Buongiorno,
i novanti giorni di durata massima per l’apertura dei temporary store di cui all’art. 16 della L.R. Toscana n. 62/2018 sono da considerarsi continuativi, oppure possono essere conteggiati anche sommando ad es. aperture nel solo fine settimana?
Grazie
La regione non ha specificato ulteriori condizioni temporali rispetto al mero riferimento ai 90 gg intesi come limite massimo. Quindi non è vietato reiterare per “n” volte la scia per esercizio dell’attività temporanea (ogni volta dichiaro fino a 90 gg, magari cambiando prodotti). In ogni caso non si vedono sanzioni applicabili: all’art. 113 non è rammentato l’art. 16. lo stesso dicasi per considerare, o meno, i 90 gg in modo continuativo o spezzettato. Direi, quindi, che l’operatore può scegliere di fare i 90 gg in modo continuativo o spezzato e, inoltro, potrebbe reiterare la scia all’infinito.
Copio e incollo una sintesi che ho fatto quanche tempo fa sul vecchio forum OV
Colgo l’occasione, ad uso di tutti i lettori, per incollare una sintesi generale sulla fattispecie.
Con la LR n. 62/2018 (nuovo codice del commercio), la Regione Toscana ha introdotto nell’ordinamento interno una nuova fattispecie di esercizio del commercio al dettaglio, il “temporary store”.
Il legislatore regionale ha voluto ratificare una realtà già abbastanza diffusa, specialmente nelle grandi città .
Nelle definizioni di cui all’art. 13 della legge, i temporary store vengono definiti come gli esercizi di vicinato nei quali si svolgono temporanee attività di vendita.
All’art. 16 viene dettata la relativa disciplina. In sintesi:
- l’avvio dell’attività è soggetta a SCIA;
- nella SCIA deve essere indicata la durata dell’attività , che non può superare i novanta giorni;
- decorso il termine indicato nella SCIA, questa cessa di produrre effetti giuridici e non è necessario presentare la comunicazione di cessazione.
- l’attività può essere esercitata da:
- aziende di distribuzione;
- aziende produttrici in occasioni di eventi, ai fini della promozione del marchio, per la durata dell’evento.
- In occasioni di particolari eventi di rilevanza extra locale, finanziati direttamente o indirettamente da soggetti pubblici, il comune può dettare condizioni o limitazioni, qualora sussistano ragioni di prevalente interesse pubblico, per l’apertura di temporary store per un tempo non eccedente la durata dell’evento.
Alla luce di quanto riportato si possono fare delle considerazioni amministrative (tralascio il caso degli eventi).
Intanto si può² notare che non sono state dettate deroghe sui consueti requisiti edilizi/urbanistici previsti per gli esercizi di commercio al dettaglio. I temporary store sono esercizi commerciali di vicinato a tutti gli effetti, quindi con sup. di vendita fino a 300 mq e con destinazione d’uso commerciale.
Non sono indicate condizioni per l’uso dell’insegna “temporary store”. All’art. 113 non è prevista la sanzione per le violazioni dell’art. 16.
Il mero riferimento (senza ulteriori condizioni) alle “aziende di distribuzione” indica una tipologia di impresa assai generica che, di fatto, rappresenta una condizione di scarsa rilevanza. A livello legale non esiste una definizione univoca e precisa di azienda di distribuzione. In tale tipologia, se pensiamo all’ordinamento giuridico in generale e alla relativa dottrina, posso essere comprese tutte le aziende che svolgono attività commerciale al dettaglio e all’ingrosso. La prima fattispecie che viene alla mente pensando al termine “distribuzione” è quella rappresentata dall’acronimo “GDO”: grande distribuzione organizzata. In questa ipotesi di distribuzione sono comprese le grandi aziende che operano tramite supermercati, centri commerciali ecc. Accanto alla GDO possiamo considerare poi, qualsiasi altro tipo di “distribuzione”: piccola o grande che sia, organizzata o meno, al dettaglio o all’ingrosso (per quanto non rilevi a livello giuridico, vedi: Distribuzione commerciale - Wikipedia )
Che la condizione “aziende di distribuzione” sia un quid insignificante lo si potrebbe anche dimostrare, in modo più sottile, rilevando che qualsiasi imprenditore, nel momento che presenta una SCIA per esercizio di vicinato, diventa, necessariamente, un’azienda che opera nel settore della “distribuzione” al dettaglio (magari in via non prevalente ma la Regione non detta condizioni di prevalenza o quantitative assolute).
Analoghe considerazioni possono essere effettuate sulla condizione dei 90 giorni. la regione non ha specificato ulteriori condizioni temporali e quindi non è vietato reiterare per “n” volte la scia per esercizio dell’attività temporanea (ogni volta dichiaro fino a 90 gg, magari cambiando prodotti). come già detto, in ogni caso non si vedono sanzioni applicabili. lo stesso dicasi per considerare, o meno, i 90 gg in modo continuativo o spezzettato. direi, quindi, che l’operatore può scegliere di fare i 90 gg in modo continuativo o spezzato e, inoltro, potrebbe reiterare la scia all’infinito.
Andando su considerazioni di carattere generale posso aggiungere che il tentativo di disciplinare la fattispecie da parte della regionale è sicuramente meritevole. Tuttavia, ne è uscita una norma poco apprezzabile dal punto di vista tecnico/amministrativo e questo porta sicuramente a problemi interpretativi e applicativi.
Il temporary store era una realtà già diffusa prima della LR 62/2018. Nell’ordinamento statale e regionale sul commercio al dettaglio non esistono limitazioni temporali all’esercizio del commercio al dettaglio (lo stesso dicasi per gli obblighi di iscrizione in CCIAA relativamente alle sedi operative). La prassi consolidata voleva che Tizio presentasse una “normale” SCIA per esercizio di vicinato e, dopo tot giorni, procedesse alla comunicazione di cessazione, questo a prescindere se nell’insegna fosse usata o meno l’espressione “temporary”. Infatti, nessuna norma disciplinava e disciplina (neppure la LR 62/2018) l’uso dell’insegna “temporary” in abbinamento ai termini shop, store e simili. Qui mi riallaccio a quanto, INVECE, viene disposto sugli OUTLET. Nel caso dell’outlet la regione prevedere delle sanzioni precise per l’uso improprio della parola “outlet”.
Potremmo, semmai, sindacare il riferimento alla temporaneità anche per fattispecie diverse da quelle che la Regione ha tentato di disciplinare con l’art. 16 citato. Casomai, su questo ultimo punto, si potrebbero (forse) fare osservazioni di illegittimità per quella ipotesi rappresentata da un soggetto che avviasse un normale esercizio di vicinato esercitando poi l’attività ad intermittenza (apre al pubblico un mese, poi sta chiuso il mese successivo e così via). Di certo questa ipotesi è consentita dalla legge vista anche la generale libertà in materia di fissazione dell’orario e dei giorni di chiusura (la LR prevede la decadenza dell’abilitazione in caso di sospensione dell’attività per più di 12 mesi consecutivi quindi, se Tizio osserva periodi di sospensione minori di 12 mesi non subisce conseguenze). Tuttavia, questa ultima ipotesi sarebbe da inquadrare in un normale esercizio di vicinato (con aperture sui generis) piuttosto che nell’ipotesi del temporary store. Per essere un temporary store occorre una SCIA che abilita per 90 gg e che, abbiamo visto, può essere reiterata. Ma anche in caso dell’esercizio di vicinato con orari sui generis, sarebbe possibile la sanzione per l’uso dell’insegna con il riferimento al concetto di temporaneo? No, non vedo sanzioni applicabili. Per il principio di "legalità , occorre che l’ipotesi sanzionatoria sia prevista in modo esplicito e, un esempio, è rappresentato proprio dall’outlet.