Blocco autorizzazioni NCC - La Corte Costituzionale valuta la legittimità costituzionale

Blocco licenze NCC - La Corte Costituzionale valuta la legittimità della norma che dispone il blocco per il rilascio di nuove autorizzazioni e dal tenore dell’ordinanza si comprende quali saranno le conclusioni.

Corte Costituzionale - ordinanza di rimessione n. 35/2024

La Corte nell’ambito del giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 24 aprile 2023, n. 16, recante “Autorizzazione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente”, ha sollevato dinanzi a sé la questione di legittimità dell’articolo dell’art. 10-bis, comma 6, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, che dispone il divieto di rilascio di nuove autorizzazioni NCC.

La norma calabrese dispone, in sintesi, che al fine di fronteggiare l’incremento della domanda connessa ai flussi turistici, il competente dipartimento rilascia alla Ferrovie della Calabria S.r.l titoli autorizzatori non cedibili, nell’ambito del territorio della Regione Calabria ai fini dello svolgimento del servizio di noleggio con conducente di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21 (200 nuove autorizzazioni).

La difesa statale osserva, fra le altre cose, come l’art. 10-bis del DL n. 135 del 2018 abbia previsto un blocco del rilascio di nuove autorizzazioni che è ancora in vigore (vedi: Rilascio nuove autorizzazioni ncc Noleggio con conducente - Due quesiti - n°2 da mario.maccantelli già avevamo fatto notare come il blocco era ormai ingiustificato)

La Corte fa notare come sussista un evidente rapporto di necessaria pregiudizialità tra la questione promossa dal ricorrente (amm.ne statale) in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (tutela della concorrenza) e quelle derivanti dai dubbi di legittimità costituzionale che suscita la disciplina recata dall’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, le quali si configurano come «logicamente pregiudiziali e strumentali» alla definizione del giudizio. Infatti, aggiunge la Corte, non può ritenersi che proprio la Corte sia tenuta ad applicare leggi incostituzionali, giungendosi altrimenti al paradosso che, sino a quando una questione su di esse non sia sollevata in via incidentale dal giudice comune, venga dichiarata l’illegittimità costituzionale di una disposizione legislativa sulla base di un’altra, assunta a parametro interposto, a sua volta in contrasto con la Costituzione.

Sul piano sostanziale, la Corte afferma che secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, è configurabile una lesione della libertà d’iniziativa economica privata solo allorché l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda, oltre che alla protezione di valori primari attinenti alla persona umana, come sancito dall’art. 41, comma secondo, Cost., all’utilità sociale. Quindi, che si può ipotizzare come la disposizione statale in oggetto non sia riconducibile a un motivo di utilità sociale o a un interesse della collettività, apparendo, piuttosto, rispondere a un’istanza protezionistica. In funzione di questo, può darsi che un blocco delle autorizzazioni per esercizio di attività economiche possa tradursi in una indebita barriera all’ingresso nel mercato, ponendosi in contrasto con la libertà formale di accesso al mercato garantita dal primo comma dell’art. 41 Cost.

In conclusione, la Corte sospende il giudizio pendente e solleva, disponendone la trattazione innanzi a sé, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis, comma 6, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 in riferimento agli artt. 3, 41, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

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