Inizio attivita' artigiana

E’ pervenuta tramite il Portale Impresainungiorno una segnalazione inizio atività artigiana consistente nella fabbricazione di prodotti cartotecnici (Codice ATECO 17.23.09).
E’ stato dichiarato l’esercizio in un immobile categoria Abitazione di tipo civile.
In effetti l’attività viene svolta iu una stanza di un appartamento. Il Tecnico ha prodotto una dichiarazione asseverata afferente la permanenza dei requisiti di agibilità allegando una planimentria dalle quale si evince che un locale di circa 20 mq (stanza) è destinata ad area lavoro.
Il problema è che è arrivato un esposto che segnala l’esercizio di una attività artigiana all’interno di un appartamento che crea problemi.
Vorrei avere indicazioni in merito.
Grazie
Enza Marra

A meno di norma regionali “creative” come quella lombarda di cui abbiamo parlato qua: Commercio on line e magazzino - n°5 da AlbertoV l’attività artigiana come quella che citi non è sottoposta ad abilitazione (comunicazione, SCIA, autorizzazione), come non lo è il falegname, il sarto, ecc. Chiaramente, sono fatte salve le abilitazioni “tecniche” eventuali, consequenziali al tipo di attività svolta, vedi: prevenzioni incedi, ambiente (rumore, emissioni, scarichi…) ecc.

Detto questo, e verificato eventuali norme regionali, direi che la pratica sul portale è improcedibile per mancanza dei presupposti legali che ne determina la necessità della presentazione.

Relativamente all’attività artigiana e alla civile abitazione posso dirti che il binomio non è vietato a prescindere. La legge quadro sull’artigianato (vedi legge 443/85 ed eventuali norme regionali) afferma:

L’impresa artigiana può svolgersi in luogo fisso, presso l’abitazione dell’imprenditore o di uno dei soci o in appositi locali o in altra sede designata dal committente oppure in forma ambulante o di posteggio. In ogni caso, l’imprenditore artigiano può essere titolare di una sola impresa artigiana.

Quindi, in teoria va bene ma al netto delle specificazioni comunali in materia urbanistica. In genere, è ammissibile là dove non ci siano emissioni nocive (acustica - fumi, ecc.) e là dove non ci sia accesso di clienti. In sintesi, dopo una certa misura quali-quantitativa l’attività diventa incompatibile con la funzione residenziale.

Alla fine, l’esporto è da gestire a livello di ufficio urbanistica e coinvolgendo la ASL (nel caso). Se davvero è attività incompatibile, occorre un’ordinanza di cessazione ma non per mancanza

Non posso che confermare la risposta di Mario.

Se nella tua Regione non avete una norma simile a quale lombarda o avete una previsione regolamentare specifica (ad esempio avete sostituito il vecchio nulla osta all’esercizio con una SCIA mutuando il regolamento locale d’igiene)… attività libera.
Il che non vuol dire che può essere esercitata senza aver prima verificato che ci siano i requisiti di legge: destinazione d’uso compatibile (in questo caso solo l’UTC può dare certezze), ambientali (scarichi idrici, emissioni, acustica,…), di prevenzione incedi e di sicurezza sui luoghi di lavoro (d.lgs. 81/2008).

Concordo anche sulla gestione dell’esposto: se non c’è SCIA non c’è competenza SUAP, che comunque si esaurisce nei termini dell’art. 19 c. 3. Dopo è vigilanza e controllo. Fatta salva diversa attribuzione di funzioni interna dell’ente.