che riassume bene la questione:
… Secondo la consolidata giurisprudenza, che anche la Sezione condivide, il superamento del termine ragionevole (attualmente fissato in 12 mesi) per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela è ammesso in due ipotesi, e precisamente:
«a) nel caso in cui la falsa attestazione, inerenti i presupposti per il rilascio del provvedimento ampliativo, abbia costituito il frutto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante (indipendentemente dal fatto che siano state all’uopo rese dichiarazioni sostitutive): nel qual caso sarà necessario l’accertamento definitivo in sede penale;
b) nel caso in cui l’(acclarata) erroneità dei ridetti presupposti risulti comunque non imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all’Amministrazione ma esclusivamente al dolo (equiparabile, per solito, alla colpa grave e corrispondente, nella specie, alla mala fede oggettiva) della parte: nel qual caso - non essendo parimenti ragionevole pretendere dalla incolpevole Amministrazione il rispetto di una stringente tempistica nella gestione della iniziativa rimotiva - si dovrà esclusivamente far capo al canone di ragionevolezza per apprezzare e gestire la confliggente correlazione tra gli opposti interessi in gioco» (così, C.d.S., Sez. III, sentenza n. 3422/2020; nello stesso senso, ex plurimis, T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I ter, sentenza n. 3209/2022; T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV, sentenza n. 300/2022)…


Il problema per la PA è quando è di fronte a due versioni contrastanti poste da due soggetti in conflitto come (credo di aver capito) è il tuo caso. Come detto da Marco, i particolari possono fare la differenza

Il subingresso per atto tra vivi in un’attività imprenditoriale presuppone l’esistenza di un contratto tra “cedente” e “cessionario”: contratto di compravendita, donazione, usufrutto, comodato o affitto d’azienda redatto in forma pubblica o scrittura privata autenticata, depositato per l’iscrizione nel Registro delle imprese nel termine di 30 giorni dalla sottoscrizione.

Se tale contratto non esiste, direi che - a prescindere da eventuali condotte di falsità penalmente rilevanti, che potranno essere denunciate e saranno giudicate in altra sede - come minimo nel caso in questione ci sarebbe una falsa rappresentazione dei fatti da parte dell’asserito subentrante, che nella SCIA trasmessa alla P.A. ha descritto come “subingresso” quello che giuridicamente un subingresso non è…

Se invece il contratto esiste, ma esiste pure un contezioso tra le parti in merito alla sua validità, allora direi che la P.A. non può che rimettersi alle decisioni del Giudice.

Grazie mille per le risposte molto chiare.
Potreste cortesemente farmi avere copia della sentenza del TAR di Bologna n.363/2024, che non riesco a tirare fuori da Internet nonostante vari tentativi?
Cari saluti.

Carissimo Dottore,

un’ultima cosa vorrei mi spiegasse riguardante la sua prima risposta al presente quesito, laddove mi dice:

“Il comune non può assurgersi a giudice ma deve attendere un giudizio o altro atto giudiziale ai fini di agire. Quando e se la SCIA del dichiarante sarà giudicata falsa potrà dichiararla inefficace.
Se hai raccolto prove di falsità puoi fare la CNR”.-

Mi conferma quanto sopra? L’ufficio quindi non potrebbe procedere da subito all’annullamento d’ufficio delle SCIE abusive ai sensi dell’art. 21 nonies della L.241 del 1990, se prima non è stata emessa una sentenza di falso passata in giudicato? Se così è, occorre fare subito una denuncia alla Procura della Repubblica?
Non so se è chiara la mia domanda. Spero di si.
Intanto grazie mille e cordiali sluti