Impresa alimentare domestica (IAD)

Buongiorno, abbiamo ricevuto una Scia di avvio di attività come da oggetto. Viene segnalata di fatto l’apertura di un laboratorio artigianale all’interno di una abitazione (A3 - civile abitazione).

Nella planimetria viene segnalato un “uso promiscuo” della cucina dell’abitazione e di un locale lavanderia/deposito.

Quindi chiedo: i locali in cui viene svolta l’attività possono essere a destinazione di civile abitazione? Oppure la destinazione d’uso deve essere variata a commerciale? In questo caso non può esistere un “uso promiscuo” della cucina di casa dove per metà giornata si prepara da mangiare ai figli e metà giornata di preparano le torte da vendere?
Che riferimenti normativi devo usare per eventualmente bloccare l’attività?

Grazie.

la IAD (anche detta home food), come l’home restaurant sono attività che, se pur prive di una disciplina ad hoc, hanno trovato una minima consacrazione con la modulistica unificata. Vedi il modello di notifica sanitaria approvato in C.U. (allego la pagina delle casistiche notifica852_pagina.pdf (378,3 KB)
).

In generale, posso dirti che non sono attività vietate a prescindere. La legge quadro sull’artigianato (vedi legge 443/85 ed eventuali norme regionali) afferma:

L’impresa artigiana può svolgersi in luogo fisso, presso l’abitazione dell’imprenditore o di uno dei soci o in appositi locali o in altra sede designata dal committente oppure in forma ambulante o di posteggio. In ogni caso, l’imprenditore artigiano può essere titolare di una sola impresa artigiana.

Quindi, in teoria va bene ma al netto delle specificazioni comunali in materia urbanistica. In genere, è ammissibile là dove non ci siano emissioni nocive (acustica - fumi, ecc.) e là dove non ci sia accesso di clienti. In sintesi, dopo una certa misura quali-quantitativa l’attività diventa incompatibile con la funzione residenziale.

Lo stesso dicasi a livello sanitario. dipende dal “come” e dal relativo piano di autocontrollo. La ASL, una volta informata con la trasmissione della notifica 852, provvederà a fare i controlli e, se del caso, ad intervenire di concerto con il comune (che può spronare il controllo ASL)

La Consulta tecnica artigianato di Regione Lombardia, nella pubblicazione delle risposte a quesiti, riporta questo:

Quesito: per lo svolgimento dell’attività di produzione e vendita di prodotti alimentari (microimpresa domestica alimentare) si chiede se sia necessario un cambio di destinazione d’uso dei locali in cui tale attività viene effettuata.

Parere: Alla luce degli approfondimenti effettuati, la Consulta si è espressa
nella seduta del 17 ottobre 2017, esprimendo le seguenti
considerazioni, che ha confermato a seguito di ulteriori
approfondimenti nel marzo 2018.
In base a quanto previsto dalla normativa di settore, ossia dal
Regolamento CE n. 852/2004, Allegato II, Capitolo III, in parziale
disaccordo con l’interpretazione adottata dalla nota DG Welfare
Regione Lombardia prot. n. G1.2017.0014858 del 9 maggio 2017,
l’attività di preparazione di alimenti a fini commerciali e di home
restaurant non può essere svolta in locali con destinazione d’uso
residenziale.
Pertanto, è necessario provvedere ad una variazione d’uso parziale
dell’immobile di privata abitazione la cui destinazione d’uso,
limitatamente ai locali destinati all’esercizio dell’attività, deve essere
variata in “commerciale”.

Quindi, come mi devo porre?? :sob: :sob:

Nella consulta ci sono i rappresentanti di categoria. Tirano l’acqua la proprio mulino.
Se il parere è solo quello che hai riportato, dov’è la motivazione?

Il parere non è vincolante. L’autorità competente è il Comune che si deve porre con imparzialità davanti a casi analoghi. Fino ad oggi è probabile che venisse applicata, più o meno consapevolmente, la legge quadro che ho citato. Perché disapplicare una legge? Il comune, semmai, è chiamato a delineare il confine fra fattispecie compatibile con la civile abitazione e fattispecie non compatibile. Come ho suggerito, un criterio potrebbe essere quello dell’accesso del pubblico e della rilevanza ambientale.

Detto questo, puoi anche essere meno permissivo ma è bene delineare e pubblicare un criterio generale applicabile anche alle fattispecie non alimentari

Concordo con Mario: la materia è urbanistica e la competenza è comunale.

La DG Welfare non mi risulta essersi espressa in materia di destinazione d’suo (almeno nella citata nota prot. n. G1.2017.0014858). E nemmeno ATS Milano Nord Ovest nelle sue linee guida Linee-guida-ATS-Milanonordovest-2021.pdf (961,5 KB)

Peraltro non ho mai capito il parere quando dice:
In base a quanto previsto dalla normativa di settore, ossia dal Regolamento CE n. 852/2004, Allegato II, Capitolo III, in parziale disaccordo con l’interpretazione adottata dalla nota DG Welfare Regione Lombardia prot. n. G1.2017.0014858 del 9 maggio 2017, l’attività di preparazione di alimenti a fini commerciali e di home restaurant non può essere svolta in locali con destinazione d’uso residenziale.

Ora il citato Allegato II, Capitolo III è così rubricato:
Requisiti applicabili alle strutture mobili e/o temporanee (quali padiglioni, chioschi di vendita, banchi di vendita autotrasportati), ai locali utilizzati principalmente come abitazione privata ma dove gli alimenti sono regolarmente preparati per essere commercializzati e ai distributori automatici

1. Le strutture e i distributori automatici debbono, per quanto ragionevolmente possibile, essere situati, progettati e costruiti, nonché mantenuti puliti e sottoposti a regolare manutenzione in modo tale da evitare rischi di contaminazione, in particolare da parte di animali e di animali infestanti.
2. In particolare, ove necessario:
a) devono essere disponibili appropriate attrezzature per mantenere un’adeguata igiene personale (compresi impianti igienici per lavarsi e asciugarsi le mani, attrezzature igienico-sanitarie e locali adibiti a spogliatoi);
b) le superfici in contatto col cibo devono essere in buone condizioni, facili da pulire e, se necessario, da disinfettare; a tal fine si richiedono materiali lisci, lavabili, resistenti alla corrosione e non tossici, a meno che gli operatori alimentari non dimostrino all’autorità competente che altri materiali utilizzati sono adatti allo scopo;
c) si devono prevedere opportune misure per la pulizia e, se necessario, la disinfezione degli strumenti di lavoro e degli impianti;
d) laddove le operazioni connesse al settore alimentare prevedano il lavaggio degli alimenti, occorre provvedere affinché esso possa essere effettuato in condizioni igieniche adeguate;
e) deve essere disponibile un’adeguata erogazione di acqua potabile calda e/o fredda;
f) devono essere disponibili attrezzature e impianti appropriati per il deposito e l’eliminazione in condizioni igieniche di sostanze pericolose o non commestibili, nonché dei rifiuti (liquidi o solidi);
g) devono essere disponibili appropriati impianti o attrezzature per mantenere e controllare adeguate condizioni di temperatura dei cibi;
h) i prodotti alimentari devono essere collocati in modo da evitare, per quanto ragionevolmente possibile, i rischi di contaminazione.

Mi sarà sfuggito… ma io non ho trovato un riferimento alla destinazione d’uso.

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Buongiorno. Ho affrontato il problema qualche giorno fa con il Servizio Igiene alimenti e nutrizione competente per territorio, il quale mi ha confermato la fattibilità dell’intervento sulla base del Regolamento CE852/2004. Confermo che l’immobile può essere a destinazione residenziale e non necessita di cambio di destinazione d’uso.

Buongiorno.

Mi trovo ad affrontare un problema simile. Sto cercando di aprire una IAD ma il comune continua a contestarmi che devo cambiare la destinazione d’uso di parte della casa.
sapete se c’è modo di appellarsi a questa richiesta? anche riportando il regolamento europeo il comune sostiene che la regione lombardia richiede un cambiamento di destinazione d’uso.
onestamente non so come muovermi e la mia commercialista non riceve più risposta.

Onestamente trovo che il cambio di destinazione d’uso sia contrario al concetto di IAD ma non so come uscire da questo impiccio.

grazie mille a chiunque possa darmi delle idee d’azione.

Come leggi qua, ci sono dei margini per dire sì e dei margini per dire no. Se non c’è ingresso di pubblico, a parere mio, non si può dire no a prescindere. L’impresa arigiana si può fare nel domicilio dell’esercente.
Vedi qua per altre considerazioni: