TUPI e contrattazione collettiva

Buongiorno a tutti!
Perché nel Tupi all’art 40 dice che sono escluse dalla contrattazione collettiva le materie oggetto di partecipazione sindacale e all’ art9 dice che i ccnl disciplinano modalità e istituti di partecipazione sindacale?

Buonasera.

Occorre innanzitutto premettere che la riforma Madia ha inciso particolarmente sulle materie oggetto di contrattazione collettiva.

La nuova formulazione dell’art. 40, comma 1 , recita che «La contrattazione collettiva disciplina il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali e si svolge con le modalità previste dal presente decreto»

Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio e della mobilità, la contrattazione è consentita «nei limiti previsti dalla legge» (rispetto alla formulazione del 2009 sparisce il riferimento alle «progressioni economiche») , restano precluse all’autonomia collettiva, oltre alle sette materie riservate dalla legge delega n. 421/1992 , quelle attinenti:

a) all’organizzazione degli uffici e alla partecipazione sindacale ai sensi dell’art. 9;

b) alle prerogative dirigenziali ai sensi degli artt. 5, comma 2, 16 e 17;

c) al conferimento e alla revoca degli incarichi dirigenziali.

Uno dei punti di cesura tra il sistema contrattuale privato e quello pubblico-pri­vatizzato emerge nella netta separazione tra la contrattazione collettiva e le altre forme di partecipazione sindacale.

Il legislatore sottrae all’autonomia collettiva le materie oggetto di partecipazione sindacale che, ai sensi degli artt. 5 e 9, sono però previste dagli stessi contratti collettivi di livello nazionale (l’art. 9, infatti, dispone che «i contratti collettivi nazionali disciplinano le modalità e gli istituti della partecipazione»).

Tale esclusione, peraltro, desta qualche perplessità; la sua ratio è individuabile nel fatto che la partecipazione trovi il proprio àmbito di attuazione nelle singole amministrazioni e, quindi, si troverebbe a concorrere con la contrattazione decentrata, nei cui confronti, come già accennato, il legislatore - a differenza del settore privato - guarda con molta diffidenza .

Concludo evidenziando che il d.lgs 75/2017 ha modificato il rapporto tra legge e contratto nazionale collettivo di lavoro come fonte del rapporto di lavoro pubblico.

La riforma è un ripensamento di quanto era stato deciso col d.lgs 150/2009, che aveva ristretto di molto il potere negoziale pattizio, stabilendo che i contratti collettivi nazionali di lavoro potessero derogare alle leggi solo qualora queste lo consentissero espressamente.

Con le modifiche apportate all’articolo 2, comma 2, del d.lgs 165/2001 si prevede, invece, la generale possibilità dei contratti collettivi nazionali di derogare alle norme di legge anche già vigenti, invertendo le previsioni della riforma Brunetta.

Tuttavia, l’ampliamento della portata della fonte contrattuale nazionale collettiva è di portata molto inferiore alle apparenze.

Infatti, l’articolo 2, comma 2, stesso, del d.lgs 165/2001 contiene tre potentissime limitazioni all’autonomia pattizia:

  1. la qualificazione delle disposizioni contenute nel d.lgs 165/2001 come “disposizioni a carattere imperativo”, da cui deriva la nullità ex lege di ogni disposizione contrattuale che le vìoli; in sostanza, dunque, il potere di deroga conferito alla contrattazione nazionale collettiva riguarderà tutte le leggi sul lavoro pubblico diverse dal d.lgs 165/2001;

  2. il potere di deroga si limita alle sole materie affidate alla contrattazione collettiva dall’articolo 40, comma 1, del d.lgs 165/2001, cioè disciplina del rapporto di lavoro e relazioni sindacali;

  3. il potere di deroga comunque non può andare oltre i principi fissati dal d.lgs 165/2001.

La presenza di questi fortissimi limiti si evidenzia subito come un potenziale gravissimo problema attuativo, perché espone ogni contratto collettivo nazionale di lavoro ad un forte contenzioso, relativo alla corretta estensione del potere di deroga.

La riforma, inoltre, specifica ulteriori competenze espressamente demandate alla contrattazione nazionale collettiva, evidenziate nella tabella che segue. Particolarmente rilevanti sono le materie della revisione della gestione dei fondi per il salario accessorio (articolo 23 del d.lgs 75/2017) e della differenziazione della valutazione (articolo 19 novellato del d.lgs 150/2009).

Sperando di avere fugato ogni dubbio , auguro buona lettura.

Simona

http://www.lavoropubblicheamministrazioni.it/sindacati_settore_pubblico_Madia_rinnovi_contrattuali

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Buongiorno! Purtroppo a me ancora non è chiara la distinzione.
In particolare il mio dubbio riguarda lo stesso articolo 40 TUPI dove dice : " La contrattazione collettiva DISCIPLINA il rapporto di lavoro e le RELAZIONI SINDACALI e si svolge con le modalità previste dal presente decreto. (…) Sono ESCLUSE dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione degli uffici, quelle oggetto di PARTECIPAZIONE SINDACALE ai sensi dell’articolo 9 (…)".

Pertanto i contratti collettivi disciplinano le relazioni sindacali ma non la partecipazione sindacale. Ma qual è la differenza che c’è tra la parola “relazioni” e “partecipazione”? Non riesco a capire concretamente quale sia la distinzione…
Grazie mille,
Giulia

  • Per partecipazione sindacale s’intende un tipo di partecipazione politica che si riferisce ad un soggetto collettivo, i lavoratori dipendenti ed esprime questa dimensione collettiva attraverso rappresentanze dirette dei lavoratori o mediate da organizzazioni sindacali.

  • Il sistema delle relazioni sindacali è, invece, lo strumento per costruire relazioni stabili
    tra amministrazioni pubbliche e soggetti sindacali, improntate alla partecipazione
    consapevole, al dialogo costruttivo e trasparente, alla reciproca considerazione dei
    rispettivi diritti ed obblighi, nonché alla prevenzione e risoluzione dei conflitti.

Sul tema articolo interessante è il seguente:

Buona lettura

Simona