Concessione temporanea suolo pubblico a Centro Commerciale Naturale per spettacoli viaggianti

Buongiorno, ho un quesito da proporre…

Regione Toscana, una amministrazione comunale intende concedere temporaneamente per la stagione estiva in uso esclusivo al Centro Commerciale Naturale una porzione di suolo pubblico di una piazza.

Nel protocollo d’intesa stipulato fra il Comune e il CCN viene specificato che “le iniziative del CCN che rientrano nella programmazione sono approvate con apposita delibera di Giunta comunale che le promuove, le recepisce e le fa proprie quando tali iniziative non abbiano carattere economico e commerciale”

Nel caso in esame però la porzione di suolo pubblico verrebbe utilizzata anche a fini economici e commerciali quali gli spettacoli viaggianti che farebbero pagare un biglietto agli spettatori/clienti.

Ho il forte dubbio che non si possa predisporre un atto da parte del dirigente del settore per concedere in uso esclusivo una porzione di suolo pubblico al CCN anche in virtù del protocollo d’intesa siglato poiché nello spazio concesso dovrebbero svolgersi anche attività a carattere economico e commerciale e non di tipo culturale.

A meno che non si faccia un bando pubblico o magari si stipuli apposita convenzione che metta tutti i puntini sulle i (pagamento del suolo pubblico, calendario degli spettacoli concordato con il comune ecc. ecc.).

Che ne pensate?

La questione è delicata ma, in via generale, posso dirti che il CCN non è una gestione “in house” per quanto il comune possa aver patrocinato il CCN. Derogare ai principi della procedura pubblica rappresenta sempre un quid potenzialmente illegittimo. Gestire il suolo pubblico affinché un soggetto economico fornisca un servizio ai cittadini implica che la scelta del soggetto gestore debba passare da una procedura posta alla tutela della concorrenza. A prescindere dal codice degli appalti, potrei citare il vecchio ma ancora vegeto RD 2440/1923.

Ad esempio, vedi il TAR Catania n. 1375/2009

Tale conclusione è confermata dalla recente, sopra richiamata, sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 4 marzo 2008, n. 889 la quale esprime in maniera inequivocabile i seguenti principi: “L’art. 3 del R.D. 18 novembre 1923 n. 2440 (legge di contabilità di Stato) - secondo cui ogni contratto della P.A. da cui derivi un’entrata o una spesa deve essere preceduto da una gara, salvo che non ricorrano le ipotesi eccezionali in cui si possa far ricorso alla trattativa privata - esprime un principio fondamentale dell’attività contrattuale della Pubblica amministrazione, che è applicabile anche dopo l’entrata in vigore del D.L.gs n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture). Tale articolo infatti, pur essendo stato dettato con specifico riferimento alle amministrazioni statali, è espressione di un principio generale che ha ispirato anche le discipline delle altre Amministrazioni pubbliche, ivi compresa quella degli enti territoriali (vedasi l’art. 192 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267)”. Ed ancora: “La ratio del principio espresso dall’art. 3 del R.D. 18 novembre 1923 n. 2440 è quella di assicurare la par condicio tra tutti i potenziali interessati a contrattare con l’Amministrazione e di consentire all’Amministrazione stessa, mediante l’acquisizione di una pluralità di offerte, di contrattare alle condizioni più vantaggiose. La ratio del principio è valida per qualsiasi attività dell’Amministrazione, che deve in ogni caso agire per il miglior impiego delle risorse a sua disposizione e far sì che, allorquando si presenti mediante l’impiego di tali risorse pubbliche per i privati una possibilità di guadagno, tutti siano messi in grado di beneficiarne a parità di condizioni”.

Sul punto vedi, soprattutto, il TAR Trento n. 136/2018, proprio su una questione che riguarda un CCN

L’AGCM impugna una DGC di Rovereto che assegna un contributo ad un Consorzio (di cui fa parte lo stesso comune ma senza le caratteristiche dell’in house providing) per la realizzazione di un evento su AAPP denominato “natale dei popoli” – in pratica non viene effettuata una vera e proprio procedure a evidenza pubblica perché il regolamento comunale che funge da presupposto alla vuole che abbiano una priorità di scelta quegli operatori che vedono il Comune come socio fondatore o come socio statuario. Da notare che tale Consorzio ha nello statuto la valorizzazione e la promozione del centro storico, quale il “Centro Commerciale Naturale”. L’AGCM pone varie questioni, fra cui:

  • appare in contrasto con i principi della disciplina a tutela della concorrenza, contravvenendo in particolare al principio secondo cui l’assegnazione della gestione di eventi deve avvenire mediante procedure ad evidenza pubblica;

  • Anche per l’aspetto relativo all’erogazione di contributi pubblici a favore di un soggetto privato, in assenza di procedure trasparenti e pubbliche per la selezione di quest’ultimo, valgono i medesimi principi, anche di matrice europea, che impongono all’Amministrazione di assegnare tali beni mediante procedure ad evidenza pubblica;

  • Il Comune avrebbe dovuto bandire una gara sottosoglia per l’affidamento di un appalto di servizi culturali, come previsto dall’art. 30, comma 2, della legge provinciale n. 2/2016.

Il Tribunale NON RICONOSCE le motivazioni di questa ultima censura:

Al riguardo non è controverso che la realizzazione di manifestazioni come quella denominata “Natale dei Popoli” possa rientrare tra i “servizi di organizzazione di mostre, fiere e congressi”, oppure tra i “servizi di organizzazione di eventi”, che l’Allegato XIV della direttiva 2014/24/UE include tra i “servizi amministrativi, sociali, in materia di istruzione, assistenza sanitaria e cultura” ai fini dell’applicazione della disciplina in materia di contratti pubblici posta dall’art. 74 della direttiva stessa. Tuttavia, ciò non significa che il Comune di Rovereto per soddisfare l’interesse pubblico alla valorizzazione e riqualificazione del centro storico fosse senz’altro tenuto a ricorrere al meccanismo dell’appalto pubblico, dovendosi piuttosto ritenere che l’Amministrazione, nell’esercizio della propria discrezionalità, ben possa preferire forme di partenariato pubblico-privato alternative all’appalto, purché tale scelta non si ponga in contrasto con i principi, comunitari e nazionali, posti a tutela della concorrenza. […] le Amministrazioni «possono concedere ai soggetti del terzo settore sovvenzioni o contributi per lo svolgimento di attività di interesse sociale ritenute utili per la collettività», fermo restando l’obbligo di «procedere in osservanza delle indicazioni fornite dall’art. 12 della l. 7 agosto 1990 n. 241, che subordina la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualsiasi genere a persone, enti pubblici e privati alla predeterminazione dei criteri e delle modalità di erogazione dei benefici».

Per le altre osservazioni il TAR RICONOSCE le motivazioni proposte da AGCM:

nanzi tutto, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI 31 gennaio 2017, n. 395), **anche il procedimento per la concessione di beni demaniali - pur non essendo disciplinato dalle direttive europee in materia di appalti e concessioni di lavori, servizi e forniture - essendo volto a fornire un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato deve svolgersi mediante una procedura competitiva ad evidenza pubblica in cui siano applicati i principi di imparzialità, parità di trattamento, non discriminazione e libera concorrenza, nonché i principi di massima trasparenza e pubblicità.

[…]

oltre, con particolare riferimento alla concessione, da parte di soggetti pubblici, di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici di qualsiasi genere a persone, enti pubblici e privati, l’ANAC con la delibera n. 32 del 20 gennaio 2016 - oltre a rammentare l’obbligo di rispettare la disciplina di cui all’art. 12 della legge n. 241/1990, secondo il quale le amministrazioni sono tenute a predeterminare, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, criteri e modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi, nonché a far risultare dai singoli provvedimenti l’effettiva osservanza di tali criteri e modalità - ha chiarito che «l’attribuzione di vantaggi economici, sebbene non regolata dal Codice dei Contratti, è sottoposta comunque a regole di trasparenza e imparzialità; pertanto deve essere preceduta da adeguate forme di pubblicità e avvenire in esito a procedure competitive» e ha specificato che, a tal fine, le Amministrazioni «devono, in particolare, individuare preventivamente: gli ambiti di intervento; gli obiettivi da perseguire; le categorie di beneficiari; la natura e la misura dei contributi/sovvenzioni; il procedimento da seguire per il rilascio dei benefici, con indicazione delle modalità e dei termini per la presentazione delle istanze; i criteri di valutazione delle richieste pervenute e di scelta dei beneficiari degli interventi, che devono essere rispettosi dei principi di libera concorrenza e parità di trattamento; le azioni di controllo finalizzate alla verifica dell’effettivo impiego dei contributi per il perseguimento delle finalità per cui sono stati stanziati, delle modalità di realizzazione degli interventi e del perseguimento degli obiettivi prefissati». In termini sostanzialmente analoghi si esprime la giurisprudenza (di recente, T.A.R. Liguria Genova, Sez. II, 18 settembre 2017, n. 726), secondo la quale la ratio dell’art. 12 della legge n. 241/1990 è quella di garantire la trasparenza dell’azione amministrativa e il rispetto dei principi di imparzialità della Amministrazione e di parità di trattamento.

A ciò si si deve poi aggiungere che la trasparenza e la pubblicità dell’azione amministrativa nel settore della concessione, da parte di soggetti pubblici, di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici di qualsiasi genere a persone, enti pubblici e privati risulta ulteriormente rafforzata dagli obblighi di pubblicazione previsti dall’art. 26 del decreto legislativo n. 33/2013, in base al quale le amministrazioni sono tenute a pubblicare gli atti con i quali sono determinati i criteri e le modalità cui esse devono attenersi, nonché gli atti di concessione di vantaggi economici di qualunque genere, a persone ed enti pubblici e privati, di importo superiore a mille euro.

Coglie, allora, nel segno l’AGCM quando afferma che i principi di trasparenza, imparzialità e parità di trattamento costituiscono «assi portanti dell’ordinamento nazionale e comunitario» a presidio della libertà di concorrenza e, come tali, si impongono non solo in relazione all’intera attività negoziale dei soggetti pubblici, ma anche in caso di concessione, da parte di soggetti pubblici, di vantaggi economici di qualsiasi genere a persone, enti pubblici e privati, così restando subordinata alla presenza di specifiche ragioni tecniche ed economiche, da esternare in motivazione, la possibilità di prescindere dal confronto concorrenziale…