Buongiorno,
Pongo una casistica curiosa: da vari anni, continuativamente, un pubblico esercizio perdura nell’essere ripetutamente sospeso nei medesimi periodi dell’anno dalla locale Questura a causa di fatti violenti. Il legale rappresentante l’attività rimane il medesimo e la situazione non varia.
L’art. 10 del TULPS consentirebbe la revoca del titolo autorizzativo l’esercizio dell’attività, tuttavia il medesimo soggetto potrebbe chiaramente ritrasmettere nuova SCIA ed avviare nuovamente il tutto senza mutare la situazione di fatto all’origine del problema, trattandosi di area non sottoposta a tutela ovvero a limitazione delle aperture di questo tipo di attività commerciale.
Riprendendo una passata discussione in merito, viene in mente l’ipotesi di poter utilizzare il predetto art. 10 del TULPS al fine di sospendere l’attività con cadenza annuale ripetuta, nei soli periodi dell’anno ad oggi interessati dai fatti violenti accertati.
Idealmente questo garantirebbe una proporzionalità dell’interdizione, in quanto i fatti accertati risultano reiterarsi in più annualità ma nei medesimi periodi dell’anno che sarebbero oggetto di sospensione.
Riterrei questa opzioni più facilmente attuabile da una P.A. rispetto ad una generalizzata inibizione nominativa all’esercizio dell’attività in capo al legale rappresentante ai sensi dell’art. 11 del TULPS (negando la validità dell’autorizzazione ora SCIA) qualora, a prescindere dai fatti accertati, il legale rappresentante l’attività non risulti delinquente abituale ovvero nelle casistiche specifiche richiamate nel predetto art. 11 del TULPS.
Considerate questa valutazione corretta, oppure esiste un istituto migliore da adottare in simili situazioni al fine di risolvere un simile problema che continua a reiterarsi?