Ordinanza del TAR Lecce n. 743/2022 - Concessioni balneari e direttiva Bolkestein - rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE

Il TAR Lecce dispone il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE al fine di far luce sul complicato rapporto fra diritto interno e applicabilità della direttiva Bolkestein e, conseguentemente, sulla possibilità dell’azione disapplicativa da parte dell’autorità giudiziaria e amministrativa.

L’ordinanza muove dal ricorso proposto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) contro il comune di Ginosa, per l’annullamento di una serie di atti comunali finalizzati alla proroga delle concessioni balneari, adottati ai sensi della normativa nazionale (legge n. 145/2018 art. 1, commi 682 e 683 – D.L. n. 34/2020, art. 182, comma 2 - proroga ex lege fino al 31/12/2033).

La questione oggetto di ricorso è quella già nota. La normativa nazionale di proroga delle concessioni risulterebbe in contrasto con la direttiva 2006/123/CE (c.d Bolkestein), con conseguente obbligo di disapplicazione da parte di tutti gli organi dello Stato, sia giurisdizionali che amministrativi. Questo in violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della Direttiva Bolkestein e violazione di principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi nel mercato interno e dell’art. 49 T.F.U.E.

Il comune di Ginosa risponde con l’affermazione della legittimità del proprio operato, rappresentando, in particolare, che la Direttiva Servizi non avrebbe natura auto-esecutiva con conseguente impossibilità di disapplicazione della normativa nazionale con essa confliggente.

Il TAR Lecce richiama le sentenze gemelle dell’Adunanza Plenaria n. 17 e 18/2021 e, per alcuni aspetti, non ne condivide il contenuto. Il Giudice pugliese, data l’importanza e la complicatezza della questione, ne definisce con precisione i vari aspetti organizzando il corpo dell’ordinanza in nove paragrafi:

I-FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
II-IL CONTESTO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
III-GLI EFFETTI SULL’ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA
IV-PREMESSE DI ORDINE GENERALE: GERARCHIA DELLE FONTI E DIRETTIVE SELF-EXECUTING
V-DIRETTIVA BOLKESTEIN E CONCESSIONI-AUTORIZZAZIONI DEMANIALI MARITTIME. LA SENTENZA c.d. PROMOIMPRESA DEL 14 LUGLIO 2016
VI- NATURA SELF-EXECUTING O MENO DELLA DIRETTIVA BOLKESTEIN NELLA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ITALIANA: LA GIURISPRUDENZA T.A.R. PUGLIA LECCE E LE SENTENZE C.D.S. ADUNANZA PLENARIA 17 E 18 DEL 2021.
VII-DIRETTIVA BOLKESTEIN E ARTICOLO 115 T.F.U.E.
VIII-LA DISAPPLICAZIONE DELLA NORMA INTERNA. EFFETTO DI SOSTITUZIONE ED EFFETTO DI ESCLUSIONE.
IX-RILEVANZA DEL RINVIO PREGIUDIZIALE AI FINI DEL DECIDERE

Rammentiamo che l’Adunanza Plenaria del CdS, tra le altre cose, ha sentenziato :

- la qualificabilità della direttiva come di liberalizzazione e non di armonizzazione;
- la natura auto-esecutiva e l’immediata applicabilità della direttiva Bolkestein:
- l’obbligo di disapplicazione della legge nazionale anche ad opera del singolo dirigente di ciascun comune;
- in via generale e astratta la sussistenza dell’interesse frontaliero certo, in ragione del particolare pregio dell’intero territorio nazionale costiero;
- in via generale e astratta la sussistenza del requisito della scarsità della risorsa naturale e del numero conseguentemente limitato di autorizzazioni-concessioni disponibili con riferimento all’ intero territorio costiero complessivamente considerato.


Il contrasto fra il TAR Lecce e l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato non si basa sull’applicabilità, astrattamente parlando, dell’art. 12 della direttiva Bolkestein. In tal senso, la Corte di Giustizia UE nella sentenza Promoimpresa è stata chiara. In sintesi, i bandi sono necessari e, quindi, non è ammissibile la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsivoglia procedura di selezione tra i potenziali candidati (questo previa dimostrazione della scarsità delle risorse e dell’interesse transfrontaliero certo – vedi, di seguito i quesiti 6, 7 e 8).

La vera questione sollevata dal Tar Lecce riguarda il dubbio carattere auto-esecutivo della direttiva e, in subordine, anche qualora fosse auto-esecutiva, le inevitabili incertezze giuridiche relative all’azione disapplicativa del diritto interno. Azione che sarebbe messa in atto dai singoli dirigenti comunali, pur non rilevando una norma specifica da far valere in via sostitutiva a quella disapplicata.

Afferma il TAR Lecce: Peraltro, il Consiglio di Stato – Ad. Plen., nonostante la ritenuta immediata applicabilità della direttiva, ha disposto tuttavia un differimento degli effetti della sentenza (con l’effetto sostanziale di determinare una ulteriore proroga automatica e generalizzata del termine di scadenza del 31/12/2020 delle concessioni demaniali in essere fino al 31.12.2023); e ciò al dichiarato fine di sollecitare un intervento del legislatore, ritenendo evidentemente - se non dichiaratamente necessaria - comunque opportuna la previa approvazione di una normativa nazionale di concreta attuazione della direttiva […]

In conclusione, il TAR Lecce, passando in rassegna giurisprudenza nazionale ed eurounitaria e argomentando sulla necessità di tenere salda la certezza del diritto interno, dimostra come sia molto dubbio il carattere auto-esecutivo dell’art. 12 della Direttiva Bolkestein e, dunque, come risulti impossibile, di fatto, precedere, sia per il giudice nazionale che per l’autorità amministrativa, alla disapplicazione diretta del diritto interno (per quanto palesemente in contrasto). Ecco un passaggio dell’ordinanza:

Già con la sentenza sulla causa C322/88 la Corte di Giustizia aveva ritenuto che una norma unionale non sufficientemente chiara, precisa e incondizionata inidonea a determinare un effetto diretto non potesse giustificare, sul mero presupposto del primato del diritto unionale, la disapplicazione della legge nazionale da parte del giudice di uno Stato membro.

Ad avviso del Collegio, in presenza di conflitto con norma unionale non immediatamente applicabile e nell’ipotesi in cui non risulti possibile il ricorso all’interpretazione conforme, la disapplicazione della norma di legge nazionale (l’unica applicabile) non è consentita al giudice nazionale (e, a maggior ragione, al funzionario della pubblica amministrazione), potendo in tal caso il giudice soltanto sollevare questione di costituzionalità innanzi alla Corte Costituzionale, alla quale in via esclusiva compete di determinare l’effetto abrogativo o additivo di una norma di legge. In tale ipotesi l’effetto di mera esclusione va riguardato come meramente facoltativo per il giudice nazionale e non già come automatico e doveroso, ma sempre che la disapplicazione meramente ostativa o effetto di esclusione non comprometta l’esigenza primaria di salvaguardia della certezza del diritto, principio fondamentale ed imprescindibile anche nell’ordinamento dell’U.E.

Premesso che la Corte di Giustizia ha considerato l’esigenza di salvaguardia della certezza del diritto come limite ostativo allo stesso principio dell’interpretazione conforme, escludendo peraltro che quest’ultimo possa spingersi fino ad una interpretazione contra legem del diritto nazionale, deve conseguentemente ritenersi che la certezza del diritto debba intendersi come necessario presupposto logico anche con riferimento all’ipotesi in cui il ricorso all’interpretazione conforme non risulti accessibile per il giudice nazionale per assenza di una normativa di riferimento, come nel caso in esame.

Ed invero la mera disapplicazione della legge nazionale dispositiva della proroga (ad es. L. 145/2018), in applicazione del cosiddetto effetto di mera esclusione (disapplicazione ostativa), risulterebbe – per un verso – contra legem e – per altro verso – determinerebbe uno stato di assoluta incertezza del diritto nella materia in questione.

Nel caso di specie, infatti, la legge nazionale di proroga risulta chiara ed inequivoca nel suo dato letterale (in claris non fit interpretatio), mentre – sotto altro profilo – l’effetto di mera disapplicazione determinerebbe semplicemente un vuoto normativo, tale da impedire il ricorso all’interpretazione conforme proprio in ragione dell’assenza di una specifica normativa di riferimento.

La qualificazione della certezza del diritto come limite ostativo all’interpretazione conforme comporta di conseguenza l’applicazione della legge nazionale, con conseguente negazione in tal caso dell’effetto di mera esclusione.


Ecco i nove quesiti che il giudice pugliese pone alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea:

  1. Se la direttiva 2006/123 risulti valida e vincolante per gli Stati membri o se invece risulti invalida in quanto – trattandosi di direttiva di armonizzazione - adottata solo a maggioranza invece che all’unanimità, in violazione dell’art 115 T.F.U.E. (NDR il TAR Lecce vuole verificare, a prescindere, anche la legittimità stessa della Direttiva)

  2. Se la direttiva 2006/123 c.d. Bolkestein presenti o meno oggettivamente ed astrattamente i requisiti minimi di sufficiente dettaglio della normativa e di conseguente assenza di spazi discrezionali per il legislatore nazionale tali da potersi ritenere la stessa auto-esecutiva e immediatamente applicabile;

  3. qualora ritenuta la direttiva 2006/123 non self-executing, se risulti compatibile con i principi di certezza del diritto l’effetto di mera esclusione o di disapplicazione meramente ostativa della legge nazionale anche nell’ipotesi in cui non risulti possibile per il giudice nazionale il ricorso all’interpretazione conforme [oppure] se invece, in siffatta ipotesi, non debba o possa trovare applicazione la legge nazionale, ferme restando le specifiche sanzioni previste dall’ordinamento unionale per l’inadempimento dello stato nazionale rispetto agli obblighi derivanti dalla adesione al trattato (art. 49), ovvero derivanti dalla mancata attuazione della direttiva (procedura di infrazione); (NDR tradotto: se non fosse self-executing, come farebbe il giudice ad addentrarsi in giudizi su provvedimenti amministrativi. I giudizi neppure potrebbero basarsi su una ragionevole conformità ad una norma, la certezza del diritto verrebbe meno – forse sarebbe meglio applicare la norma nazionale e andare in contro alle sanzioni);

  4. Se l’efficacia diretta dell’art. 12, paragrafi 1,2,3 della Direttiva 2006/123 equivalga al riconoscimento della natura self-executing o immediata applicabilità della direttiva medesima [oppure] se, nell’ambito di una direttiva di armonizzazione quale quella in esame (“si deve ritenere che gli artt. da 9 a 13 della direttiva provvedano ad una armonizzazione esaustiva …” ex sentenza c.d. Promoimpresa), debba intendersi come prescrizione per lo stato nazionale di adottare misure di armonizzazione non generiche, ma vincolate nel loro contenuto;

  5. Se la qualificazione di una direttiva come auto-esecutiva o meno e, nel primo caso, la disapplicazione meramente ostativa della legge nazionale (NDR quando una norma viene disapplicata ma non se ne rileva un’altra che possa direttamente e inopinatamente sostituire quella disapplicata) possa o debba ritenersi di esclusiva competenza del giudice nazionale (al quale sono all’uopo attribuiti specifici strumenti di supporto interpretativo quali il ricorso al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ovvero al giudizio di legittimità costituzionale) [oppure] anche del singolo funzionario o dirigente di un comune;

  6. qualora invece ritenuta la direttiva 2006/123 self-executing, premesso che l’art. 49 TFUE risulta ostativo alla proroga automatica delle concessioni-autorizzazioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo solo “nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo”, se la sussistenza di tale requisito costituisca o meno un presupposto necessario anche con riferimento all’applicazione dell’art. 12 paragrafi 1 e 2 della direttiva Bolkestein;

  7. Se risulti coerente rispetto ai fini perseguiti dalla direttiva 2006/123 e dallo stesso art. 49 TFUE una statuizione da parte del giudice nazionale relativa alla sussistenza, in via generale ed astratta, del requisito dell’interesse transfrontaliero certo riferito tout-court all’intero territorio nazionale [oppure] se, viceversa, stante in Italia la competenza dei singoli comuni, tale valutazione non debba intendersi riferita al territorio costiero di ciascun comune e, quindi, riservata alla competenza comunale;

  8. Se risulti coerente rispetto ai fini perseguiti dalla direttiva 2006/123 e dallo stesso art. 49 TFUE una statuizione da parte del giudice nazionale relativa alla sussistenza, in via generale ed astratta, del requisito della limitatezza delle risorse e delle concessioni disponibili riferito tout-court all’intero territorio nazionale [oppure] se, viceversa, stante in Italia la competenza dei singoli comuni, tale valutazione non debba intendersi riferita al territorio costiero di ciascun comune e, quindi, riservata alla competenza comunale;

  9. qualora in astratto ritenuta la direttiva 2006/123 self-executing, se tale immediata applicabilità possa ritenersi sussistere anche in concreto in un contesto normativo – come quello italiano – nel quale vige l’art. 49 Codice della Navigazione (che prevede che all’atto di cessazione della concessione “tutte le opere non amovibili restano acquisite allo Stato senza alcun compenso o rimborso”) e se tale conseguenza della ritenuta natura self-executing o immediata applicabilità della direttiva in questione ( in particolare con riferimento a strutture in muratura debitamente autorizzate ovvero a concessioni demaniali funzionalmente collegate ad attività turistico ricettiva, come hotel o villaggio) risulti compatibile con la tutela di diritti fondamentali, come il diritto di proprietà, riconosciuti come meritevoli di tutela privilegiata nell’Ordinamento dell’U.E. e nella Carta dei Diritti Fondamentali;

Vedi l’ordinanza:
TAR_Lecce_743-22_pregiudiziale_concessioni.pdf (860,5 KB)