LOMBARDIA apericena in commercio fisso

Un negozio alimentari vuole fare una specie di apericena la sera.
Può?
qual’è la normativa?
quali sono le procedure consentite e le limitazioni?
deve comunicare qualcosa al SUAP?

si ringrazia

Stai toccando una questione delicata. In Lombardia vedi l’art. 118-bis della LR 6/2010 rubricato “Consumo immediato di alimenti negli esercizi di vicinato”

1. Negli esercizi di vicinato di cui all’articolo 4, comma 1, lett. d), del d.lgs. 114/1998, che esercitano in via prevalente le attività di vendita al dettaglio di carne e pesce freschi, è consentito il consumo immediato di prodotti di gastronomia presso i locali dell’esercizio, purché lo stesso sia strumentale e accessorio all’attività principale, con l’utilizzo di soli piani d’appoggio o di sole sedute e di stoviglie e posate a perdere, e senza servizio e assistenza di somministrazione.

2. All’attività di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2 della l.r. 8/2009, in quanto compatibili con la disciplina prevista per le attività commerciali.


Per le procedure vedi proprio l’art. 2 citato.


L’aperi-cena, secondo me, sfocia nella somm.ne vera e propria. Prevedo problemi e possibili sanzioni.

Per un’idea sulla c.d. somm.ne non assistita vedi qua: Apertura Enoteca con degustazione (SUAP Toscana)

puoi scaricare una relazione che ho scritto qualche tempo fa.


Aspetta anche il parere di @AlbertoV che lui è espertissimo per la Lombardia

Stai toccando una questione molto delicata…

Il D.L. 223/2006 all’art. 3 c. 1 lettera f-bis dispone che “le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni:

f-bis) il divieto o l’ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l’esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.

Come ha scritto giustamente Mario, il legislatore lombardo ha normato ulteriormente la materia, con il citato art. 118-bis della LR 6/2010.

Per il D.L. citato a mio avviso questi particolari esercizi di vicinato (la norma fa esplicito riferimento a quelli che esercitano in via prevalente le attività di vendita al dettaglio di carne e pesce freschi) già potevano fare il consumo immediato se in regola con la normativa igienico-sanitaria inerente la loro manipolazione/trasformazione.
Quindi il comma 1 ha senso solo se legato al comma 2, ovvero a una volontà di assoggettare l’attività agli adempimenti dell’art. 2 della l.r. 8/2009, ed in particolare alla comunicazione.

No comment sull’obbligo di utilizzo di soli piani d’appoggio o di sole sedute e di stoviglie e posate a perdere.

A conferma di quanto sopra si veda la relazione accompagnatoria, dove si legge quanto segue:
Al fine di chiarire meglio la portata delle norme sopra citate e di garantire parità di trattamento fra le attività artigianali e quelle commerciali che vendono in prevalenza prodotti freschi, adatti ad un consumo previa lavorazione in analogia a panifici, gastronomie e salumerie, quali carni e pesci, si introduce la norma secondo cui le disposizioni, più favorevoli, dettate per le attività artigianali, si possono applicare anche alle attività commerciali che esercitano in via prevalente la vendita di carne e pesce freschi.

In conclusione non posso che concordare con Mario: l’apericena presenta profili più da PE che da “consumo immediato”.

l’attività purtroppo non può avere assolutamente la somministrazione, quindi vuole chiarimenti sul consumo sul posto.

  1. secondo reg. lombardia gli esercizi di vicinato che possono farlo sono solo quelli che " esercitano in via prevalente le attività di vendita al dettaglio di carne e pesce freschi", quindi chi non rientra in questa casistica NON PUO’ FARE CONSUMO SUL POSTO. giusto???
  2. chi ha prevalente vendita carne e pesce freschi quindi deve aver presentato/deve presentare notifica sanitaria per manipolazione/trasformazione alimenti. giusto?
  3. qualora un esercizio vicinato abbia vendita carne e pesce freschi + notifica anche per trasformazione/manipolazione alimenti è apposto per poter iniziare il consumo sul posto??? o deve presentare al suap altro?
  4. nelle more del consumo sul posto: si può dare tazza caffè/spriz/altro (recipiente usa e getta di bevanda preparata a inizio giornata…) e bicchiere di vino…e tagliere con sopra salumi, bruschette…

si ringrazia

Punto 1: a mio avviso possono se hanno la gastronomia, ai sensi della norma nazionale. Vedi mia risposta sopra.

Punto 2: sì, ATS chiede aggiornamento per la parte del consumo sul posto. Quella per la vendita/manipolazione/preparazione in teoria dovrebbero averla presentata all’avvio attività.

Punto 3: deve fare comunicazione → art. 118-bis c. 2 della LR 6/2010

Punto 4: la giurisprudenza va verso la direzione che l’unico distinguo tra somministrazione e consumo è nel servizio assistito (somministrazione) o non assistito (consumo), ma sempre nell’ottica che il consumo è relativo a un prodotto che è in vendita. Su questo punto però la PL e chi fa vigilanza e controllo potrebbe non essere d’accordo…

Scusate se sono di nuovo sull’argomento.
Il negozio alimentare in questione (non ha gastronomia, ha solo pura vendita alimentari) vende: prodotti in vasetto (olive…), salumi sottovuoto, formaggi sottovuoto, vino e birra ed ha spillatrici vino sfuso.
Può rientrate nella casistica di RL per poter fare somministrazione sul posto?
se no = potrebbe aggiungere qualcosa per poter avere il requisito?
se si = potrebbe fare feste private compleanni???

Chiede inoltre, se non può rientrare nella casistica di somministrazione sul posto, se può:

  1. far assaggiare il vino. se si = deve farlo gratuitamente?
  2. far assaggiare salumi e formaggi e altro se si = deve farlo gratuitamente?

ringrazio Valenti tanto tanto…

Provo a dire la mia: allo stato delle cose, è impossibile fornire una risposta univoca e valida in termini generali.

Sulla base della più recente giurisprudenza amministrativa, l’unico elemento certo e discriminante è il servizio ai tavoli: se c’è quello, siamo indubbiamente di fronte ad un’attività di somministrazione, che non può essere effettuata in un esercizio di vicinato.

Per tutto il resto (il tipo di prodotti in vendita e quelli offerti per il consumo, la presenza di tavolini e sedie, la superficie del locale concretamente destinata al consumo, il tipo di posate e stoviglie, la presenza di un menù prestampato, ecc. ecc.) è necessaria una valutazione complessiva che può essere fatta solo sul posto e di fronte al caso concreto.

Solo in termini astratti, se proprio vogliamo dare un contributo per la soluzione dei dubbi di SuapG09, direi che un negozio di alimentari che vende solo quelle cose [“prodotti in vasetto (olive…), salumi sottovuoto, formaggi sottovuoto, vino e birra”] ce la deve mettere proprio tutta – in termini di arredi e di servizi offerti alla clientela – per ricadere nella somministrazione assistita…

A parte che la locuzione “somministrazione sul posto” è un controsenso, perché qui parliamo di “consumo sul posto”… perché il consumo sul posto – per essere tale - dovrebbe essere gratuito? :grinning:

Scusate il mio errore…riformulo:
Il mio caso sopra citato può rientrate nella casistica di RL per poter fare consumo sul posto?
se no = potrebbe aggiungere qualcosa per poter avere il requisito? che cosa???
se si = potrebbe fare feste private es. compleanni???
secondo Marcoc90 (se ho capito bene) non serve avere “in via prevalente le attività di vendita al dettaglio di carne e pesce freschi”…
cosa ne pensate???

Ricapitoliamo:

  1. abbiamo una norma statale del 2006 (il famoso decreto Bersani) che ci dice che le attività commerciali, come individuate dal D.L.vo 114/1998, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: (….) f-bis) il divieto o l’ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l’esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.
  2. poi, qui in Lombardia, abbiamo una norma regionale (introdotta nel 2015) che ci dice che è consentito il consumo sul posto negli esercizi di vicinato che esercitano in via prevalente le attività di vendita al dettaglio di carne e pesce freschi.

Ok, per quanto riguarda il punto 2 ne prendiamo doverosamente atto.

Ma nel contempo ci domandiamo: la norma regionale VIETA il consumo sul posto di prodotti di gastronomia negli esercizi di vicinato che esercitano in via prevalente la vendita di prodotti alimentari diversi da carne e pesce freschi?
N.B.: “divieto” che sarebbe espressamente “vietato” dalla norma statale di cui al punto 1.

L’impressione è che il legislatore regionale lombardo si sia andato ad infilare in un vicolo cieco, portandosi dietro numerosi operatori pubblici…

La definizione dei “prodotti di gastronomia” è quanto di più generica si possa oggi immaginare. Se secondo una vecchia interpretazione del Ministero delle Attività Produttive dovevano intendersi come tali esclusivamente “panini, tramezzini, pizzette, sandwiches e simili”, è possibile che la stessa sia tuttora valida, tenuto conto delle mutate esigenze ed abitudini alimentari dei consumatori e delle nuove offerte del mercato in continua evoluzione?

E poi c’è la giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato, il cui orientamento più recente in materia di “consumo sul posto” è quello che ti ho riassunto nel mio post precedente. Ti può essere utile un’approfondita lettura anche tramite una semplice ricerca in rete.

Sinceramente non conosco alcuna sentenza che avesse discriminato la possibilità del consumo sul posto sulla base del tipo dei prodotti alimentari offerti.

Tu chiedi delle risposte secche, tipo “dispenser”: metto la moneta, tiro la leva e l’oracolo mi fa scendere la risposta esatta da fornire al cittadino. Purtroppo non sempre funziona così.