Rimessaggio all'aperto, senza agibilità

buongiorno, mi trovo in questa situazione:
tempo fa un operatore ha presentato SCIA per apertura rimessaggio all’aperto, autodichiarando di essere a posto con tutte le normative.
Ora, dopo più di un anno (fuori termini per autotutela), il proprietario dell’area invia un esposto in Comune in quanto dice che l’attività non è in regola con le pratiche edilizie ed in effetti la rimessa a cielo aperto, a seguito di approfondimento interno risulta regolarmente concessionata (Permesso di costruire per asfaltatura del parcheggio e realizzazione locale guardiania) ma non possiede l’agibilità poichè il proprietario sta facendo “opposizione” e non rilascia la delega per confezionare la pratica finale…
Sulla base dell’esposto ho inviato una comunicazione di avvio procedimento per verifica regolarità dell’attività, invitando l’operatore a produrre il certificato di agibilità… ma sono in dubbio: è lecito vietare l’attività (in più oltre i termini di autotutela) per la mancanza dell’agibilità dell’autorimessa a cielo aperto? che pericolo può esserci per la salute?? forse sarei più orientata a non far utilizzare il solo locale guardiania, ma in quel caso, non diviene più una questione edilizia che non del SUAP?
PS: nel nostro comune il SUE istruisce pratiche edilizie attività produttive; il SUAP non si occupa di pratiche edilizie ed è autorità procedente.

ovviamente ho richiesto come SUAP il parere edilizio ma, come troppo spesso accade, lo stesso è molto evasivo e recita “l’attività risulta compatibile dal punto di vista urbanistico e le opere sono regolarmente licenziate. Le stesse però non risultano suffragate dall’agibilità”.

ringrazio a chi mi potrà dare suggerimenti su come gestire questa situazione.
grazie

La questione è sicuramente complessa. Posso fornire solo delle chiavi di lettura. Inizio con il TAR Veneto n. 1299/2016. Incollo un pezzo:

Come dedotto nel ricorso, in tale materia è opportuno distinguere tra la mancanza dell’agibilità, e la mancanza del certificato di agibilità, che operano su piani diversi, sostanziale l’uno, e formale l’altro (cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. III, 18 gennaio 2011, n. 275).

L’ordinanza di sgombero si giustifica senz’altro, ai sensi dell’art. 222, del RD 27 luglio 1934, n. 1265, per la mancanza dei requisiti sostanziali prescritti dalle norme tecniche in materia di sicurezza, salubrità ed igiene, e prescinde dalla presenza o meno del certificato, che ha la funzione solo di attestare il possesso di tali requisiti, ma che, anche se presente, non è ostativo all’adozione di un’ordinanza di sgombero come chiarito dall’art. 26 del DPR 6 giugno 2001, n. 280, secondo il quale “il rilascio del certificato di agibilità non impedisce l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso ai sensi dell’articolo 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265”.

Va pertanto valutato quando la mancanza del certificato è dovuta a motivi formali o quando è dovuta alla carenza sostanziale dei requisiti di agibilità, perché solo nel secondo caso è sempre giustificata un’ordinanza di sgombero.

Da quello che si evince dalla risposta del Servizio Urbanistica, sembrerebbe una mera mancanza formale. che, forse, non è sufficiente per un provvedimento con le modalità dell’autotutela posteriore ai 18 mesi

Guarda l’ultima parte della sentenza della C. Cost n. 45/2019:

https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2019&numero=45

Non se i tempi dela questione implicano anche l’applicabilità dell’art. 264, comma 1, lett. b) e c) del DL 34/2020

ringrazio molto per la cortese risposta. in effetti anch’io ragionevolmente non chiuderei una attività per meri questioni burocratiche; il proprietario infatti nel suo esposto dichiara che l’operatore è moroso per l’affitto dell’area e la sua è una ripicca.
grazie ancora.