[Toscana] Inibizione all'apertura di nuovo esercizio commerciale o pubblico esercizio

Buongiorno,

Pongo una casistica curiosa: da vari anni, continuativamente, un pubblico esercizio perdura nell’essere ripetutamente sospeso nei medesimi periodi dell’anno dalla locale Questura a causa di fatti violenti. Il legale rappresentante l’attività rimane il medesimo e la situazione non varia.

L’art. 10 del TULPS consentirebbe la revoca del titolo autorizzativo l’esercizio dell’attività, tuttavia il medesimo soggetto potrebbe chiaramente ritrasmettere nuova SCIA ed avviare nuovamente il tutto senza mutare la situazione di fatto all’origine del problema, trattandosi di area non sottoposta a tutela ovvero a limitazione delle aperture di questo tipo di attività commerciale.

Riprendendo una passata discussione in merito, viene in mente l’ipotesi di poter utilizzare il predetto art. 10 del TULPS al fine di sospendere l’attività con cadenza annuale ripetuta, nei soli periodi dell’anno ad oggi interessati dai fatti violenti accertati.

Idealmente questo garantirebbe una proporzionalità dell’interdizione, in quanto i fatti accertati risultano reiterarsi in più annualità ma nei medesimi periodi dell’anno che sarebbero oggetto di sospensione.

Riterrei questa opzioni più facilmente attuabile da una P.A. rispetto ad una generalizzata inibizione nominativa all’esercizio dell’attività in capo al legale rappresentante ai sensi dell’art. 11 del TULPS (negando la validità dell’autorizzazione ora SCIA) qualora, a prescindere dai fatti accertati, il legale rappresentante l’attività non risulti delinquente abituale ovvero nelle casistiche specifiche richiamate nel predetto art. 11 del TULPS.

Considerate questa valutazione corretta, oppure esiste un istituto migliore da adottare in simili situazioni al fine di risolvere un simile problema che continua a reiterarsi?

Se l’attività del locale è stata più volte sospesa dalla questura ai sensi dellart. 100 TULPS, cioè per motivi di pubblica sicurezza e non per abuso dell’autorizzazione, personalmente come Comune non farei nulla.
D’altra parte, sul punto può essere la stessa questura - nel caso di reiterazione dei fatti violenti - a revocare la licenza del locale sempre ai sensi dell’art. 100.

Certo, ma come già indicato questo non impedisce la reiterazione dei reati ovvero il perdurare della situazione di rischio. La definizione di “abuso” ai sensi dell’art. 10 è volutamente ampia, trattandosi di normativa del 1931; pertanto anche il permettere che il locale perduri nell’essere un centro di aggregazione per la realizzazione di condotte illecite ovvero rischiose per la pubblica incolumità costituisce un abuso.

La revoca non è mai definitiva, in quanto il titolare potrà in qualsiasi momento riaprire mediante SCIA. Non pare plausibile interdire nominalmente il soggetto ad esercitare attività commerciale, qualora non sia criminale abituale ovvero ricompreso nelle condizioni richiamate ai sensi dell’art. 11.

Pertanto l’unica opzione attuabile parrebbe una sospensione periodica; a meno che non esista un istituto ulteriore che pare al momento sfuggire.

Se le situazioni contestate riguardano problemi di ordine e/o di sicurezza pubblica, eventuali provvedimenti di sospensione o revoca della licenza sono rimasti di competenza esclusiva della Questura.
Capisco che con una nuova Scia il titolare potrebbe tentare di eludere il provvedimento di revoca disposto dalla Questura (art. 100), così come quello che potrebbe essere disposto dal Comune per abuso dell’autorizzazione (art. 10), ma quando la problematica è relativa a ordine / sicurezza pubblica la soluzione dovrebbe essere trovata dalla Questura.
Può essere utile dare un’occhiata alla circolare del Capo della Polizia del 17/7/2019.

Aggiungo che non può esistere una “sospensione periodica” in via preventiva, cioè prima che si verifichino i fatti violenti che la giustificherebbero…