Abbiamo letto alcune risposte a quesiti simili già posti sull’argomento,ma vorremmo approfondire la questione: Una ditta esercente l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, ubicata in un’ unità locale posta al piano terreno vorrebbe ampliare la sua attività annettendo una ulteriore sala ristorante (oltre a quella già presente e alla porzione di area di suolo pubblico data in concessione) ubicata però in un’altra unità locale, posta di fronte a quella utilizzata; le due unità locali quindi non sono ne’ adiacenti ne’ comunicanti tra loro e sono separate da una strada con attraversamento pedonale, pertanto, per poter svolgere il servizio di somministrazione, sia il personale che gli avventori dovrebbero spostarsi da un locale all’altro attraversando questo tratto di strada non coperto.
A nostro parere non potrebbero farlo, in quanto i locali che fanno parte del medesimo esercizio pubblico di somministrazione dovrebbero essere funzionalmente collegati dall’interno per gli avventori e il personale addetto, o comunque questi dovrebbero avere la possibilità di potersi muovere su tutta la superficie di somministrazione senza necessità di dover uscire dal locale per poi rientrare in un altro, come ad esempio per l’utilizzo dei bagni; in sostanza, secondo il nostro punto di vista, la ditta dovrebbe avviare all’interno della seconda unità locale un’ attività ulteriore per esercizio di vicinato alimentare con consumazione sul posto (dato che non sono presenti i bagni per gli avventori e il locale cucina per la cottura dei cibi), presentando idonea SCIA di apertura.
E’ corretta,a vostro avviso, questa nostra interpretazione?
Il dubbio però che ci poniamo è il seguente: considerato che non ci sono delle prescrizioni normative specifiche in merito alla fattispecie sopra indicata (sia da un punto di vista igienico sanitario che prettamente amministrativo) che vadano in maniera più o meno esplicita a vietare questa modalità di esercizio dell’attività, se la ASL competente territorialmente dovesse dare un suo parere favorevole (e qui si aprirebbe una fattispecie nuova, che abbiamo sempre vietato), a seguito magari di una richiesta formale di parere preventivo fatto dalla ditta stessa, noi come SUAP dovremmo accettare questa sorta di ampliamento della superficie? E in generale, basta che la “soluzione” sia inserita nel Piano di autocontrollo (es: distanze tra i due locali, modalità di conservazione e trasporto piertanze, utilizzo dei bagni ecc)?
grazie
Antonella
Sì è vero, abbiamo già affrontato la questione altre volte. Butto giù qualche riflessione.
Impossibile trovare un riferimento giuridico univoco che risolva la questione. Sicuramente, come accade spesso in tema di attività produttive, ci possiamo appellare agli importanti principi di liberalizzazione che si sono affermati con il d.lgs. n. 59/2010 e i vari DL del periodo 2011/2012. Vedi, soprattutto, il DL 138/2011 e il DL 1/2012. In sintesi, per dire no verso qualcosa, questo qualcosa deve essere vietato esplicitamente ai sensi di legge. Le disposizioni recanti divieti, restrizioni, ecc. devono essere interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale: programmi e controlli solo se necessari ad evitare possibili danni alla salute, all’ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l’utilità sociale, con l’ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica.
Quindi, usando questi paradigmi interpretativi (sono stato molto sintetico) la questione va affrontata partendo che, in generale, è ammissibile. Da vedere poi se quella ipotesi possa ledere un interesse pubblico come quelli indicati sopra.
In conclusione, dire no a prescindere lo reputo errato. Posso aggiungere che i dehors su suolo pubblico annessi agli esercizi di somm.ne sono spesso posti in modo staccato dall’esercizio.
Sicuramente è difficile trovare un criterio: attraversare una strada pedonale potrebbe essere sicuramente ammissibile come unico esercizio. Superfici di somm.ne poste a distanze maggiori di quelle che si possono ritenere compatibili con il concetto di attiguo imporrebbe l’avvio di altro esercizio
Da un punto di vista igienico sanitario l’ipotesi è da vedere caso per caso. I principi del Reg. CE 852/04 vogliono che sia l’operatore a mettere in capo le misure necessarie annullare il rischio igienico sanitario. Vedi qua: