Torrefazione, Somministrazione senza sosta Suap e ASL

Egregio Dott. Chiarelli,

Sono titolare di un’impresa artigianale iscritta all’albo, nello specifico una Torrefazione Artigianale di Caffè, in Abruzzo.

Al momento nel mio laboratorio, separatamente e nel rispetto di tutte le norme igienico sanitarie, ho un punto vendita del mio caffè e di somministrazione al pubblico del solo caffè.

Sto spostando il mio punto vendita in un locale più centrale ed in un punto di maggiore passaggio e, in virtù di questo, ho intenzione di ampliare la mia offerta rimanendo sempre nell’ambito del caffè.

Il nuovo locale è dotato di laboratorio, con bagno ed antibagno per il personale poiché precedentemente vi era una gelateria e prima ancora una pasticceria, ma non di bagno per la clientela.

Sul davanti ho intenzione di effettuare somministrazione senza servizio al tavolo (solo con banco, mensole e sgabelli) con regolare Scia.

Le specifico che la somministrazione sarà relativa ai soli prodotti a base caffè (caffè, cappuccino, frappè al caffè, bevande al caffè) per rimanere nell’ambito del mio prodotto artigianale ed eventualmente di qualche pasticcino prodotto da terzi o da me con regolare scia per pasticceria grazie al laboratorio. Ulteriormente le segnalo anche che ho già autorizzazione alla vendita di alcolici (perché produco con un liquorificio un liquore col mio caffè) e di vendita di alimenti perché in inverno e a Natale vendo cioccolate artigianali e panettoni confezionati)

Il regolamento del Comune di Castel di Sangro non prevede nulla relativamente alla necessità dei bagni al pubblico e, a mio parere la somministrazione senza sosta è possibile senza impedimenti.

Il responsabile dell’ufficio tecnico mi ha detto che a suo parere, viste le specifiche che ho indicato e visto che so tratta di impresa artigianale, non è necessaria. La ASL ritiene invece che, poiché c’è la presenza di macchina da caffè si rientra nella somministrazione e, dato ciò, la necessità del bagno al pubblico. Stesso parere della polizia municipale.

A quali norme posso appellarmi per avere certezza di non incorrere in sanzioni o eventuali chiusura?

Ringraziandola anticipatamente per la sua disponibilità le porgo i miei cordiali saluti.

Direi che la nuova unità locale è un esercizio commerciale e non artigianale. Il confine è incerto ma, tendenzialmente, si può rimanere nell’esercizio artigianale con vendita diretta quando l’artigiano vende solamente ciò che produce e lo fa nei locali di produzione o attigui.

Nel tuo caso mi sembra che sfoci in un’ipotesi diversa. Detto questo, l’unità locale può configurarsi come esercizio del commercio al dettaglio oppure come esercizio della somministrazione (bar o simili). Nel primo caso si può usufruire della c.d. somm.ne non assistita (vedi qua un commento di qualche tempo fa: http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=51026 ) che, in base alla legge, è una facoltà che ricade ex lege nella sfera giuridica del commerciante al dettaglio senza bisogno di altre abilitazioni. Il problema, in questo caso, è trovare i limiti della somm.ne non assistita. La ASL si allinea alla prassi dominante per la quale, la macchina del caffè è una prova che siamo di fronte alla somm.ne ASSISTITA. In effetti la fattispecie sembra un BAR.

in estrema sintesi, se l’esercizio fosse giudicato BAR dall’amm.ne comunale allora occorre una abilitazione come tale e un bagno per gli avventori; se fosse giudicato commercio al dettaglio con somm.ne non assistita, allora basterebbe la SCIA per esercizio di vicinato. In questo caso il bagno (a meno di norme comunali esplicitamente indicanti) non occorrerebbe.

In ogni caso, unitamente alle abilitazioni commerciali, occorre la SCIA sanitaria ex Reg. CE 852/04

Questa è la chiave di lettura sintetica. resta inteso che occorrerebbe studiare il caso nello specifico. Parla con il tuo SUAP. L’autorità competente per indicare o l’una o l’altra strada è il comune e non la ASL. La ASL è chiamata a controllare le sostanziali condizioni di igienicità ma la classificazione amministrativa spetta al comune.

Per curiosità, dato che al momento esercitate l’attività senza problemi nella configurazione di servizi esistenti, per quale ragione avete scelto per trasferirvi una U.I. differente che in apparenza vi costringe a dover adattare le modalità di esercizio alle limitazioni esistenti?

Questo potrebbe anche causare un impatto negativo sulla clientela, dovendo comparare in negativo i servizi fruiti nei precedenti locali, rispetto ai nuovi.

Comunque, da come viene descritta l’attività da esercitarsi, non avrei dubbi ad accettare totalmente le indicazioni ASL e PM; in quanto ipotizza un elevato afflusso di utenza (definita senza sosta) ed utilizzando apparecchi industriali per caffè.

Grazie della risposta.
Relativamente al Suap, il responsabile, viste tutte le note ed i riferimenti che ho portato in visione, mi ha già segnalato che a suo parere non vi sono impedimenti e considera la somministrazione senza sosta( e quindi senza assistenza) realizzabile anche senza servizi igienici al pubblico. Lo scrupolo rimane poichè nel momento in cui la Asl fa una segnalazione al comune per l’assenza dei servizi al pubblico e l’autorità preposta al controllo (polizia municipale) ritiene necessaria la presenza dei servizi posso incorrere in un sanzione.
Nel tentativo di ovviare a ciò to preparando una memoria da allegare alla pratica Suap con tutti i riferimenti a supporto della mia tesi.

Relativamente alle motivazioni, queste sono puramente commerciali in quanto si tratta di una U.I. in una via di maggiore passaggio e visibilità.
Personalmente, ed a sostegno della mia tesi, segnalo che la legge quadro per l’artigianato stabilisce che " artigiana l’impresa che, esercitata dall’imprenditore artigiano nei limiti dimensionali di cui alla presente legge, abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un’attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazioni di servizi, escluse le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo il caso che siano solamente strumentali e accessorie all’esercizio dell’impresa ". Capisco la considerazione relativa all’utilizzo di macchine industriali per caffè (anche se dalle norme andrebbe chiarito questo “industriali”), ma non può essere una discriminazione il fatto che il mio prodotto è unicamente preparato con tali macchine. Se pensiamo ad un’impresa artigiana come una pizzeria al taglio allora posso essere d’accordo sulla discriminante della macchina da caffè poichè il prodotto con essa preparato non è tipico dell’attività principale (e quindi sarebbe acquistato da altre aziende), ma nel mio caso parliamo di una torrefazione di caffè e dovrebbe essere sposato il paradosso che mi è vietato vendere il mio prodotto.