Buongiorno,
per i posteggi FM stagionali, tutti assegnati con concessione dodecennale, nel relativo bando per il settore alimentare avevamo previsto le specializzazioni merceologiche (pesce fritto - frutta e verdura - bibite/frappè/granite, ecc.).
A distanza di alcuni anni, il titolare di uno di questi posteggi (che vorrebbe ampliare i prodotti in vendita) ci ha eccepito che nel bando era indicata la tipologia “settore alimentare con specializzazione xyz” ma non vi era espresso il divieto alla vendita di altri prodotti compatibili con il settore alimentare e che la specializzazione non può essere un vincolo limitativo della libertà di impresa.
Detto vincolo è stato previsto nel piano per il commercio su aree pubbliche dove sono individuati aree e relativi posteggi con indicato il settore ed i prodotti specifici che possono essere messi in vendita.
La scrivente riterrebbe che detti vincoli, seppure imposti con regolamento comunale, non siano in contrasto con i principi della libera concorrenza, nè siano forieri di disparità di trattamento con, ad esempio, i posteggi del mercato settimanale in cui è prevista la sola distinzione tra alimentare e non alimentare senza specializzazioni, nè tantomeno con il vigente Codice del Commercio della Regione Toscana.
Ho letto un paio di risposte a quesiti simili ma mi piacerebbe sapere qual è la vostra opinione in merito alle eccezioni sollevateci.
Grazie
Vedi qua: Posteggi fuori mercato
E’ chiaro che molto dipende dalla ragionevole motivazione che ha portato il comune a prevedere le specifiche specializzazioni merceologiche. Ma, al netto di questo, in via di principio, come sostenuto da un comune in sede di costituzione in giudizio che lo ha visto prevalere “la concessione di una porzione di suolo pubblico al fine di esercitare un’attività commerciale ne comporta la sottrazione all’uso generale e diretto da parte della collettività. Si configura, in tal caso, un uso particolare ad opera del concessionario. Proprio per tale ragione la normativa in materia di commercio su aree pubbliche subordina l’esercizio del commercio su aree pubbliche non solo al rilascio di un’autorizzazione ma anche alla concessione d’uso del bene. L’autorizzazione può, infatti, essere rilasciata solo se sia disponibile un’area pubblica destinata all’esercizio del commercio (salva l’ipotesi che questo sia esercitato in forma itinerante). Nello specifico con la concessione di suolo pubblico si attua anche una valutazione di compatibilità tra l’esercizio del commercio e la destinazione del bene pubblico che consiste nell’accertare la conformità dell’uso particolare concesso al privato commerciante rispetto all’uso collettivo: in tanto si giustifica la concessione dell’uso particolare in quanto consente una migliore fruizione collettiva dell’area pubblica da parte degli utenti. Nel caso che ci occupa la valutazione dell’interesse pubblico veniva fatta quando l’Amministrazione comunale concedeva […] una porzione di suolo […] al fine di esercitare in via esclusiva l’attività di rivendita di giornali e riviste. Tale porzione di suolo veniva, quindi, concessa solo ed esclusivamente per esercitare un’attività commerciale di vendita di riviste e giornali, in coerenza con il quieto orientamento giurisprudenziale secondo cui l’Amministrazione può scegliere la destinazione del bene demaniale valutando l’interesse pubblico prevalente”.
Quindi, se il commerciante non ha tutti i torti nell’appellarsi ai più recenti principi di libertà di esercizio d’impresa, il fatto che lavori tramite concessione di bene pubblico lo pone in posizione subordinata rispetto a quelle finalità di interesse pubblico che la PA concedente ha sotteso con il rilascio di quella concessione specificamente condizionata a una precisa specializzazione (quanto meno specializzazione prevalente)